stati uniti

La mina vagante Kyrsten Sinema lascia i dem. La nuova "indipendente dell'Arizona"

Matteo Muzio

L'ennesima metamorfosi della senatrice americana è un problema per il Partito democratico e la presidenza di Joe Biden

Con un lungo editoriale sul giornale locale Arizona Central, la senatrice Kyrsten Sinema ha annunciato che lascerà il Partito democratico, riportando la maggioranza a 50 seggi più il voto della vicepresidente Kamala Harris. Almeno all'apparenza viene quindi vanificata la vittoria di John Fetterman in Pennsylvania, che ha conquistato un seggio appartenente al senatore repubblicano uscente Pat Toomey lo scorso 8 novembre, e la recente vittoria di Raphael Warnock, rieletto in Georgia dopo un ballottaggio combattuto contro lo sfidante repubblicano Herschel Walker.

 

Questa  è solo una parte della questione innescata dall’annuncio di Sinema, che ha detto in un’intervista esclusiva alla Cnn che si definirà d’ora in poi “indipendente dell’Arizona”. Su Arizona Central Sinema ha dichiarato che non si riconosce più in un sistema “malato” di faziosità politica, mirato solo a battere l’avversario anziché a risolvere “i problemi dei cittadini” con “soluzioni di buonsenso”. Sinema però non risponde alla domanda cruciale: resterà nel gruppo dem, sia pur da indipendente, come fanno già i suoi colleghi Bernie Sanders e Angus King? Il fatto che  nell’editoriale faccia cenno “alla difesa delle donne” e alla “comunità Lgbtq+” lascia pensare che sia sua intenzione quella di rimanere nel gruppo.

 

Allora perché questa scelta? Semplicemente Sinema vuole evitare di sottoporsi a una primaria che si preannunciava combattuta contro il deputato progressista Ruben Gallego. E quindi mettere i dem di fronte al dilemma: sostenerla comunque nel 2024 e rischiare di perdere una fetta di elettorato progressista, oppure sfidarla apertamente in una corsa a tre e favorire indirettamente i repubblicani. Questa seconda opzione è preferibile per non perdere i voti delle elezioni alla presidenza di quell’anno, ma non lascia i dem senza pensieri, data la trumpizzazione completa del Partito repubblicano dell’Arizona, che valuta solo la fedeltà dei suoi componenti a capo e insulta apertamente la memoria del senatore John McCain, per anni icona del conservatorismo statunitense. Si registra anche l’ennesima metamorfosi politica di Kyrsten Sinema: dopo aver aderito da giovane ai Verdi americani, nel 2004 aderisce ai dem, dove diventa esponente della corrente dei cosiddetti “socialisti di Prada”, radicali nei contenuti politici ma vestiti sempre in modo impeccabile.

 

Alla Camera dei Rappresentanti dal 2012, passa rapidamente nel gruppo dei “Blue Dog”, moderati centristi spesso sovrapponibili all’ala liberal dei repubblicani: un blocco centrista informale su cui molte volte i presidenti hanno cercato i voti mancanti nel loro partito. Questa caratteristica, nel 2018, l’ha resa la candidata ideale per il Senato dell’Arizona, dove era in ballo il seggio lasciato vacante da John McCain, conquistato a fatica con poche migliaia di voti. Sorprendentemente, è stato uno dei voti più imprevedibili e problematici di questo biennio: a differenza di Joe Manchin, dem del West Virginia in lotta per la sua sopravvivenza politica in uno degli stati più repubblicani del paese, Sinema ha posto spesso problemi di difficile soluzione che le hanno però procurato sostegno nelle fila dei donatori repubblicani, dai quali è stata molto sostenuta nel corso del 2021. Adesso, da indipendente, la senatrice può essere ancora di più una mina vagante per la presidenza di Joe Biden e difficilmente gli sarà d’aiuto nei prossimi due anni.