Nikolai Patrushev e Vladimir Putin (Ansa) 

L'analisi

Perché proprio il Messico è diventato un covo di spie russe

Maurizio Stefanini

La presenza del Cremlino nel paese sarebbe aumentata attraverso un’operazione diretta da Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza, vicino a Putin. Gli agenti operano negli Stati Uniti e nell'intera regione. Mosca ha “l’ossessione di alimentare silenziosamente l’ideologia antidemocratica", scrive il Wall Street Journal

Il Messico sta diventando un hub di spie russe che operano negli Stati Uniti e nell’intera regione: lo rileva Mary Anastasia O’Grady, editorialista del Wall Street Journal. La presenza di spie russe in Messico sarebbe aumentata attraverso un’operazione diretta dallo stesso Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo. Certe attenzioni per il Messico non sono nuove. Lo stesso intervento degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale fu in realtà dovuto alla scoperta di un hub di spie tedesche che aizzava i messicani a fare guerra agli Stati Uniti per riprendersi la California e il Texas. Ventitré anni dopo, in Messico si era rifugiato Trotzky e proprio lì fu assassinato il 21 agosto 1940 con un colpo di piccone in testa da parte di  Ramón Mercader,  cugino di María Mercader, attrice e madre di Christian De Sica.  Anche durante la Guerra fredda il Messico fu uno degli epicentri dello spionaggio mondiale, per la sua vicinanza a Stati Uniti e a Cuba. 

 

Mary Anastasia O’Grady ricorda che “Putin e Patrushev hanno una relazione che risale agli anni ‘70, quando erano entrambi agenti del Kgb”. Tra il 1999 e il 2008, Patrushev  è stato a capo dell’Fsb, e oggi c’è chi lo indica come possibile successore di Vladmir Putin. “E’ la spia principale di Putin, vaga per il mondo per  reprimere le rivoluzioni colorate, organizzare elezioni e sfidare il sistema che ha messo radici dal crollo dell’Unione sovietica”, afferma la O’Grady. “L’attività dell’intelligence russa in Messico potrebbe essere la più pericolosa. Il 24 marzo 2022, in una testimonianza davanti al Comitato per i servizi armati del Senato, il generale Glen VanHerck, comandante del Comando settentrionale degli Stati Uniti e del Comando di difesa aerospaziale nordamericano, ha lanciato l’allarme”, notando che “la maggior parte” del personale dell’intelligence russa nel mondo “è in Messico in questo momento” e “sta monitorando da vicino le opportunità di influenzare”  la regione e gli Stati Uniti.  “La strategia Putin-Patrushev nelle Americhe è più di uno sforzo per contrastare il sostegno degli Stati Uniti alla democrazia in Europa. La destabilizzazione della democrazia occidentale nella regione è fondamentale per il sogno comune di entrambi di ripristinare la potenza mondiale della madre Russia”, afferma l’articolo. Mosca ha “l’ossessione di alimentare silenziosamente l’ideologia antidemocratica in altre parti delle Americhe”. Ma tra i suoi molteplici punti di attenzione, individua il Messico come “un obiettivo particolarmente prezioso”.

 

Sulle orme dei tedeschi nel 1917, Patrushev in marzo ha detto che il Messico avrebbe “prima o poi” recuperato le terre perse nel 1848. Ha anche percorso in lungo e in largo la regione: a febbraio ha visitato il Venezuela dove si è incontrato con Nicolás Maduro, e dove la Wagner è di casa; a marzo è stato a Cuba, dove ha parlato con Miguel Díaz Canel e Raúl Castro; ha importanti legami con la dittatura nicaraguense; e si è concentrato anche sulla Colombia, dove due spie russe sono state espulse nel 2020 e Mosca è stata accusata di aver lanciato una campagna di disinformazione nella corsa presidenziale del 2022, a favore dell’attuale presidente Gustavo Petro. 

Il Messico, in particolare, ha accreditato l’ingresso di 36 nuovi diplomatici russi – molti dei quali potrebbero essere quelli espulsi dall’Europa – che aggiunti ai 49 già presenti, danno un totale record di 85 diplomatici. Secondo questa analisi, per quanto il Cremlino voglia camuffare le sue operazioni sotto le etichette di “consiglieri per gli affari politici”, “consoli onorari”, “addetti militari” e “uffici commerciali”, l’improvviso aumento del 60 per cento del personale dell’ambasciata russa in Messico si può solo spiegare con il desiderio di Putin di espandere le sue manovre nel continente americano.
 

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