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l'analisi

I regimi, le aspirazioni democratiche, i modelli ibridi. Cosa ha sostituito il sistema sovietico

Giorgio Arfaras

Quando non c’è il rule of law, è il patronato a regolare i rapporti di potere: ciascuno ha un proprio patrono, anche il despota. Chi non ne segue le regole viene sanzionato dalla sua stessa cerchia

Questo articolo è il primo di una trilogia in cui l’autore analizza lo sviluppo dei sistemi istituzionali e finanziari usciti dalla crollo dell’Urss. Il prossimo passo sarà tentare l’analisi della transizione dall’anarchia oligarchica di Boris Eltsin all’autocrazia patronale di Vladimir Putin.

Ai tempi del collasso dell’impero sovietico l’illusione, ma che allora sembrava una previsione ragionevole, era di un allargamento a oriente della democrazia occidentale, con i paesi ex sovietici che volevano abbracciarla al più presto. Invece, sono sorti dei sistemi ibridi che hanno le caratteristiche sia delle democrazie sia delle dittature, dei sistemi formalmente elettorali, ma senza una vera separazione dei poteri dello stato. Che cosa è accaduto? Nel mondo post sovietico non c’è più la dittatura comunista, perché non c’è più un sistema centrato sull’ideologia di un partito-stato che ha il monopolio dei mezzi di produzione. Nel mondo post sovietico c’è il patronato.

Che cosa è quest’ultimo e perché è così importante? I paesi dove il governo della legge, il rule of law, è diffuso sono ancora pochi. Il grosso dell’umanità vive ancora come è sempre vissuto, ossia entro un sistema definibile del patrono, dove ciascuno, a ogni livello, ha un patrono cui riportare. Persino il despota, che è al vertice della piramide, riporta, perché non può andare contro la struttura che è in grado di deporlo. Pagare o ricevere una tangente, usare il proprio ufficio per aiutare i parenti e gli amici, e il giro allargato che possiamo chiamare dei clientes, sono dei mezzi per vivere oppure sopravvivere quando manchino le regole astratte e rispettate, il rule of law appunto.

Se qualcuno provasse a non seguire le regole del patronato, sarebbe sanzionato dai parenti, dagli amici, e dai clientes che, in questo caso, avrebbero meno di quel che potrebbero avere. Il sistema del patronato, sanzionando chi non ne vuol far parte, giunge a un equilibrio, perché più o meno tutti vi partecipano e quindi diventa molto difficile che possa cambiare attraverso le sole dinamiche interne. Una conseguenza rilevante del patronato è che in questo sistema personalistico e clientelare si possono ricoprire delle posizioni di potere senza far formalmente parte delle strutture dello stato, o, come ai tempi del comunismo, del partito-stato.

Il sistema post sovietico è così originale? Si può sostenere che anche a occidente, dove il patronato non vige più da molto tempo, accadono cose simili. Quali?

La prima. In occidente c’è il “capitalismo dei compari”, che sembra non differire molto da quello del patronato post sovietico. Si hanno le fortune che si formano nei rapporti con lo stato quando questi regolano alcuni settori maggiori, come l’immobiliare, la finanza, le telecomunicazioni, i trasporti, il sistema mediatico, ma anche alcuni settori minori, come le farmacie, e i taxi.

La seconda. Studiando l’azione collettiva, si osserva che le democrazie stabili vedono un continuo aumento del numero di gruppi politicamente organizzati che ottengono privilegi a spese della collettività tramite azioni di lobbying. Con il tempo queste forme di parassitismo politico danneggiano l’economia, perché il numero di gruppi che vivono a spese altrui, e che impediscono la concorrenza e l’innovazione per preservare la propria posizione, aumenta sempre di più, producendo stagnazione e declino.

La differenza fra il sistema occidentale e quello orientale però esiste ed è marcata. Nel sistema del capitalismo dei compari o dei gruppi organizzati la politica ha un potere coercitivo ma frenato dallo stato di diritto, mentre in quello del patronato il potere è coercitivo ma senza vincoli. Chi comanda può eliminare chi vuole quando lo ritiene più opportuno. Il sistema patronale è quindi definibile come un  vassallaggio con il potere centrale che decide chi riceve la ricchezza e lo status. Da qui sorge la figura dell’oligarca, che è potente e ricco fintanto che gli è consentito. Non per caso, sapendo bene come funzionano le cose, gli oligarchi, appena hanno potuto, hanno stipato le loro ricchezze e mandato le famiglie nei paesi occidentali.

Ritorniamo agli ibridi sorti nel mondo post sovietico. Qui e di seguito seguiamo questo studio: “Batint Magyar, Balint Madlovics, A Concise Field Guide to Post-Communist Regimes. Central European U.P.”. Entro ciascuna delle classificazioni troviamo alcuni paesi che facevano parte dell’impero. Troviamo anche la Cina, che non solo era uscita da molto tempo dall’area sovietica, ma che è anche uscita dal sistema tradizionale comunista, abbracciandone uno nuovo. Abbiamo così: la Dittatura che sfrutta il mercato (Cina), l’Autocrazia patronale (Russia, Ungheria), la Democrazia patronale (Ucraina, Romania), la Liberal democrazia (Estonia), l’Autocrazia conservatrice (Polonia).

Un esempio concreto di quanto fin qui detto si evince dalla storia della Russia. La Russia ha sperimentato fino al 1917 il regime dello Zar, dove il corpo governante era la corte, dove l’élite politica era composta dalla burocrazia di servizio, e lo stato era feudale. Dal 1917 al 1991 il regime era del segretario generale del partito, dove il corpo governante era il Politburo, dove l’élite politica era la Nomenclatura, e lo stato era subordinato al partito. Dal 1991 al 2003 la partita politica in Russia era fluida, tanto da prendere il nome di “Anarchia oligarchica”. Dal 2003 abbiamo il regime del presidente, dove il corpo governante è la corte patronale, dove l’élite politica è la famiglia patronale, e lo stato un’autocrazia patronale.

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