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Editoriali

Il Pd e i limiti del “modello spagnolo”

Redazione

La coalizione di Sánchez è basata su specificità non importabili in Italia. Trarre ispirazione è comprensibile ma ogni paese richiede una proposta diversa

L’esito delle elezioni spagnole, che ha contraddetto la previsione di un trionfo del centrodestra, ha spinto la sinistra italiana a parlare di “modello spagnolo” da imitare. Quella dei modelli esteri d’importazione è una vecchia mania della sinistra italiana, che aveva cominciato con lo slogan “fare come in Unione sovietica” e poi man mano è passata a esempi meno contundenti, poi via via abbandonati. Il fatto è che il “modello spagnolo” è talmente legato a specificità non trasferibili, che risulta assolutamente inimitabile. Pedro Sánchez ha governato con l’appoggio di partiti regionali autonomisti e persino separatisti, e per restare alla Moncloa deve  allargare questi accordi anche a chi ha proclamato l’indipendenza della Catalogna ed è perseguito per questo reato dalla giustizia spagnola. Se Sánchez ripetesse gli argomenti impiegati da Elly Schlein nel convegno napoletano convocato per contrastare il progetto di “autonomia differenziata” la sua coalizione e il sostegno necessario a una sua investitura svanirebbero. Il problema del rischio di dissolvimento dell’unità nazionale è decisivo in Spagna e ha influenzato l’esito elettorale, anche con risvolti di cui ancora non si possono misurare le conseguenze. La sinistra ha tenuto sul piano nazionale soprattutto perché ha stravinto in Catalogna, ai danni dei partiti catalanisti, che ora riflettono sul fatto che appoggiare Sánchez evita il centralismo attribuito al  Partido popular, ma ha anche l’effetto di restringere il loro bacino elettorale.

  

Questa e altre ragioni portano a ritenere che se esiste un modello spagnolo è caratterizzato dall’instabilità istituzionale, che certo non va imitata. D’altra parte le connessioni internazionali basate su generiche vicinanze ideologiche procurano spesso più guai che soddisfazioni, come sa bene dall’altra parte della barricata Giorgia Meloni quando pensa ai suoi alleati polacchi o ungheresi. Trarre ragioni di incoraggiamento dall’andamento elettorale di altri paesi è comprensibile, pensare che su questo si possa costruire una politica, invece no.   

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