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Putin minaccia di affondare le navi cariche di grano, l'Ucraina è pronta a vedere il bluff

Federico Bosco

Le richieste del presidente russo per fare ripartire l’accordo, la tentazione di Kyiv di forzare il blocco. L'Occidente si interroga su come agire

Dopo il ritiro dall’accordo per l’export del grano dal Mar Nero, la Russia ha annunciato che considererà tutte le navi che viaggiano verso i porti ucraini come navi ostili che trasportano armamenti, e quindi come dei potenziali bersagli. Mosca ha anche lanciato attacchi contro i terminal e le infrastrutture portuali di Odessa e Mykolaiv distruggendo 60mila tonnellate di grano, ferito civili,  inviando un messaggio al mondo: la Russia non ha paura di usare come un’arma l’approvvigionamento alimentare da cui dipendono molti paesi del cosiddetto “Sud globale”. 

 

La motivazione formale del Cremlino è che la parte relativa alla Russia di quegli accordi non è mai stata attuata, facendo riferimento alle richieste di allentare le sanzioni al sistema bancario per facilitare l’export di fertilizzanti russi e di riconnettere la Banca agricola russa (Rosselkhozbank) al sistema di pagamenti internazionali Swift; più la richiesta di ripristinare il gasdotto Togliatti-Kharkiv-Odessa per il trasporto di ammoniaca e altri prodotti chimici, inattivo dai primi giorni dell’invasione.

 

Queste motivazioni, però, sono del tutto strumentali in quanto erano oggetto dei negoziati per il rinnovo dell’accordo. Le Nazioni Unite avevano accettato di collaborare con il Cremlino per “facilitare l’accesso senza ostacoli ai mercati globali al grano e ai fertilizzanti russi”, e secondo diverse fonti l’Unione europea stava valutando di connettere allo Swift una sussidiaria di Rosselkhozbank da usare esclusivamente per grano e fertilizzanti. Le Nazioni Unite stavano lavorando a una soluzione di questi problemi, indicata in una lettera inviata a Putin che però è stata ignorata. “Sono profondamente deluso dal fatto che le mie proposte siano rimaste inascoltate. La decisione odierna della Federazione Russa sferrerà un duro colpo alle persone bisognose di tutto il mondo”, ha commentato il segretario generale dell’Onu António Guterres. Inoltre, non è vero che la Russia non riesce a esportare le derrate agroalimentari e i fertilizzanti. I dati dell’Onu dimostrano che nei primi dieci mesi del 2022 le entrate dalle esportazioni russe di fertilizzanti sono aumentate del 70 per cento, mentre il dipartimento dell’Agricoltura statunitense (Usda) stima che alla fine della stagione 2022/23 la Russia avrà esportato 45 milioni di tonnellate di grano, con un aumento del 36 per cento rispetto all’annata precedente. 

 

Il ritorno dello stato di assedio nel golfo di Odessa dà quindi un grande potere alla Russia, specialmente sui paesi dell’Africa e del Medio Oriente che ora dipenderanno in misura maggiore dalle sue forniture agroalimentari. “In questo modo la Russia non solo minaccia una fonte vitale di entrate per l’economia ucraina martoriata dalla guerra, ma potrà anche vendere il proprio grano a prezzi più alti”, ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dimitri Kuleba in un’intervista al Time, sottolineando che Kyiv “è pronta a riavviare l’export di grano nonostante il blocco navale russo”.

 

L’ultima volta che la Russia si è ritirata dall’accordo sul grano è stata a fine di ottobre dell’anno scorso, ma fece rapidamente marcia indietro ai primi giorni di novembre dopo che l’Ucraina – sostenuta dalla Turchia e dall’Onu – disse che avrebbe continuato a far transitare le navi anche senza il consenso russo. Questa volta però Kuleba non crede che ripetere la stessa operazione di rischio calcolato farà cambiare la posizione del Cremlino. Per la Russia adesso sembra esserci poco vantaggio nel tornare all’accordo, e più passano i giorni più un passo indietro apparirebbe come una disfatta. Per i paesi occidentali, invece, accettare le richieste di Mosca dopo questo ricatto non solo aprirebbe una falla nelle sanzioni, ma darebbe al regime russo la conferma che tenere in ostaggio l’approvvigionamento alimentare mondiale è una strategia vincente. “Gli Stati Uniti e il mondo dovrebbero far sapere a Vladimir Putin che se usasse il potere militare per imporre un blocco alimentare, il risultato sarà un’operazione di scorta navale nel Mar Nero”, scrive il Wall Street Journal in un’editoriale. “Sappiamo già che l’Onu non è più in grado di mantenere la pace. Se non è in grado di creare un convoglio per proteggere l’esportazione di grano ucraino, allora è il momento di chiudere l’intera istituzione”, commenta la  saggista Anne Applebaum,  chiamando in causa l’istituzione rappresentata da  Guterres, che con dichiarazioni insolitamente pesanti per il segretario dell’Onu ha detto di “deplorare profondamente” la decisione russa di porre fine “a un’iniziativa che è stata un’ancora di salvezza per la sicurezza alimentare globale in un mondo travagliato”.  

 

Distruggendo l’accordo sul grano Putin ha distrutto l’unico accordo di mediazione sotto la supervisione dell’Onu raggiunto in questa guerra, obbligando l’intera comunità internazionale – non solo occidentale – a farsi delle domande su come proteggersi dalle minacce della Russia.

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