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Editoriali

Un'ordinata uscita dalla Via della seta. Il bilaterale al G20

Redazione

Un problema serio gestito senza isteria (finora). Antonio Tajani, nel corso della riunione a Pechino, lancia il programma di “cooperazione rafforzata” a sostituzione del precedente patto

Il governo italiano doveva risolvere in qualche modo il problema creato dal governo Conte I che aveva aderito, unico paese europeo, alla cosiddetta “Via della seta”, cioè al tentativo cinese di inserirsi con finalità egemoniche nel sistema logistico ed economico euroasiatico. L’America aveva espresso preoccupazioni, che non si sono trasformate in critiche esplicite solo perché la posizione italiana sull’Ucraina dà garanzie di adesione all’alleanza occidentale più solide di quanto accada per altri paesi europei, a cominciare dalla Francia. Quello che sembrava un guaio dal quale si sarebbe usciti con fatica e danni, grazie anche al mutamento della congiuntura internazionale, sembra possa essere affrontato con una certa tranquillità.

Antonio Tajani, nel corso della riunione a Pechino del comitato intergovernativo italo-cinese, ha lanciato un programma di “cooperazione rafforzata” che dovrebbe sostituire senza traumi l’adesione alla “Via della seta”. Si passa dalla partecipazione a un progetto cinese alla collaborazione paritaria, che dovrebbe evitare penalizzazioni degli interessi commerciali reciproci. Se si può arrivare a questo esito senza drammi è anche perché oggi la Cina, in preda a una fase complessa in cui emergono crisi pesanti, come quella causata da investimenti non redditizi nell’edilizia, e una attenuazione delle esportazioni globali, deve ridurre le sue pretese egemoniche e non può permettere ritorsioni commerciali che potrebbero essere controproducenti.

Va detto che anche il modo con cui l’Italia ha affrontato il problema, senza fretta e  esasperazioni, è degno di nota. La Cina è, per tutti, una presenza economica e politica di indiscutibile rilievo, il che rende necessario e utile un rapporto costruttivo ma non subalterno. Giorgia Meloni, che al G20 in India vedrà il primo ministro cinese su richiesta di quest’ultimo, può avvantaggiarsi del lavoro svolto dalla nostra diplomazia e dalle imprese italiane, il che renderà, con ogni probabilità, pacifico e costruttivo un confronto che, solo poche settimane fa appariva problematico.

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