La presidente taiwanese Tsai Ing-wen, foto di Chang Hao-an, Pool Photo, via AP, via LaPresse 

Le elezioni amministrative

A Taiwan vincono l'alternanza e i nazionalisti, ma Pechino non gioisce

Stefano Pelaggi

Decisa sconfitta dei candidati del partito al governo. Il Kuomintang, principale partito all’opposizione, è riuscito a sfruttare la polarizzazione interna al paese sulla posizione nei confronti della Cina, ma la vicinanza al regime di Xi non trova più consensi, proprio ora che cresce l'attenzione per l'isola da parte degli Stati Uniti

Detroit. Le elezioni amministrative a Taiwan hanno avuto largo spazio sui media internazionali, mentre fino a pochi anni si trattava di un argomento che l’informazione occidentale considerava minore. Oggi invece,  i destini del mondo sembrano passare, anche, per le consultazioni elettorali municipali a Taiwan. Le elezioni hanno segnato una decisa sconfitta dei candidati del partito al governo, il Democrative Progressive Party (Dpp) della presidente Tsai Ing-wen, e una netta affermazione del Kuomintang (Kmt), il principale partito all’opposizione, con posizioni favorevoli a una maggiore apertura economica e politica nei confronti di Pechino.

 

Il Dpp ha subìito una sconfitta pesante, la peggiore della storia democratica del paese, ed è riuscito a conservare il controllo in due sole municipalità chiave, nelle città di Tainan e Kaohsiung, da sempre roccaforti del Partito democratico. Tsai ha rassegnato le dimissioni da capo del Dpp dopo i risultati delle amministrative, visto che l’intera campagna elettorale era stata impostata su una personalizzazione da parte della presidente oltre che sulla contrapposizione con Pechino. I candidati del Kmt hanno vinto puntando su temi locali e sfruttando la vasta rete di potere che il Partito nazionalista ha costruito nei decenni. Taiwan,  dopo l’abolizione della legge marziale nel 1987, ha sviluppato un sistema bipartitico, generando una vera e propria tribalizzazione dell’elettorato. Da ormai trentasei anni, ossia dalle prime consultazioni democratiche, Kmt e Dpp hanno dominato la scena elettorale grazie alle reti territoriali e alla capacità di interpretare la frattura ideologica che stava attraversando il paese.

 

Il Dpp nasce come partito di opposizione alla legge marziale e al regime del Kuomintang, e solo dopo un decennio si trasformerà nella forza politica legata a posizioni indipendentistiche e contraria a ogni avvicinamento a Pechino. Mentre sarà proprio il Kmt di Lee Teng-hui ad avviare un deciso percorso di rifiuto nei confronti di un dialogo con la Cina, una strada che il Partito nazionalista invertirà diventando successivamente il principale sostenitore di un percorso comune tra i due lati dello Stretto. Ognuna delle parti ha soprattutto tentato di interpretare ideologicamente le diverse contrapposizioni del paese: etniche, economiche e sociali. Il Kuomintang riesce a sfruttare questa polarizzazione a livello locale ma l’elemento di avvicinamento alla Cina non trova più consensi all’interno della società taiwanese.

 

La crescente attenzione dell’alleato statunitense al ruolo di Taiwan nell’Indo-Pacifico gioca poi un ruolo fondamentale. Già nel 2018 le elezioni amministrative taiwanesi avevano segnato una netta sconfitta del Dpp, mentre le ambizioni del Kmt furono solo temporaneamente legate al successo di Han Kuo-yu. Nei mesi successivi l’approccio populista di Han si dimostrò fallimentare, mentre lo scenario di cooperazione economica con la Cina si scontrò  con la repressione delle proteste nell’ex colonia inglese di Hong Kong contro Pechino. Soprattutto Tsai Ing-wen si dimostrò l’unica personalità politica in grado di mantenere l’equilibrio sempre più precario nelle relazioni sino-taiwanesi e Washington scese in campo per mostrare il supporto alla presidente in carica, considerata una leader affidabile. 

 

Il Kuomintang esce rinvigorito dalle elezioni amministrative, ma la strada verso le importanti elezioni presidenziali del 2024 rimane in salita. Ogni riferimento nei confronti di una possibile cooperazione con Pechino è letto in maniera negativa dall’opinione pubblica taiwanese, alla luce della deriva della politica cinese, segnata dall’approccio al Covid e dall’accentramento del potere di Xi Jinping. Ma soprattutto può compromettere l’essenziale sostegno degli Stati Uniti che hanno apertamente delineato in tutti i documenti strategici la cruciale importanza di Taiwan.

 

Nelle prossime settimane il Dpp avvierà un rimpasto di governo, mentre alcune voci a Taipei segnalano la possibilità di un profilo molto simile a quello di Tsai per la corsa alle presidenziali del 2024: l’attuale ambasciatrice taiwanese negli Stati Uniti, Bi-khim Hsiao, una giovane donna con quattro mandati parlamentari e una lunga carriera diplomatica alle spalle. 

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