guerra commerciale

I chip della discordia tra America e Cina

Giulia Pompili

Pechino vieta ai dipendenti pubblici di usare gli iPhone mentre lancia il nuovo Huawei. Protezionismo e sicurezza

C’è un nuovo episodio nella guerra commerciale non-solo-tech tra America e Cina. La leadership di Pechino vuole vietare a tutti i dipendenti pubblici l’uso degli iPhone, il prodotto di punta del colosso californiano Apple che vende circa 230 milioni di smartphone l’anno a livello globale. Gli impiegati pubblici cinesi, che potrebbero essere colpiti dalla misura della leadership di Pechino, sono circa 56 milioni. “Le voci su un ordine del genere circolano da un po’”, ha scritto su Sinocism, una delle più influenti newsletter sulla Cina del giornalista Bill Bishop, e smentiscono le aspettative di Apple di poter “navigare” nella guerra commerciale tra Washington e Pechino: la verità è che un divieto di acquistare iPhone imposto a 56 milioni di persone potrebbe essere un problema per l’azienda fondata da Steve Jobs, che sta per lanciare il suo smartphone numero 15. Sembra quasi una ritorsione, quella cinese, per il divieto da parte dell’America – e di gran parte dei paesi occidentali – imposto ai dipendenti pubblici di scaricare l’applicazione cinese TikTok su smartphone e tablet legati alle attività lavorative. Quel divieto ha ragionevoli motivazioni: l’azienda che possiede TikTok, la cinese Bytedance, è stata spesso accusata di avere una gestione controversa dei dati degli utenti, e di essere costretta a rispettare le vaghe regole sulla sicurezza nazionale cinese, quindi anche di condivisione dei dati con le autorità cinesi. Dietro invece all’ennesima stretta della Cina su un’azienda occidentale non può esserci una motivazione di sicurezza – i dispositivi Apple sono riconosciuti come tra i più sicuri al mondo – ma c’è molto di più: l’economia cinese è in rallentamento e lo è ancora di più se si guarda ai dati sui consumi interni, a cui Pechino affidava la ripresa post-Covid.

 

Ma la deflazione è in agguato, e i cittadini cinesi sono meno propensi a spendere di quanto il Partito vorrebbe. Il divieto di acquisto di iPhone potrebbe essere legato all’uscita del nuovo smartphone di Huawei, il Mate 60 Pro, considerato il gioiello dell’azienda di Shenzhen fondata da Ren Zhengfei. Sul Mate 60 Pro si parla da tempo come di uno smartphone rivoluzionario, il primo  con la possibilità di effettuare chiamate satellitari grazie alla costellazione Tiantong e di ricevere messaggi dal sistema di geolocalizzazione cinese alternativo all’americano Gps, il Beidou. Eppure a fine agosto, in occasione del suo lancio, Huawei ha confermato che si tratta di un prodotto dedicato esclusivamente al mercato interno, e non sarà possibile quindi comprarlo fuori dai confini cinesi. Già qualche giorno fa il Mate 60 Pro aveva allarmato Washington perché secondo un rapporto dell’agenzia TechInsights, citato da numerosi media internazionali, il nuovo smartphone di Huawei funziona con un microchip avanzato a 7 nanometri, il Kirin 9000s, prodotto dalla più grande azienda di microchip cinese, la Smic,  e stranamente sul sito della compagnia non ci sono dettagli tecnici del prodotto. Il sospetto è che la Cina potrebbe aver usato una tecnologia rubata all’America e aisuoi alleati, e che è addirittura sottoposta a divieto di export in Cina per ordine esecutivo del presidente Joe Biden. In un briefing alla Casa Bianca, l’altro ieri il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha detto che c’è bisogno di più tempo per avere “maggiori informazioni sulla sua natura e la composizione” dello smartphone cinese, “per determinare se le parti hanno aggirato le restrizioni americane sulle esportazioni di semiconduttori per creare il nuovo chip”. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.