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editoriali

In Georgia il Giorno dell'indipendenza ha i colori dell'Ucraina e dell'Ue

Redazione

La determinazione con cui i georgiani sventolano le bandiere europee (e di Kyiv) sgretola le resistenze del governo. Le forze dell’ordine hanno provato a fermare queste contaminazioni ma le immagini sono inequivocabili

Per celebrare il Giorno dell’indipendenza, il governo georgiano guidato dal premier Irakli Garibashvili aveva allestito i palchi e il centro di Tbilisi con nastri e festoni bianchi e rossi, i colori della Georgia, i colori di questa festa che celebra l’indipendenza del 1918, dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, un’indipendenza durata soltanto quattro anni, perché l’esercito sovietico nel 1922 era già rientrato a occupare il paese. Ma molti georgiani oggi hanno deciso che oggi quei colori, e la festa, hanno senso soltanto se ci sono anche il blu e l’oro dell’Unione europea, l’azzurro e il giallo dell’Ucraina. Così hanno comprato tutte le bandiere europee a disposizione – i commercianti hanno dovuto dire, fin da metà mattina: ci dispiace, sono finite – e le hanno portate alle manifestazioni, scontrandosi con i poliziotti che provavano a vietarle, disponendole ovunque, piccole, grandi, grandissime.

 

Poi hanno cantato l’inno ucraino e hanno tirato fuori anche le bandiere ucraine, e hanno marciato così, con tutti i colori di questo sodalizio che per la Georgia è futuro, necessità, urgenza. Le forze dell’ordine hanno provato a fermare queste contaminazioni, ci sono stati degli scontri, ma le immagini sono inequivocabili: la voglia d’Europa vince sulle tendenze del governo, che continua a mantenere i suoi rapporti politici ed economici con la Russia e che ha riaperto i voli tra Mosca e Tbilisi (cosa che ha portato ad altre proteste la settimana scorsa, in particolare vicino al resort dove la famiglia Lavrov, cioè la famiglia del ministro degli Esteri russo, è arrivata per un matrimonio). La determinazione con cui i georgiani sventolano le bandiere europee sgretola le resistenze del governo, le cautele degli europei e ripristina quell’idea antica e potente dell’inevitabilità di un destino europeo per chi sfugge dalla morsa russa.

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