Taiwan e Ucraina, gli aggrediti s'alleano

Giulia Pompili

Il primo foreign fighter ucciso e due guantoni da boxe. Perché Kyiv e Taipei sono sempre più vicine

Tseng Sheng-kuang aveva venticinque anni. Era un amis, la popolazione aborigena di Taiwan che negli ultimi anni è diventata uno dei simboli dell’identità taiwanese. Era arrivato in Ucraina a giugno, dopo che la sua richiesta di entrare nel battaglione straniero era stata approvata. E’ morto nella regione di Luhansk per le ferite riportate durante un combattimento contro i russi.  Tseng è il primo taiwanese a essere stato ucciso in Ucraina, e di lui ha parlato qualche giorno fa Oleksandr Merezhko, presidente della commissione Esteri del Parlamento ucraino e membro del partito Servitore del popolo del presidente Volodymyr Zelensky: “Ucraini e taiwanesi sacrificano la loro vita in nome della libertà”, ha detto Merezhko. Ecco perché la morte di Tseng “ha un significato simbolico molto profondo per noi ucraini”. A fine ottobre, la presidente taiwanese Tsai Ing-wen aveva accolto a Taipei anche la parlamentare ucraina Kira Rudik. Kyiv e Taipei non erano mai state così vicine. C’è un altro effetto collaterale che si sta consolidando a poco più di otto mesi dopo l’inizio della guerra del Cremlino contro l’Ucraina, ed è un’alleanza ideale tra due paesi minacciati esistenzialmente da potenze autoritarie.


Le condizioni giuridiche di Ucraina e Taiwan e le azioni di Mosca e Pechino contro Ucraina e Taiwan non potrebbero essere più diverse – l’Ucraina in questo momento è sotto attacco da parte della Russia, mentre la Repubblica popolare cinese rivendica Taiwan come parte del proprio territorio, ma nessuno sa se e quando la guerra per la riunificazione si farà. Eppure Kyiv e Taipei stanno capitalizzando questo momento di diplomazia pubblica per mostrarsi più unite che mai. Qualche giorno fa anche il deputato ucraino Mykola Kniazhytskyi è volato a Taipei, e ha incontrato il ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu. Gli ha portato un regalo: un paio di guantoni da boxe autografati dal sindaco di Kyiv Vitali Klitschko e da suo fratello Volodymyr, e Wu si è prestato pubblicando una foto in posizione da pugile e scrivendo nella didascalia: “Grazie per aver trasmesso lo spirito combattivo dell’Ucraina a Taiwan. Siamo solidali e boxiamo contro l’autoritarismo”.

 

  

La bandiera ucraina lo scorso fine settimana sventolava per le strade di Taipei durante il Pride di Taiwan – che non è soltanto una manifestazione per i diritti omosessuali ma una celebrazione dei diritti umani, in pieno stile taiwanese. L’amicizia ideale che si sta costruendo tra Taipei e Kyiv è soprattutto estetica, ma rischia di essere particolarmente complicata da gestire per Pechino. La Cina di Xi Jinping non ha mai condannato ufficialmente la guerra di Putin, anzi. E’ stato durante la criticatissima visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Pechino, venerdì scorso, che per la prima volta l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua ha diffuso un messaggio attribuito a Xi in cui si pone ufficialmente una linea rossa invalicabile, quella dell’uso delle armi nucleari. Il governo tedesco ha interpretato la dichiarazione come una vittoria diplomatica, ma nel frattempo la vicinanza tra  Taipei e Kyiv non fa che accelerare, per l’opinione pubblica europea, la costruzione di un messaggio: Cina e Russia non sono poi così diverse. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.