Scontri a Parigi durante una manifestazione contro la riforma delle pensioni (foto EPA)

in francia

A Parigi i gollisti si dividono su Macron che scavalca il Parlamento

Mauro Zanon

"Mai più con i Républicains", dicono i macroniani. "E' troppo facile addossare la colpa a noi", risponde il leader del partito gollista. Ma nelle truppe in molti potrebbero votare la censura nei confronti del governo. Intanto il sindacalista marsigliese Mateu, filoputiniano, aizza la rivolta

Parigi. “Con i Républicains, mai più!”, dicono arrabbiate le truppe macroniste all’indomani del passaggio forzato all’Assemblea nazionale della riforma delle pensioni. Se il governo è stato costretto ad attivare il contestatissimo 49.3, l’articolo della Costituzione che consente di approvare una legge senza sottoporla al voto del Parlamento, la colpa è tutta dei gollisti, dicono nel mondo di Renaissance: sono loro ad aver fatto saltare l’alleanza su un testo dove, per accontentarli, i macronisti avevano fatto parecchie concessioni. “E’ facile addossare la responsabilità ai Républicains. Il fallimento sulla riforma è il fallimento di un metodo: quello del governo”, si è difeso il presidente del partito gollista, Éric Ciotti.

 

La collera è profonda all’Eliseo. Perché il testo finale arrivato tra i banchi del Parlamento è figlio di un compromesso con i Rébublicains sull’articolo più importante della riforma, l’articolo 7,  che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni (Macron voleva alzarla a 65). E perché l’accordo di fine gennaio tra Ciotti e il primo ministro, Élisabeth Borne, garantiva sulla carta una quarantina di voti: necessari per evitare il 49.3 e offrire al progetto di riforma quello che il Monde ha definito “materasso di sicurezza”.

Ma il materasso ha perso le piume col passare delle settimane, e quando giovedì mattina è stato fatto l’ultimo conteggio ci si è resi conto che la maggioranza era fragile – questione di due-tre voti – e che c’erano molti franchi tiratori in agguato. A bacchettare il voltafaccia dei gollisti è stata la stessa Borne durante il suo intervento all’Assemblea nazionale. “Se ognuno votasse seconda la propria coscienza e coerentemente con le proprie posizioni passate, non saremmo a questo punto oggi pomeriggio”, ha dichiarato Borne, denunciando le “fughe in solitaria” di alcuni deputati gollisti. Bruno Millienne, deputato e portavoce dei centristi del MoDem, il principale alleato di Renaissance in Parlamento, ha accusato i Républicains di aver voluto “salvare le proprie carriere personali piuttosto che assumere le proprie convinzioni profonde”. 

 

L’alleanza mancata tra la maggioranza e i Républicains evidenzia anche la divisione della destra repubblicana, spaccata tra chi predica un avvicinamento alla macronia e chi invece aspetta Macron al varco e vuole fargliela pagare per aver risucchiato nel suo grande centro liberale una parte della droite. Ciotti, giovedì, dopo l’attivazione del 49.3, ha detto che il partito non parteciperà ad alcuna mozione di censura (che avrebbe bisogno della maggioranza per costringere l’esecutivo alle dimissioni). “Vista la situazione, non vogliamo creare ulteriore caos. Per questo abbiamo appena deciso in una riunione di gruppo che non voteremo alcuna mozione di censura”, ha affermato Ciotti. Ma è tutt’altro che compatto il gruppo di 61 deputati gollisti all’Assemblea nazionale. C’è chi infatti è stuzzicato dall’idea di aderire alle mozioni di censura (che, con tutta probabilità, saranno votate lunedì) e contrario alle direttive di Ciotti. “Oggi è l’unico strumento affinché ci sia un vero voto su questa riforma delle pensioni. Studieremo tutte le mozioni, a prescindere da chi le presenterà, Rassemblement national, la France insoumise o altri”, ha commentato Maxime Minot, deputato gollista dell’Oise. Sono due le mozioni che saranno sottoposte al voto: quella di Rn e quella di Libertés, Indépendents Outre-Mer et Territoires, gruppo formato da una ventina di centristi, socialisti ed ex macronisti. “Il gruppo che potrebbe far cadere il governo?”, si chiedono alcuni osservatori. Perché i mélenchonisti la voteranno in blocco, i lepenisti quasi sicuramente e anche alcuni deputati gollisti sono tentati. Quanti ne servirebbero, tra i Républicains, per ottenere la maggioranza? Almeno una trentina. 

 

La piazza, intanto, alimentata dai sindacati, si prepara a ulteriori giornate di sciopero nazionale (giovedì 23 marzo), infiamma i toni dello scontro e benedice nuovi leader. Per capire quali siano le intenzioni del fronte anti Macron, basta ascoltare le parole del sindacalista marsigliese Olivier Mateu, prossimo boss della Cgt al posto di Philippe Martinez: “Il 49.3 è uno sputo in faccia ai lavoratori (…) La violenza viene dal governo e dal padronato”. Filoputiniano e antiamericano, Mateu, attuale segretario Cgt del dipartimento di Marsiglia (Bocche del Rodano), ha invitato tutti i francesi ad andare a fare il pieno di benzina questo fine settimana, perché a partire dalla prossima settimana non ce ne sarà più: causa sciopero a oltranza dei dipendenti sindacalizzati delle raffinerie e dei depositi di carburante. “Ho detto al prefetto (delle Bocche del Rodano, ndr) che se osa precettare i compagni delle raffinerie sarà guerra. Perché noi diamo fuoco al dipartimento. Ma non nel senso che ci innervosiamo. No, incendiamo proprio tutto, con le fiamme vere”. Martinez, rispetto a Mateu, sembra quasi un centrista moderato. 

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