La Corsa alla luna di Putin

Giulia Pompili

La Russia rincorre ancora il sogno nostalgico della potenza spaziale. Mollata dall'occidente, oggi ha bisogno di Pechino

 Erano quasi cinquant’anni che la Russia non lanciava una missione lunare. E’ successo ieri, quando dal cosmodromo Vostocnyj, lo spazioporto voluto da Vladimir Putin nell’estremo oriente della Russia, operativo ufficialmente dal 2016,  un razzo ha portato in orbita Luna-25. Il lander dovrebbe entrare nell’orbita lunare tra quattro giorni e poi avrà a disposizione fra i tre e i cinque giorni per allunare per la prima volta nel luogo più importante e strategico del nostro satellite: il polo sud lunare sul lato oscuro della Luna, cioè quello nascosto all’osservazione terrestre. Il fatto è che negli stessi giorni, nella stessa area lunare, dovrebbe arrivare anche la sonda indiana Chandrayaan-3 lanciata il 14 luglio scorso: la corsa allo spazio del nuovo mondo si fa sempre più concreta.

 


“Ci saranno 15 minuti di terrore” prima dell’allunaggio delle due navicelle, ha detto un esperto al media indiano First Post, perché oltre al terreno difficile e quasi completamente al buio, anche le bassissime temperature dell’area sono un problema per la strumentazione.
Ma al di là degli obiettivi scientifici, l’ultima missione lunare russa ha un significato molto più politico, ed è stata una celebrazione dei fasti sovietici. E’ stata l’Urss a fotografare per la prima volta negli anni Sessanta il lato oscuro della Luna, quello che più interessa agli scienziati perché i crateri polari in ombra potrebbero contenere acqua nelle rocce. E non a caso ieri, al lancio di Luna-25, c’è stata una grande festa con tanto di coro di bambini in abiti tradizionali e fotografia-santino di Yuri Gagarin, il cosmonauta sovietico che è stato il primo essere umano ad andare in orbita. 

 


Trovare l’acqua sulla Luna significa trovare aria e carburante per nuovi lanci lunari, e creare una base permanente che realizzi il sogno di un ponte per  nuove esplorazioni verso Marte. Il primo paese ad allunare sul lato oscuro della Luna è stata la Cina, nel 2019, con la missione cinese Chang’e 4. Ma ora Mosca, come Delhi, vuole avvicinarsi il  più possibile al bacino Polo sud-Aitken.

 


La Russia di Putin usa le missioni spaziali per riaffermare il suo ruolo di grande potenza, come faceva l’Unione sovietica durante la Guerra fredda e come fa oggi la Cina di Xi Jinping. Ma c’è una differenza sostanziale tra i programmi spaziali di Mosca e Pechino. Quasi l’intero sviluppo delle missioni russe di oggi viene da dati e studi occidentali: la missione Luna-25 e le successive missioni Luna-26 e 27 sono nate in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea e la Nasa, che dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia hanno interrotto la cooperazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos su tutti i progetti tranne che sulla Stazione spaziale internazionale, la cittadella orbitante abitata da astronauti internazionali. Adesso per Mosca l’unico appoggio finanziario e scientifico è la Cina, che da anni lavora al suo programma spaziale con diverse missioni – per lo più segretissime. Una di queste, che unisce Mosca a Pechino, è costruire una base spaziale permanente sul lato oscuro della Luna. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.