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A proposito dell'ex cancelliera

Come e quanto è cambiata l'eredità politica di Merkel in tempo di guerra. Un girotondo

Luciana Grosso

Ha lasciato un’Europa forte che ha sorpreso tutti. Ma non ci ha preparati alla probabile deriva di Putin. Benché abbia cercato di dargli dei limiti. Il suo errore? Il nucleare

Sembra passato un secolo, ma è solo un anno che il socialdemocratico Olaf Sholz ha vinto le elezioni in Germania e che si è conclusa la lunga (sedici anni) stagione di Angela Merkel. L’ex cancelliera era sinonimo di autorevolezza e misura, di compromesso e stabilità. Aveva tenuto la barra del timone attraverso svariate crisi, da quella dell’Eurozona a quella del Covid, dal pasticcio Volkswagen all’arrivo dei migranti. Amata e detestata, la Merkel si era costruita un’immagine più larga della sola leadership tedesca, complici anche gli stravolgimenti in altri paesi, come l’America di Donald Trump. Questo non vuol dire che chiunque avesse un’idea buona della Merkel, tutt’altro, ma le era riconosciuto il fatto di essere stata una guida riconoscibile e spesso efficace del mondo occidentale. L’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin ha modificato di molto la percezione dell’eredità di Angela Merkel. C’è chi dice che buona parte di ciò che sta succedendo in queste ore è colpa sua, perché negli anni in cui ha guidato l’Europa non ha saputo apparecchiare un equilibrio stabile nei confronti della Russia e della Cina: Merkel si è fidata del presidente russo  e gli ha affidato le chiavi dei contatori di tutta Europa, dandogli un potere contrattuale enorme e mai visto prima. Oppure c’è chi dice che no, Merkel in tutto questo non c’entra niente e che, anzi, è lei quella da ringraziare se questo pandemonio non è scoppiato anni fa. Per chiarirci le idee abbiamo chiesto a studiosi di politica tedesca ed europea e a biografi di Angela Merkel cosa è rimasto dei suoi sedici anni e come appare oggi, che la pace su cui ha scommesso l’ex cancelliere è finita, la sua eredità. 

 

Matthew Qvortrurp, docente di Scienza politica all’Università di Coventry, e autore della biografia “Angela Merkel: Europe’s Most Influential Leader”, dice: “Io non sono qui per fare l’avvocato della Merkel: non è il mio lavoro.  E quindi penso che sì, che abbia commesso un errore grave, e che lo abbia commesso nel 2010, quando dopo l’incidente di Fukushima, decise di dismettere il nucleare tedesco. Questo ha dato una forza contrattuale enorme alla Russia, di fatto diventata monopolista dell’energia in Germania e, per conseguenza, in Europa. E’ un errore di cui comprendo le ragioni politiche ed elettorali (basti vedere come sono cresciuti i Verdi, proprio cavalcando questo tema), ma di cui comunque non mi capacito. Sia perché si è trattato di una decisione dalle enormi conseguenze politiche, sia perché a commetterlo non è stata una politica qualsiasi, ma una laureata in fisica che, dunque, aveva tutti gli strumenti e le conoscenze per tenere la mente fredda e non lasciarsi travolgere dall’emotività sul tema del nucleare. Nonostante questo errore madornale e cruciale, la mia impressione è che, alla fine, il problema dell’eredità di Merkel non si porrà neppure. La storia la assolverà senza esitare, senza ombre. E la ragione per cui lo farà è sui giornali da mesi. Angela Merkel ci ha lasciato in eredità l’Europa. Una cosa che prima di Merkel praticamente non c’era e che che in molti dubitavano ci sarebbe mai più stata senza di lei.  E che invece, pur con i suoi difetti e le sue esitazioni, c’è, eccome, è qui, si vede, si tocca, si sente. L’Europa è l’ eredità di Merkel. E, mi spiace dirlo, questo non lo aveva previsto e immaginato nessuno. Neppure Putin che infatti aveva calcolato che, senza la Merkel, l’Ue si sarebbe mossa alla spicciolata, in modo esitante e balbettante. Ma non è stato così. Anzi: l’Europa ha sorpreso tutti, forse persino se stessa, e si è distinta fin dall’inizio di questa crisi per la sua capacità di dare una risposta organizzata e veloce, almeno dal punto di vista politico, alla scelleratezza dell’invasione. La maggiore (e la migliore) eredità politica di Angela Merkel è un’Europa che non ha più bisogno di una guida, che cammina con le sue gambe e a cui, a questo punto, Angela Merkel non serve più. Beati i paesi che hanno una guida forte; ma ancor più beati quelli a cui una guida forte non serve”.


