Robert Habeck, Olaf Scholz e hristian Lindner (Ansa)

contraddizioni

La crisi energetica apre lo scontro nel governo tedesco sul nucleare

Giovanni Boggero

Il ministro delle Finanze Lindner, liberale, propone un ritorno all’atomo come soluzione provvisoria, mentre il responsabile per l’Economia Habeck, dei verdi, continua a prendere tempo. Temporaneamente sopito, lo scontro si è riacceso, complice l’appuntamento elettorale in Bassa Sassonia di domenica prossima
 

La crisi energetica ha fatto esplodere le contraddizioni all’interno del governo federale tedesco. Il gabinetto di Olaf Scholz, sostenuto da una maggioranza composta da socialdemocratici, verdi e liberali, è in carica da nemmeno un anno ma è già stato sottoposto a numerose scosse telluriche, specie da quando la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio. Particolarmente evidente è il braccio di ferro a distanza tra due dei principali esponenti dell’esecutivo, titolari di dicasteri complementari, ma da sempre separati: il ministero delle Finanze, guidato dal liberale Christian Lindner, e il ministero per l’Economia e la protezione del clima, diretto dal vicecancelliere ecologista Robert Habeck

 

La crisi energetica in corso ha richiesto l’adozione di decisioni impopolari, non necessariamente in linea con le promesse fatte agli elettori nel corso di una campagna elettorale ancora priva di scenari bellici. Lindner, da sempre convinto nuclearista, propone un ritorno all’atomo come soluzione provvisoria in un’epoca di straordinaria difficoltà di approvvigionamento. Habeck, forte anche del sostegno della collega ministra dell’Ambiente, Steffi Lemke, ha costantemente differito nel tempo una scelta sul punto, ritrovandosi, però, costretto a smentire mese dopo mese le posizioni precedentemente assunte. In particolare, la decisione di ricollegare alla rete due dei tre reattori nucleari destinati allo spegnimento entro fine anno è arrivata soltanto a settembre, dopo che per mesi Habeck aveva ostinatamente resistito alle pressioni di Lindner e dei liberali, oltreché dell’opposizione cristianodemocratica e cristianosociale (Cdu/Csu). 

 

Temporaneamente sopito, lo scontro si è riacceso, complice anche l’appuntamento elettorale in Bassa Sassonia di domenica prossima. In occasione dell’approvazione del cd. Abwehrschirm, l’ombrello di protezione contro l’aumento dei prezzi dell’energia varato qualche giorno fa dal governo federale, Habeck e Lindner avevano avuto da ridire sul tema della Gasumlage, il balzello che avrebbe dovuto essere introdotto dal 1° ottobre nella bolletta del gas dei clienti privati e commerciali per sussidiare l’importazione di gas. Prima di decidere di sostituirla con un aiuto diretto ai gestori, Habeck aveva cercato di tergiversare per evitarne l’introduzione, chiedendo a Lindner che il suo ministero si preoccupasse di verificarne la costituzionalità con un parere giuridico. Stizzita la risposta a distanza di Lindner, secondo il quale l’introduzione non sollevava dubbi di carattere giuridico-costituzionale come del resto già osservato in precedenza dal gabinetto federale. In un tweet dell’altro ieri, il ministro delle Finanze è tornato alla carica: “Le persone si aspettano che in questo momento si faccia di tutto per aumentare le capacità di produzione di energia e per abbassare i prezzi. Per tutta la durata della crisi bisognerebbe quindi non soltanto lasciare collegati alla rete i restanti tre reattori, ma occorrerebbe ricollegarne almeno altri due. In questo modo – ha concluso Lindner – avremmo cinque impianti, rispettosi del clima, che possono dare un grande contributo alla riduzione dei prezzi”. 

 

Il tentativo di alzare la posta e mettere alle strette Habeck è evidente. A metà ottobre a Bonn si terrà il congresso federale dei Verdi e il ministro per l’Economia sta tentando in tutti i modi di fissare una linea rossa oltre la quale non è disposto ad andare. In quella sede dovrà, infatti, già difendere la parziale retromarcia sull’atomo e il difficile compromesso sul carbone. Qualche giorno fa, infatti, è stato ufficializzato che la Germania anticiperà la chiusura degli impianti a carbone del gestore Rwe dal 2038 al 2030. Allo stesso tempo, tuttavia, Habeck ha dovuto accettare che due di queste centrali, simbolo dell’inquinamento da fonti fossili nella regione industriale del Nordreno-Vestfalia, continuino la propria attività fino al 2024 anziché fino al dicembre di quest’anno, come originariamente previsto. La battaglia con Lindner è destinata a continuare. 
 

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