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In Europa

Green deal in pausa. Von der Leyen delinea un secondo mandato con Sefcovic

David Carretta

A protestare contro le misure verdi non è più solo l’est. La presidente della Commissione europea aspetta Berlino dopo la partenza di Timmermans

Il Green deal dell’Ue sopravviverà alla partenza di Frans Timmermans? Dopo un’estate tranquilla, martedì la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha preso la prima decisione che potrebbe condizionare la fine dell’attuale mandato e dare indicazioni su un eventuale secondo. Al posto di Timmermans, dimessosi per guidare la lista tra laburisti e verdi alle elezioni olandesi, von der Leyen ha scelto lo slovacco Maros Sefcovic come vicepresidente responsabile del Green deal. Tra malumori di un numero crescente di governi e reazioni avverse di una parte dell’opinione pubblica, la transizione verde potrebbe essere messa in pausa.

Dal 2019 il Green deal è il progetto faro dell’agenda di von der Leyen. Nonostante il Covid-19 e la guerra della Russia contro l’Ucraina, la sua Commissione ha presentato centinaia di provvedimenti per fare dell’Europa il primo continente a zero emissioni nette entro il 2050, compreso un pacchetto per tagliare la  CO2 del 55 per cento entro il 2030. Timmermans ha plasmato il Green deal con lo zelo in più di un integralista verde. Quando l’olandese ha annunciato la decisione di tornare alla politica nazionale, a Bruxelles era iniziato a circolare il nome di Paolo Gentiloni, altro commissario con forti credenziali ambientaliste, come sostituto. Annunciando le dimissioni di Timmermans, von der Leyen si è voluta rassicurare. “Il quadro legislativo del Green deal europeo è in gran parte in vigore”, ha detto la Commissione. Sefcovic “avrà il compito di portare avanti il Green deal europeo con la stessa priorità”, ha assicurato von der Leyen. Ma, tra le righe del comunicato ufficiale, ci sono le prime indicazioni di una pausa legislativa e di una svolta in termini di priorità. Sefcovic dovrà concentrarsi sul “Green deal europeo come strategia di crescita dell’Europa”, ha detto von der Leyen: “La nostra priorità sarà rafforzare l’innovazione industriale pulita, potenziando le nostre reti e infrastrutture per la transizione energetica e l’accesso alle materie prime critiche”. La presidente della Commissione ha promesso “un dialogo più intenso con l’industria e le parti interessate, come i proprietari di foreste, gli agricoltori e i cittadini”.

Von der Leyen userà il discorso sullo Stato dell’Unione davanti al Parlamento europeo il 13 settembre per illustrare le sue intenzioni sul Green deal. Quasi tutti i provvedimenti sulla transizione verde sono stati presentati e in gran parte sono stati concordati. Ma ne restano ancora decine di approvare e nel primo semestre del 2024 la Commissione deve proporre gli obiettivi sulle emissioni per il 2040. Ci sono motivazioni politiche che consigliano a von der Leyen prudenza. A luglio al  Parlamento europeo la “maggioranza Ursula” si è spaccata sulla legge sul ripristino della natura, con il Ppe che si è fatto portavoce delle lobby agricola e industriale. Se vuole un secondo mandato alla testa della Commissione, von der Leyen deve evitare di mettersi contro i capi di stato e di governo. Da alcuni mesi non sono più solo i paesi dell’est a protestare contro le misure più radicali del Green deal. Anche leader europeisti e ambientalisti, come il francese Emmanuel Macron e il belga Alexander De Croo, hanno chiesto una “pausa”. Ma, molto più della partenza di Timmermans o dei malumori di altri leader, a condizionare le scelte di von der Leyen è Berlino.

Il Green deal di von der Leyen è stato concepito nell’èra di Angela Merkel, quando la cancelliera della Cdu voleva occupare lo spazio politico ambientalista. E’ stato soprattutto una strategia per dare una scossa all’industria tedesca, in particolare costringendo i colossi automobilistici a muoversi sull’elettrico. Molte delle proposte della Commissione – dalla fine delle caldaie a gas alla liberalizzazione dei permessi per le rinnovabili, passando per il gas nella tassonomia – sono state pensate (e a volte scritte) a Berlino. Con Olaf Scholz, von der Leyen ha continuato a seguire le priorità della Germania. Ma ora anche la coalizione di Scholz si è messa a litigare su carburanti sintetici, caldaie a gas e aiuti per le famiglie in difficoltà per la transizione verde. Meglio aspettare di vedere cosa succede a Berlino. Con la scelta di Sefcovic, che non è considerato un peso massimo, von der Leyen ha deciso di tenere il destino del Green deal strettamente nelle sue mani.