Guntram Wolff,  economista, direttore del Consiglio tedesco per le relazioni estere Dgap e dal 2013 al 2022 direttore dell’istituto di ricerca europeo Bruegel, dice: “E’ una faccenda complicata: il governo della Merkel è stato così lungo e ha compreso così tante cose, decisioni, crisi, che davvero risulta difficile licenziare il tutto con un sì o con un no, con un promossa o bocciata. Se devo essere sincero credo che la sua leadership sia stata un po’ sopravvalutata: se è vero che ha guidato per molti anni la Germania e l’Europa, è altrettanto vero che i risultati del suo lavoro non sono stati impeccabili. Anzi. Poche settimane dopo la sua uscita di scena l’equilibrio che lei aveva creato è crollato, a dimostrare che forse tanto solido non era. E’ evidente che sia stata lei a creare le condizioni per cui la Germania e l’ Europa fossero completamente dipendenti dal gas russo. Già questa cosa in sé sarebbe un problema e un errore. Ma è resa peggiore dal fatto che sembra che a nessuno sia venuto in mente che Putin potesse fare quello che ha fatto o che il suo governo autoritario potesse, prima o poi, diventare un problema. Putin governa dal 2000. I segni del suo autoritarismo sono evidenti almeno dal 2008. Possibile che nessuno avesse pensato che potesse succedere una cosa del genere? Possibile che nessuno avesse pensato che essere dipendenti da un individuo simile potesse diventare un problema? Questo secondo me è stato un enorme errore della Merkel. Ma se devo essere sincero, non credo sia stato il peggiore. Le falle peggiori della leadership di Merkel sono state alla guida della Germania. Non credo che la storia sarà altrettanto clemente con lei sui questo. Ha trovato l’apparato militare tedesco in uno stato disastroso e così lo ha lasciato, tanto che a oggi non solo la Germania non è in grado di dare alcun aiuto concreto all’Ucraina ma avrebbe serie difficoltà a difendere i suoi stessi confini. Lo stesso vale per la digitalizzazione, incredibilmente indietro, o per lo stato delle ferrovie che, a essere generosi, potremmo definire disastroso. Credo che nel suo ruolo di leader europeo e mondiale, Merkel abbia trascurato faccende più spicciole, ma cruciali per i tedeschi che la hanno eletta”.
 

Sudha David-Wilp, vicedirettore dell’ufficio di Berlino del German Marshall Fund, dice: “Ci sono molte ragioni per cui Angela Merkel finirà dritta sui libri di storia e sono tutte importanti. Ma mi chiedo se i libri di storia ricorderanno di menzionare il fatto che, alla fine dei conti, ha lasciato il suo paese in una condizione di difficoltà. Certo, non eravamo in difficoltà prima, fino a quando lei era cancelliera. Ma lo siamo oggi. In pratica il suo equilibrio ha retto solo finché ha retto lei. Poi non ha retto più. I fatti dimostrano che la Germania della Merkel funzionava finché tutto andava relativamente bene. Ma quando sono scoppiate la guerra e la crisi dell’energia, tutto è crollato. Il paese è lento, impacciato, confuso. In un certo senso possiamo dire che la Merkel non ci ha preparati. Nonostante questo non credo sia del tutto corretta la lettura per cui lei sia stata più un leader europeo che tedesco: è vero che ha dedicato gran parte della sua attività e del suo carisma all’Europa ma lo ha fatto comunque in un’ottica tedesca. Nel suo agire, pur da leader europeo, ha agito sempre a tutela degli interessi tedeschi, pur nella consapevolezza che la Germania poteva essere forte solo all’interno di un’Europa forte. Il che, per altro, è una cosa sensata e giusta, dal momento che sono stati i tedeschi e non gli europei a eleggerla. E’ nell’ottica di una tutela degli interessi tedeschi che occorre leggere la sua gestione della crisi dell’euro; è nell’ottica di una tutela degli interessi tedeschi che occorre leggere la sua gestione della crisi dei migranti; ed è sempre nell’ottica di una tutela degli interessi tedeschi che ha ignorato gli allarmi su Putin in arrivo dai paesi dell’Europa orientale ed è andata dritta per la sua strada su Nord Stream. Detto questo, non credo che sia giusto attribuire a lei la colpa completa del disastro di questi mesi. E’ una specie di pensiero magico credere che da una leader sola, buona o cattiva che sia, dipenda l’equilibrio dell’intero assetto mondiale. La situazione attuale è frutto di molti errori. E pensare che sia stata solo Angela Merkel a farli  mi sembra una scorciatoia un po’ pigra”.
 

