Foto di Kirsty Wigglesworth, AP Photo, via LaPresse 

Editoriali

La Brexit non funziona: l'economia inglese ha perso il 4 per cento

Redazione

L'Office for budget responsibility ha detto che il Regno Unito non ha recuperato la crescita pre-Covid. Gli choc principali sono state la crisi energetica e il divorzio dall'Unione europea

Il divorzio del Regno Unito dall’Unione europea ha portato a una riduzione dell’economia britannica pari al 4 per cento, equivalente al danno inflitto dalla pandemia, ha detto Richard Hughes, presidente dell’Office for budget responsibility (Obr), in un’intervista alla Bbc. L’economia britannica è l’unica tra quelle sviluppate a non aver recuperato la crescita pre Covid, ma Hughes ha spiegato che gli “choc” più rilevanti che hanno colpito il paese sono certamente la pandemia, la guerra in Ucraina con la conseguente crisi energetica e inflattiva, e anche la Brexit.

Di rado le agenzie del governo, per quanto indipendenti come è l’Obr, mettono numeri chiari di fianco all’impatto della Brexit: sono dati difficili da isolare in anni di continue emergenze globali, e naturalmente il partito di governo, i Tory, non ha grande interesse a mostrare quanto grave sia il danno inflitto dal divorzio di cui è stato sostenitore e maldestro esecutore. “Abbiamo visto la più grande riduzione degli standard di vita registrata in questo paese”, ha detto impietoso Hughes, aggiungendo che l’impatto andrà poi misurato negli anni a venire.

I sostenitori della Brexit hanno replicato dicendo che, appunto, questi calcoli sono per loro natura approssimativi e che ormai il “disastro Brexit” è diventato un luogo comune su cui si esercitano tutti i catastrofisti, ma è difficile immaginare che tutti gli economisti stiano sbagliando non tanto il numero in sé quanto la tendenza: il divorzio è un costo e non un beneficio. Se n’è reso conto anche il premier, Rishi Sunak, che pure è un sostenitore della prima ora della Brexit della prima ora: ha ritirato senza troppo clamore lo slogan “Global Britain” del suo predecessore Boris Johnson e lo ha sostituito con pragmatismo e buon senso, facendo un accordo con Bruxelles sul Protocollo nordirlandese, portandone con successo la prima parte al voto dei Comuni e costruendo con i paesi dell’Unione europea un nuovo dialogo – persino con Parigi, cosa che non si vedeva da anni.

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