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Putin negozia con Kim, ma non è solo una questione di munizioni

Giulia Pompili

Il dittatore nordcoreano in Russia e la spietatezza del regime anche con gli amici. Cosa chiederà in cambio a Mosca per un coinvolgimento diretto nella guerra? Forse c'entra qualcosa il cosmodromo più strategico del Cremlino. Tra missili e Difesa, potrebbe avere un ruolo anche la Cina

Quando il treno blindato di Kim Jong Un si muove è sempre una notizia. Il regime nordcoreano sta lentamente riaprendo i suoi confini dopo gli anni della pandemia, ma nel frattempo il mondo è cambiato, e se la prima visita all’estero del dittatore nordcoreano sin dal 2019 è in Russia  non è un caso. Putin è alla ricerca di armi e munizioni per la sua guerra contro l’Ucraina, e l’amico Kim è la persona giusta per fornirgliele. E’ stata l’intelligence americana la prima a rivelare l’esistenza di una trattativa sugli armamenti tra Mosca e Pyongyang, poi il mese scorso il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu era stato a Pyongyang e i colloqui si erano intensificati. Ma chi la conosce sa che la Corea del nord è un regime spietato e opportunista anche con gli amici.  Se il regime nordcoreano è disposto a farsi coinvolgere direttamente nella guerra contro l’Ucraina – questo, di fatto, significherebbe fornire armamenti alla Russia – vuol dire che la contropartita offerta da Mosca vale il viaggio in treno.

 


Ieri, dopo quasi due giorni di viaggio da Pyongyang, il treno di Kim Jong Un si è fermato alla stazione di Khasan, nell’Estremo oriente russo, subito oltre il confine dell’area economica speciale nordcoreana di Rason. Alla stazione ferroviaria, il leader è stato accolto dalla banda e Kim ha avuto un bilaterale con il ministro delle Risorse naturali russe, Alexander Kozlov. Poi, a chi gli chiedeva, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto solo che l’incontro con il presidente della Federazione russa ci sarà “nei prossimi giorni”, e da ieri circolano speculazioni su dove i due si faranno fotografare, perché anche quello sarà un messaggio al mondo. 

 


Putin è arrivato ieri nella città di Vladivostok, centro nevralgico della diplomazia e dei traffici illeciti tra la Russia e i paesi asiatici, che si trova a quattro ore di treno verso nord da Khasan. Il leader russo ha aperto i lavori dell’annuale Eastern Economic Forum, un tempo frequentato anche da dignitari e aziende occidentali, quest’anno blindato più che mai e concentrato soprattutto sulle collaborazioni economiche e di business tra Russia e Cina, cioè quelle che restano a Putin. Che ha parlato di fronte al vicepremier cinese, Zhang Guoqing, ha ripetuto il disco rotto della controffensiva ucraina che è destinata a fallire, che i russi vogliono tutti andare in guerra, e ha detto pure che la decisione di inviare i carri armati in Ungheria e Cecoslovacchia per reprimere le proteste di massa durante la Guerra fredda “è stata un errore. In politica estera non è giusto fare qualcosa che danneggi gli interessi di altri popoli”.

 


E’ possibile che le trattative con il leader nordcoreano per aumentare l’arsenale russo e continuare a bombardare l’Ucraina avvengano al cosmodromo Vostocnyj, 900 km a nord di Vladivostok, quello voluto da Putin per rendersi autonomo dal cosmodromo di Bajkonur, che è in territorio kazaco. Vostocnyj invece per Putin è il luogo del ritorno della potenza sovietica anche spaziale, un settore intrinsecamente legato a quello della Difesa come del resto in Corea del nord. Il regime di Kim ha tentato per due volte, negli ultimi mesi, di lanciare un satellite nello spazio senza riuscirci, e ha più volte tentato di hackerare l’Istituto russo di ricerche spaziali. Secondo diversi osservatori Mosca potrebbe chiedere a Pyongyang munizioni e armamenti – a dispetto del luogo comune, la Corea del nord ne ha tante, e anche di sofisticatissime – in cambio di aiuti economici, di continua difesa in sede Onu al Consiglio di sicurezza, e di tecnologie spaziali e di Difesa. Nell’aprile dello scorso anno a Vostocnyj Putin incontrò il dittatore bielorusso  Lukashenka, e subito dopo degli operai edili bielorussi andarono a lavorare al cosmodromo, e così potrebbe avvenire anche per quelli nordcoreani. 
Gli esperti di sicurezza dicono spesso che l’intensificarsi del rapporto tra Russia e Corea del nord non piace quasi mai alla Cina. Pyongyang usa Mosca e Pechino quando vuole, spesso mette l’una contro l’altra sin dai tempi della Guerra di Corea. Ma in questo mondo alla rovescia è possibile che tutto sia già concordato. Pechino ha appena iniziato le più imponenti esercitazioni militari navali della sua storia nel Pacifico. Il ministro della Difesa russo Shoigu ha proposto, anche di recente, di invitare la Corea del nord a partecipare alle periodiche esercitazioni militari congiunte tra Russia e Cina. Sarebbe la consacrazione del regime di Pyongyang, il suo riconoscimento finale tra le potenze militari regionali, la creazione di una partnership trilaterale di Difesa ostile a quella cosiddetta di Camp David tra America, Giappone e Corea del sud. E il mondo di nuovo diviso in blocchi.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.