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L'unico modo per indebolire Putin è vincere la guerra. I morti di Kramatorsk e le altre minacce

Paola Peduzzi

Se c’è una lezione che si può trarre da questi ultimi giorni di instabilità del potere russo è che gli strumenti del sostegno occidentale a Kyiv restano invariati e che è su questi che bisogna continuare a insistere e a investire: armi, sanzioni, intelligence

Ci sono almeno undici morti e più di sessanta feriti nell’attacco missilistico russo contro un ristorante nel centro di Kramatorsk, nella regione orientale ucraina di Donetsk, all’ora di cena martedì sera: le immagini delle macerie e delle ricerche strazianti si mischiano a quelle delle vittime, ai sorrisi delle due gemelle che avrebbero compiuto quindici anni a settembre e invece sono state uccise dai colpi di Vladimir Putin. Arrivano i resoconti degli altri attacchi in Ucraina, i missili intercettati dalle forze ucraine, l’arresto da parte dell’intelligence di Kyiv di un uomo che avrebbe mandato un video del ristorante di Kramatorsk ai russi, quel Ria Pizza così frequentato perché si può mangiare sotto un patio all’esterno. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ripete la menzogna oscena: i russi non colpiscono le infrastrutture civili, “gli attacchi sono su target collegati in un modo o nell’altro con le infrastrutture militari”.

Un altro attacco deliberato contro i civili ucraini è andato quindi a segno, mentre si accavallano ricostruzioni della marcia della Wagner su Mosca – chi sapeva in anticipo ed era partecipe, chi si è ritratto, chi è intervenuto, chi esce più ammaccato e chi tace, sperando di non essere stanato. Qualunque sia lo stato della catena di comando putiniana, quel che rileva per l’Ucraina e i suoi alleati è che più la guerra è un pantano per Mosca – e lo è – più le spaccature dentro al regime russo si approfondiscono, quindi l’obiettivo principale rimane: vincere la guerra.

Volodymyr Zelensky ha detto che si aspetta che il suo paese diventi membro della Nato quando la guerra sarà finita: il presidente ucraino non ha intenzione di uscire dal vertice dell’Alleanza in Lituania il prossimo mese con una membership, ma con garanzie di sicurezza sì, “non al posto dell’ingresso nella Nato, ma durante il periodo di tempo prima dell’ingresso nell’Alleanza”. Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che sarà riconfermato visto che la ricerca di un suo sostituto è stata di nuovo fallimentare, ha confermato che l’esito finale della marcia su Mosca da parte di Evgeni Prigozhin non è ancora valutabile (anche il presidente americano, Joe Biden, è convinto che non sia ancora possibile stabilire se Putin sia indebolito oppure no), ma “il messaggio rivolto a Mosca e a Minsk è chiaro, la Nato è pronta a difendere ogni alleato e ogni centimetro del territorio dell’Alleanza”. Al vertice di Vilnius, gli alleati si accorderanno per rafforzare ulteriormente il fronte est della Nato, in particolare i paesi che confinano con la Bielorussia,  ricettacolo delle armi tattiche nucleari di Putin e ora anche degli uomini della Wagner. 

Se c’è una lezione che si può trarre da questi ultimi giorni di instabilità del potere russo è che gli strumenti del sostegno occidentale a Kyiv restano invariati e che è su questi che bisogna continuare a insistere e a investire: armi, sanzioni, intelligence. Si sono aggiunte altre due questioni: una riguarda la minaccia, che il governo ucraino considera molto concreta, della Russia alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Alcuni paesi occidentali chiedono di tracciare una linea rossa rispetto a questo eventuale attacco che può avere conseguenze catastrofiche: sarebbe un’ottima mossa di deterrenza, ma ci sono molte resistenze e al momento nulla è stato deciso. La seconda questione riguarda la possibilità di destabilizzare la struttura economico-militare che sostiene Putin, quegli oligarchi che subiscono già la pressione delle sanzioni e i cui asset congelati possono essere utilizzati nel caso siano trovati a violare le misure restrittive. Il potere senza i privilegi del potere potrebbe non essere più sufficiente per garantire il sostegno a una guerra che Putin non riesce a vincere. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi