a washington

Le parole nette di Biden e il paziente tour di Blinken vogliono scongiurare il conflitto largo

Paola Peduzzi

La determinazione del presidente americano in un'azione diplomatica per nulla sbrigativa, trovando un equilibrio tra la necessità di agire contro Hamas e di contenere la crisi umanitaria a Gaza, due cose che non sono in contraddizione

Milano. Il presidente americano, Joe Biden, sta valutando di andare in visita in Israele forse già mercoledì, mentre il segretario di stato Antony Blinken ieri è tornato in Israele dove era già stato qualche giorno fa dopo un rapido e potente giro nella regione: in settantadue ore, Blinken è stato in Israele, Cisgiordania, Giordania, Qatar, Bahrein, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita di nuovo, Egitto, Giordania di nuovo, Israele di nuovo. L’obiettivo  dell’offensiva diplomatica americana è quello di non allargare il conflitto dopo l’aggressione di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele: il governo di Gerusalemme ha pronti i piani di ingresso a Gaza,  seicentomila palestinesi si sono spostati nel sud della Striscia, dove sono state  riaperte le forniture d’acqua, mentre si lavora sull’ingresso di aiuti umanitari. 

 

Anche il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, ha parlato con la sua controparte in Israele, il ministro Yoav Gallant, ribadendo l’impegno e il sostegno di Washington alla difesa di Israele assieme alla sua determinazione a evitare che altri stati della regione e altri gruppi militari cerchino di allargare il conflitto. La portaerei Uss Eisenhower, partita dalla Virginia venerdì scorso e inizialmente diretta verso il comando americano in Europa, sta andando verso Israele, dove c’è già la Uss Ford: non c’è alcun ordine di un coinvolgimento assieme alle forze israeliane, i mezzi e le forze che le accompagnano hanno una funzione di deterrenza. 

 

In un’intervista alla Cbs domenica sera, Biden ha detto che Israele vuole e deve eliminare Hamas ma ha aggiunto che l’occupazione di Gaza sarebbe “un grande errore”. L’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, ha detto poco dopo, intervistato sulla Cnn, che il suo governo “non ha alcun interesse a occupare Gaza o a stare a Gaza” e che non c’è alcuna intenzione di “distruggere le vite di oltre due milioni di palestinesi” nella Striscia. Blinken ha nominato l’ex ambasciatore David M. Satterfield come inviato speciale in medio oriente “per le questioni umanitarie”: “Siamo determinati a fare tutto il necessario per occuparci dei palestinesi a Gaza”, ha detto il segretario di stato mentre era in visita in Egitto. Proprio il suo colloquio al Cairo con il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, mostra lo sforzo – anche di pazienza – che questa Amministrazione sta facendo per convincere i paesi della regione a collaborare: al Sisi si è rivolto a Blinken dicendogli che lui era lì in quanto “ebreo” e ha detto che lui è cresciuto in un quartiere in cui musulmani ed ebrei convivevano senza problemi, sono i paesi europei che hanno perseguitato gli ebrei. Blinken ha risposto di essere in visita in quanto “human being” e ieri molti media – come Politico – hanno raccontato come e quando gli egiziani hanno perseguitato gli ebrei e pure il poco aiuto offerto nei decenni ai palestinesi. Anche a Riad, Blinken ha dovuto esercitare l’arte della pazienza, aspettando per ore che il re Mohammed bin Salman lo ricevesse – l’incontro era previsto per la tarda serata di sabato, si è tenuto la mattina successiva – e sentendosi ripetere che ogni operazione militare a Gaza è da scongiurare. Il segretario di stato ha detto ai giornalisti, con quel suo sguardo mai scoraggiato, che “ha sentito molte buone idee riguardo alle cose su cui bisogna agire in fretta” e intanto, ha scritto l’Huffington Post dopo aver visionato un documento interno al dipartimento di stato, ai diplomatici è stato chiesto di evitare formule vaghe come “cessate il fuoco” o “de-escalation” o “riportare la calma”. 

 

L’Amministrazione Biden è attaccata dai conservatori perché non è abbastanza solidale con Israele e anzi, come ha ripetuto il senatore Ted Cruz, ha di fatto aiutato Hamas con i soldi e l’appeasement nei confronti dell’Iran – detto dall’esponente di un partito che sta bloccando il Congresso e quindi i pacchetti di aiuti a Israele (oltre a quelli all’Ucraina, oltre a creare le condizioni per uno shutdown a novembre) risulta invero poco credibile. In Israele invece, anche i commentatori conservatori che da tempo criticano l’Amministrazione Biden ostile al governo di Benjamin Netanyahu si stanno ricredendo. I paesi arabi al contrario sostengono che l’America stia come sempre agevolando Israele nella sue azioni contro i palestinesi e le loro parole trovano grande riscontro anche in Europa e in America. Biden e Blinken hanno messo in piedi un’azione diplomatica per nulla sbrigativa, trovando un equilibrio tra la necessità di agire contro Hamas e di contenere la crisi umanitaria a Gaza, due cose che non sono in contraddizione: il governo Netanyahu sta collaborando e le piazze arabe non si sono ancora incendiate.  

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi