nuovo mondo multipolare
A Bali l'occidente si approccia cordiale con Xi, ma la fregatura è dietro l'angolo
Al G20 si cerca una pacifica convivenza con la Cina, ma per il presidente cinese la priorità è un’altra: farsi trattare alla pari di Washington, ottenere il suo spazio e il suo peso nella diplomazia internazionale, e trovare una via d’uscita alla crisi economica globale che sta arrivando
Seul, dalla nostra inviata. Le strette di mano e i sorrisi di ieri tra il presidente americano Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping al G20 di Bali non sono stati un caso isolato. Anche martedì gli incontri di Xi con i leader del mondo liberale sono stati sorprendentemente cordiali. Dopo sei anni di gelo, il leader cinese ha incontrato per la prima volta un primo ministro australiano, il laburista Anthony Albanese, che ha detto prima dell’incontro: “Abbiamo le nostre divergenze, e l’Australia non si allontanerà dai nostri interessi e valori”, e pare chiaro che non si sia parlato del boicottaggio economico che Pechino ha imposto a Canberra da quando quest’ultima ha chiesto un’indagine internazionale sul Covid-19. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto di aver apprezzato il ritorno del dialogo tra America e Cina, ma durante una conferenza stampa ha comunque rinnovato l’invito a “non fare con Pechino lo stesso errore di dipendenza che abbiamo fatto con la Russia per i combustibili fossili”: “Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio delle relazioni”.
Sui giornali cinesi è stata la giornata del gran ritorno della diplomazia di Xi Jinping, e visto che “il mondo è entrato in un nuovo periodo di turbolenze e cambiamenti, in qualità di due forze importanti nel mondo multipolare, Cina, Francia ed Europa dovrebbero aderire allo spirito di indipendenza”, ha detto Xi al presidente francese Emmanuel Macron. La strategia è ormai chiara: per l’occidente l’isolamento diplomatico della Russia è nei fatti, e ora vorrebbe che la Cina usasse il suo peso politico per fare più pressione contro Mosca. Ma la priorità della Cina è un’altra: farsi trattare alla pari di Washington, ottenere il suo spazio e il suo peso nella diplomazia internazionale, e infine trovare una via d’uscita alla crisi economica globale che sta arrivando a Pechino.
Il bilaterale di mercoledì tra Xi Jinping e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni s’inserisce in questa strategia occidentale con la Cina. Significa: parliamo, ma non siamo amici. Non è un caso se martedì la leader di Fratelli d’Italia ha avuto la sua prima conversazione faccia a faccia con Biden – un’ora di colloquio, lei con gli appunti sulle gambe, lui a braccio – e secondo il comunicato finale della Casa Bianca il primo punto di discussione con l’Italia non era l’Ucraina né la Russia, ma quello di “coordinare le risposte a una serie di sfide globali, comprese quelle poste dalla Repubblica popolare cinese”. Una variazione sul tema il comunicato di Palazzo Chigi, che ha messo come primo punto di discussione “la solidità dell’alleanza transatlantica” e “l’eccellente cooperazione per fare fronte alle sfide globali, dalla crescita economica alla sicurezza comune”. Nel frattempo, a margine del vertice, Biden, il presidente indonesiano Joko Widodo e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen hanno svelato il piano Partnership for global infrastructure and investment (Pgii) da seicento miliardi di dollari d’investimenti globali – la cosiddetta alternativa alla Via della Seta cinese – e lo hanno fatto insieme con i leader di Argentina, Canada, Francia, Germania, India, Giappone, Corea, Regno Unito e Senegal (ma senza l’Italia).
In queste due giornate di G20 – che sembra sempre più un G2, da una parte l’America e dall’altra la Cina – Xi Jinping sta incontrando praticamente tutti i leader europei: Macron, il primo ministro olandese Mark Rutte, quello spagnolo Pedro Sánchez. Ha bisogno di consolidare la sua forza diplomatica ma è un balletto, una recita. Pechino continua a non citare mai nei comunicati ufficiali le linee rosse nucleari da non superare in riferimento alla guerra di Putin in Ucraina, si oppone a chiamarla perfino “guerra”, e, sempre a Bali, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha incontrato il suo omologo russo Sergei Lavrov, e gli ha detto di essere pronto a lavorare con la Russia “e con altri paesi che la pensano allo stesso modo” riguardo al nuovo mondo multipolare.
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