Joyce Mushaben, docente di Politica europea e Migrazioni all’Università di Georgetown e autrice della biografia di Angela Merkel “Becoming Madame Chancellor”, dice: “Dire che la colpa del caos di questi mesi è responsabilità di Angela Merkel è una cosa che semplicemente non ha senso. Non solo perché lei è cresciuta a pane e Ostpolitik, cioè nella convinzione che un dialogo con Mosca andasse perseguito sempre e comunque e dunque così ha agito, ma anche perché addossare a lei la colpa di questo disastro  è profondamente miope, ingiusto e pure un po’ maschilista. Fin dai tempi della crisi in Crimea, l’intera comunità internazionale, a partire da Barack Obama, le ha lanciato addosso l’intera gestione della faccenda Putin. Era come se tutti i leader del mondo pensassero: ‘Ehi, tu parli russo, chi meglio di te?’. In parte questo atteggiamento è comprensibile, anche perché la Merkel è stata una delle poche cui Putin abbia mai mostrato rispetto e considerazione. Ma da un altro punto di vista si è trattato di una scelta ingiustificabile. Così come ingiustificabile è ora l’addossare a Merkel la colpa della guerra. Quello che sta succedendo in questi mesi è lo spettacolo di arte varia di chi, dopo non aver mosso un dito per anni per arginare Putin, ora dice all’unica che ha provato a fare qualcosa: ‘Ehi, non hai fatto abbastanza’. Il fatto è che Angela Merkel è stata l’unica che si sia mai presa la briga di avere a che fare con Putin, di trattare con lui, di dargli dei limiti. Gli altri non hanno fatto niente, per decenni. E Putin ne era ed è perfettamente consapevole. Sa che lì fuori non c’è nessuno in grado di tenergli testa. Il problema dunque non è che Merkel sia andata in pensione. Ma che nessuno abbia (o abbia lavorato per avere) il suo carisma e la sua autorevolezza.

  

E c’è di più: il modo in cui i leader del mondo si sono comportati verso Putin, all’insegna di un non scritto ‘Tanto ci pensa Angie’ è lo stesso in cui, se guardiamo bene, spesso si sono mossi gli elettori in tutto il mondo. Per anni abbiamo visto autocrazie e governi populisti sbucare come funghi, in tutto il mondo, come se le persone pensassero di poter votare per il primo imbecille violento avido che passava per strada, tanto poi ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe pensato a tenere le cose insieme e questo qualcuno era sempre Angela Merkel. Ora che Merkel è fuori dai giochi (e credo lo rimarrà, non credo esista uno scenario per il quale lei possa tornare ad avere qualche ruolo) ci troviamo da soli a fare i conti con l’inadeguatezza e la nequizia degli altri leader e delle nostre scelte. Così la prima cosa ci viene in mente di fare è dare la colpa a lei che, dopo 16  anni, ha avuto l’ardire di ritirarsi. Ma il problema vero non è che lei ha smesso di reggere la baracca, è che tutti gli altri (per lo più uomini, tra l’altro) non sono in grado di farlo altrettanto bene”.

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