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Negli Stati Uniti

Non ne imbrocca più una, il sindaco dem della New York “al completo”

Stefano Pistolini

Le irregolarità riguardo la raccolta-fondi per la prossima campagna elettorale e un brutto inciampo mediatico stanno facendo crollare l'indice di gradimento dei cittadini nei confronti di Eric Adams, primo cittadino della Grande Mela

Fare il sindaco di New York è un lavoro difficile. Farlo mantenendo soddisfacenti livelli di popolarità è ancora più complicato. Ne sa qualcosa Michael Bloomberg, che nel secondo anno in carica aveva un deprimente indice di gradimento del 24 per cento, nonostante il quale si sarebbe comunque poi aggiudicato altri due mandati. Anche per Eric Adams, attuale sindaco della Grande Mela, le cose non vanno per il verso giusto: il gradimento è sceso al 46 per cento e nelle ultime settimane ha fatto i conti con una serie di battute d’arresto che ne offuscano seriamente la traiettoria di governo. In primo luogo è accusato di darsi fin troppo da fare per accumulare i finanziamenti utili a sostenere la sua prossima campagna elettorale in vista del voto del gennaio 2025, avviandosi rapidamente a disporre dei circa 8 milioni di dollari, tetto massimo di spesa consentito. La strategia è chiara: mostrarsi subito talmente attrezzato economicamente da scoraggiare credibili campagne che concorrano con la sua. Purtroppo sono già emerse irregolarità nella raccolta-fondi, con l’individuazione di finanziatori-fantoccio utilizzati dai suoi grandi supporter (principalmente dei giganti del settore immobiliare con cui Adams ha stabilito una palese complicità a base di incentivi fiscali).

Quindi è arrivato un brutto inciampo mediatico: Adams, che è un ex-poliziotto, aveva più volte raccontato di portare da sempre nel portafogli la foto di un collega ucciso nell’adempimento del proprio dovere. Ora è emerso che la foto in questione è un artefatto preparato dai membri del suo staff, appositamente antichizzata per sembrare consumata. Poco romanticismo e non una gran mossa d’immagine. Aggravata dall’atteggiamento sprezzante assunto di recente da Adams in risposta alle provocazioni rivoltegli da una 84enne attivista dei diritti degli inquilini, una sopravvissuta all’Olocausto apostrofando la quale il sindaco ha tirato in ballo le piantagioni e gli atteggiamenti sprezzanti dei latifondisti verso gli schiavi. Altra pessima figura. 
A questo punto Adams, che quando è in difficoltà cerca sostegno presso la propria comunità religiosa multietnica fuori Manhattan, ha preso la parola dal pulpito del Christian Cultural Center, una megachurch aconfessionale di Brooklyn, giocando la carta razziale del primo sindaco afroamericano di New York dai tempi di Dinkins: “Io sono il simbolo della virilità nera e di ciò che rappresenta in questa città”, ha detto. “E sono il sindaco della città più potente del mondo: la gente deve riconoscerlo”. Peccato che una rivendicazione d’appartenenza del genere cozzi con la sua ultima mossa, finita nel mirino degli oppositori: “Non abbiamo più spazio”, ha fatto scrivere Adams sul volantino distribuito al confine meridionale degli Stati Uniti, destinato ai migranti intenzionati a varcare la frontiera in cerca di prospettive presso le loro comunità a New York. Non c’è garanzia che riceveranno aiuto se arriveranno fin lassù, li avverte Adams, sostenendo che la città non è in grado di gestire altri migranti, dopo averne accolti 90 mila dall’aprile dello scorso anno. “Per favore, scegliete un altro posto”, continua il flyer, argomentando che il costo del cibo e dei trasporti a New York è alto e che la città non può offrire alloggi e servizi sociali ai nuovi arrivati. Con 8,3 milioni di abitanti New York è “al completo”, afferma il suo sindaco democratico. Che ha annunciato che i migranti adulti single potranno rimanere nei rifugi della città soltanto per 60 giorni, provvedimento che, secondo i suoi avversari, vìola le norma del diritto di asilo. Adams si difende denunciando la politica degli stati a gestione repubblicana che, autoproclamandosi “santuari” dell’identità locale, trasportano i migranti in autobus verso le giurisdizioni gestite dai democratici. Ma è un fatto che questo genere di pragmatismo sordo alle emergenze umanitarie non goda di diffusa popolarità in un posto come New York. Dove, se si prova a trarre un’indicazione dal suo primo anno e mezzo di gestione nell’ufficio del sindaco, si può pensare che Adams potrebbe non essere la persona giusta al posto giusto, fin troppo coinvolto com’è nei giochi d’interessi della sfera immobiliare e privo del carisma indispensabile per proporsi come leader ecumenico. E che forse stia emergendo il suo passato da poliziotto di strada nei quartieri difficili della città, dove si trattava di trovare un modus vivendi coi maggiorenti, d’imporre un’immagine muscolare di sé e di proporsi come sceriffo-risolutore. Anche nei casi in cui una riflessione sarebbe stato perlomeno opportuni.

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