(foto EPA)

L'Ue trascina la Cina al Wto per fermare la coercizione economica di Pechino

David Carretta

La Commissione di Ursula von der Leyen reagisce alla ritorsione contro la Lituania della Cina affidandosi all'organizzazione internazionale del commercio. Il peso della disputa sui brevetti

Bruxelles. La Commissione europea ieri ha deciso di portare la Cina davanti ai giudici dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) accusando Pechino di violare le regole della Wto per aver imposto un embargo di fatto alla Lituania e per le restrizioni contro i titolari di brevetti ad alta tecnologia dell’Ue. Il primo caso ha un enorme valore politico: alla fine del 2021 la Cina ha fatto ricorso a un tipico caso di coercizione economica per punire la decisione della Lituania di permettere l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan. Il secondo caso ha un enorme valore economico. Nonostante le resistenze di alcuni stati membri che non vogliono compromettere i rapporti con la Cina, la mossa della Commissione indica un atteggiamento più assertivo per difendere gli interessi dell’Ue. 

La Cina è un partner commerciale maggiore per l’Ue, cosa che porta chiari benefici economici a entrambe le parti”, ma “è nostro dovere difendere i nostri diritti quando la Cina vìola le regole globali del commercio o sottomette uno stato membro dell’Ue a coercizione economica, colpendo il nostro mercato unico”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis. Il conflitto sulla Lituania ha origine nel novembre del 2021, quando il governo di Vilnius ha autorizzato l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan. Pechino ha accusato la Lituania di violare la “politica di una sola Cina” e minacciato rappresaglie. Negli altri paesi dell’Ue le rappresentanze taiwanesi portano il nome di Taipei. Vilnius ha rifiutato di cambiare nome. Pochi giorni dopo, a dicembre, la Lituania ha scoperto di essere scomparsa dal sistema doganale cinese, con conseguente paralisi degli scambi. Pechino ha bloccato anche le merci provenienti da altri paesi con componenti fabbricate lituane e intimato alle imprese di altri stati membri di abbandonare la Lituania se vogliono continuare a esportare verso la Cina. Di fronte a un attacco diretto al mercato unico la Commissione non ha potuto non reagire. Ma un primo tentativo di risolvere la disputa attraverso consultazioni è fallito. “E’ stato inutile”, ha ammesso Dombrovskis. Improvvisamente a febbraio la Cina ha anche formalizzato il divieto totale di importazione dalla Lituania di alcol, carni bovine, prodotti lattiero-caseari, tronchi e torba. In un anno gli scambi commerciali si sono ridotti dell’80 per cento. In termini di esportazioni dell’Ue può sembrare poco – circa 180 milioni – ma in termini politici la posta in gioco è alta. “La pressione economica illegale, anche se contro un solo stato membro dell’Ue, deve essere vista come un attacco all’intera Ue”, ha detto il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis. Il ricorso alla Wto “invia un altro messaggio alla Cina: l’Ue difenderà il mercato unico e gli stati membri con tutti i mezzi contro la coercizione economica politicamente motivata”, ha spiegato Landsbergis.

 

La disputa sui brevetti ha un valore economico molto più alto. “Miliardi di euro”, dice al Foglio un funzionario della Commissione. Dal 2020 la Cina ha iniziato a emettere delle “anti-suit injunction” (ordinanze inibitorie volte a vietare le azioni in giudizio) che impediscono alle imprese che detengono brevetti ad alta tecnologia di proteggerli dinanzi a tribunali diversi da quelli cinesi. In questo modo una società europea proprietaria della tecnologia di telefonia mobile non può adire un tribunale dell’Ue per risolvere una controversia con un eventuale licenziatario cinese come un fabbricante di telefoni cellulari. La violazione delle “anti-suit injunction” comporta multe fino a 130 mila euro al giorno. L’obiettivo della Cina è costringere i titolari dei brevetti a concedere un accesso più economico alla tecnologia europea. Secondo la Commissione, le “anti-suit injunction” sono incompatibili con le regole sui diritti di proprietà intellettuale (Trips) della Wto. La Cina impone unilateralmente norme a vantaggio delle proprie imprese, a scapito del sistema multilaterale. Ma i tempi della Wto sono lunghi: i due “panel” chiesti dall’Ue su Lituania e brevetti dovrebbero essere convocati a marzo. Poi ci vorrà circa un anno ai giudici della Wto per prendere una decisione, con possibilità di ricorso. “Siamo preoccupati dell’effetto dissuasione di questo tipo di misure. Il modo in cui manda messaggi a operatori economici potenzialmente interessati a esportare in Cina”, spiega il funzionario della Commissione. In effetti quelle della Cina sono intimidazioni: le imprese europee che vogliono operare nel suo mercato devono piegarsi al ricatto sulla Lituania o sui brevetti, pena l’esclusione.

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