il personaggio

Vadim Novinsky, l'oligarca del mistero con l'aria da santone

Andrea Braschayko

Storia del magnate che per anni ha esercitato il soft power di Mosca sui fedeli ortodossi a Kyiv 

A Zurigo è una domenica nuvolosa. All’esterno della Chiesa ortodossa russa, in centro città, alcuni giornalisti intervistano un uomo dall’irsuta barba bianca. Ha indosso una riassa di seta nera e ha appena finito di celebrare messa, ma non è un pope ortodosso qualsiasi. Prima dell’invasione russa su larga scala, il suo patrimonio era di 1,6 miliardi di dollari. Vadim Novinsky è l’oligarca del mistero, meno eccentrico rispetto a Ihor Kolomoisky, meno ruvido di Rinat Akhmetov, di cui è socio e amico. La caratteristica funzione religiosa si è tenuta lo scorso 2 aprile, e non ha portato fortuna all’oligarca: il 13 aprile i servizi segreti ucraini gli hanno confiscato asset per 3,5 miliardi di grivnie. Una settimana dopo vengono scoperti diciotto milioni di metri cubi di gas nascosti per aggirare le sanzioni ucraine. La batosta definitiva è arrivata a inizio maggio: un sequestro di beni per 10,5 miliardi di grivnie, tra cui uno degli hotel più lussuosi di Kyiv, i venti piani del Park Inn Radisson Troitskaya, e il porto commerciale della cittadina di Ochakiv, vicino Mykolaïv – una delle zone di influenza di Novinsky. E' cittadino ucraino solo dal 2012, ha ricevuto un premio per i "riconosciuti meriti di servizio all’Ucraina" firmato ad personam da un altro amico del clan del Donbas, l’ex presidente filorusso Viktor Yanukovich. Succede pochi mesi prima delle elezioni parlamentari, e l’oligarca restituirà il favore sostenendo il Partito delle regioni.

 

Novinskyi è cresciuto in Russia, nato a Novgorod da una famiglia di origini armene; per motivi ignoti, aveva rinunciato da giovane al cognome paterno, Malkasyan. Solo alla fine dei selvaggi anni Novanta, a trentacinque anni, scoprì l’Ucraina come una terra di ricche opportunità. Mentre Akhmetov e la criminalità tatara gestivano i processi di privatizzazione delle risorse di Donetsk e Luhansk, Novinsky entrò nel settore metallurgico nella vicina area dell’Inhulets e di Kryvyi Rih, più importante centro siderurgico dell’Europa orientale, nel famoso bacino ferrifero del Kryvbas. Nel 1999 istituzionalizzò le sue conquiste economiche fondando la Smart Holding, insieme al business partner Andrey Klyamko, il sambista di Putin – non in onore della danza brasiliana, bensì per l’arte marziale nata come metodo di addestramento nell’Armata rossa, e oggi sport della cui federazione internazionale Putin è presidente onorario. Poco dopo, la holding fondata dai due oligarchi russi entrò a far parte del gruppo Scm di Akhmetov. Con il presidente dello Shakhtar Donetsk Novinskyi condivide l’interesse per il calcio e, come molti oligarchi in campagna elettorale, usa una squadra per ripulire la propria immagine. Per una manciata di anni sarà proprietario del Sevastopol’, nella città sede della flotta russa in Crimea, fino all’occupazione di quest’ultima nel 2014. Anche nel calcio si dimostra leale con Akhmetov. La squadra è una succursale dello Shakhtar, con diversi giocatori in prestito e accuse di favoreggiamento negli scontri diretti. Riesce però a raggiungere l’obiettivo più importante: l’elezione a parlamentare nel distretto di Sebastopoli.

 

Rimarrà fedele al blocco filorusso anche dopo lo scioglimento del Partito delle regioni, entrando pure a far parte delle commissioni per il reinserimento dei territori occupati in Donbas e Crimea. Sono però soprattutto i rapporti tra potere temporale e spirituale a interessare l’oligarca. L’aria da santone, d’altronde, gli si addice: Novinsky è il magnate e intermediario del soft power che Mosca esercita sui fedeli ortodossi in Ucraina. Ha lanciato anatemi contro Poroshenko in seguito alla creazione della Chiesa autocefala ucraina, istituita allo scopo di tagliare ogni legame con il Patriarcato di Mosca, a cui invece il metropolita Onufrij è rimasto fedele, ufficialmente fino allo scorso maggio. Il primate della Chiesa ortodossa russa in Ucraina ordinerà Novinskyi diacono nel 2020. In tale ruolo, l’anno successivo, prenderà parte a una liturgia a San Pietroburgo insieme a Kirill. Del patriarca di Mosca dirà: "Sta compiendo sforzi estremi per la pace in Ucraina". Il 24 febbraio 2022 si mostrerà scioccato, ma continuerà a essere sostenitore e filantropo della diocesi moscovita, nonostante le dilaganti prove di filorussismo e sostegno al separatismo dei suoi servitori in Ucraina. Dallo scorso 24 gennaio, insieme a 9 episcopi e metropoliti della Chiesa ortodossa filo Mosca, è nella lista di “sanzioni ecclesiastiche” approvate da Zelensky. Alcune settimane prima aveva trasferito i suoi attivi a trust fiduciari ed era fuggito dal paese. Alle domande dei giornalisti su come abbia fatto a scappare, ha risposto: "Un po’ a piedi, un po’ in autobus, un po’ in aereo". Un tragitto occulto, come quello che da Novgorod in Russia lo ha portato a decidere la vita economica, politica e religiosa dell’Ucraina.

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