la strategia

La nuova missione di Dmitri Medvedev

Micol Flammini

Secondo la stampa russa, all'ex presidente spetta il compito di trovare nuovi soldati da mandare in Ucraina e rendere la mobilitazione spontanea e silenziosa. La nuova cifra: 400.000 uomini

Dmitri Medvedev non era mai stato tanto loquace quanto dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Prima presidente,  poi premier, ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Medvedev  ha contribuito alla creazione del regime russo. Vladimir Putin di lui si fida e adesso, secondo alcune fonti ben informate raccolte dalla stampa russa, a Medvedev avrebbe affidato il compito di reclutare nuovi soldati da mandare al fronte in un modo discreto ma accattivante. Ci sarebbe anche un numero che sembra piuttosto ambizioso: Mosca vuole  quattrocentomila soldati. La cifra è molto alta, a maggior ragione se si pensa che all’inizio dell’invasione l’esercito russo contava la stessa quantità di uomini, molti dei quali erano soldati di professione.  Le reclute che Medvedev avrebbe il compito di cercare riceverebbero un addestramento meno efficace, difficile che il lavoro del soldato possa essere ritenuto appetibile in questo momento, ma  l’ex presidente avrebbe deciso di puntare tutto sulla comunicazione. Le pubblicità che compaiono sui canali telegram o  sui social come VKontakte, i manifesti presenti in alcuni negozi e gli spot in televisione servono a creare una mitologia attorno alla figura del soldato che  attiri uomini con lavori poco pagati. 

 

Quando a settembre dello scorso anno Putin annunciò la mobilitazione parziale lo fece consapevole dei rischi sul consenso, infatti  rimandò l’annuncio il più possibile, lo fece anche con un giorno di ritardo. Il prossimo anno ci saranno le presidenziali e il capo del Cremlino non vuole che il voto si svolga dopo una mobilitazione su vasta scala. Il compito di Medvedev è quindi arduo: attrarre soldati, trovare volontari, fare in modo che il fronte sembri un’occasione e senza creare  fastidi al Cremlino. Al fianco di Medvedev lavorano anche personaggi dello spettacolo, il cantante Shaman questa settimana ha realizzato il video della sua canzone “Noi” proprio dalla Piazza Rossa, tra i versi canta l’unità del popolo russo con un’estetica da gioventù hitleriana. 
Una delle cose che più colpì gli ucraini nei primi giorni dell’invasione fu la sproporzione tra gli obiettivi di Mosca e il numero delle truppe, troppo esiguo per un’operazione contemporaneamente  lampo e su vasta scala. Quello fu l’errore principale di Mosca e l’effetto fu un’operazione brutale ma alla rinfusa. In Russia in queste settimane il dibattito si è acceso su quale atteggiamento deve avere l’esercito in Ucraina, se offensivo o difensivo. Il finanziatore delle milizie della Wagner, Evgeni Prigozhin, ritiene che sia il momento di rafforzare le linee difensive, ma al ministero della Difesa c’è chi ritiene che invece sia il momento di una nuova offensiva. Medvedev non prende posizione riguardo alla strategia sul campo di battaglia, il suo compito di trovare soldati non si accompagna ad analisi militari, ha più a che fare con la comunicazione, la motivazione e la propaganda.  

 

L’élite putiniana si sta facendo vedere sempre più coinvolta in modo attivo nella guerra, anche la decisione di raccontare che il figlio del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, sia  andato a combattere – sulla veridicità della sua partecipazione tra gli uomini della Wagner sono stati sollevati diversi dubbi – serve a far percepire i fedelissimi di Putin  più vicini alla guerra, meno distanti dalle ostilità e non diversi dal resto della popolazione. Anche Medvedev ha un figlio, Ilya, che però è entrato in politica nel partito di Putin alla fine dello scorso anno. 

 

Dal 24 febbraio, Medvedev si è distinto per i suoi commenti a favore dell’invasione, per le minacce contro l’occidente, per la gestione di un canale telegram particolarmente attivo in cui accusa la Nato di aver provocato Mosca. Ieri, dopo la notizia della ricandidatura del presidente americano Joe Biden per le elezioni del prossimo anno, ha pubblicato una caricatura, chiamandolo un nonno disperato e suggerendo di mettere al sicuro i codici nucleari. Medvedev, oltre a organizzare la nuova mobilitazione, spesso si occupa di tenere delle conferenze, le capacità comunicative che ha espresso in modo particolare in quest’anno di guerra lo stanno rilanciando. Ieri ha incontrato un gruppo di giovani e oltre a parlare delle virtù dell’esercito russo non ha esitato a dire che per la vittoria deve essere fatto di tutto e ha tirato fuori il mantra che usa più di frequente: la minaccia atomica

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.