Elisabetta II, la regina del mistero

Paola Peduzzi

Da troppi anni ci siamo abituati a fare riferimento alla regina per decifrare un paese che si è più volte trasformato e spesso deformato. È stata lei che ci ha permesso di capire gli inglesi

Milano. Tre giorni fa la regina Elisabetta ha sorriso a Liz Truss, dandole l’incarico di primo ministro della Gran Bretagna – il quindicesimo premier che è andato da lei a prendere mandato e consigli, in  settant’anni di regno. Per la prima volta questa liturgia si è svolta nella residenza scozzese di Balmoral e non a Londra, perché le condizioni di salute di Elisabetta, che ha 96 anni, non le consentivano di viaggiare. E’ stato un sollievo il suo sorriso, così come la borsetta d’ordinanza seppure appaiata al bastone, perché la regina era in piedi, il camino era acceso, il Regno poteva, può, continuare sulla sua accidentata strada. E’ stato uno choc ieri il comunicato fintamente rassicurante di Buckingham Palace che diceva che i medici tenevano sotto stretta osservazione la regina, ma che lei comunque era stabile. E’ bizzarro sorprendersi se una signora ultranovantenne è in fin di vita e poi quietamente muore, ma da troppi anni ci siamo abituati a fare riferimento a Elisabetta per decifrare un paese che si è più volte trasformato e spesso deformato: se viene a mancare lei rischiamo che ogni cosa, da quelle parti, ci risulti irriconoscibile. 

 

In questa stagione dell’incertezza – che a pensarci bene ha preso il via proprio al di là della Manica, come tantissime delle tendenze che poi abbiamo fatto nostre – la regina Elisabetta è stata una sicurezza, la nostra sicurezza. Ci siamo dimenticati la freddezza riservata a Diana, da viva e da morta, abbiamo lasciato alle spalle il Novecento e la sua regina dal cuore di pietra, e ci siamo goduti la leggerezza ferma e  imperscrutabile con cui lei ha attraversato questo secolo. E’ cambiata lei o noi? Noi di certo abbiamo cercato di levarle la sua imperscrutabilità, rappresentandola sugli schermi in tutti i modi possibili per questo desiderio di prossimità che domina il nostro sguardo, e che a una regina invece per fortuna non si può applicare del tutto. 

 

Tina Brown scrive in “The Palace Papers”, il suo ultimo libro sulla Casa reale inglese, che “nessuno avrà la sua storia e nessuno avrà il suo mistero”, ed è questo il segreto dell’amore riservato a Elisabetta. Il resto della famiglia, anche la parte destinata alla successione, metteva in mostra vizi e virtù (vizi da galera anche, se si pensa al principe Andrea), e la regina restava misteriosa, e per questo al tempo stesso inarrivabile e credibile. Quando ha detto, nel pieno della pandemia, “ci incontreremo ancora”, abbiamo superato la guerra supereremo anche questa e resteremo vivi, gli esperimenti del governo inglese sull’immunità di gregge ci sono apparsi d’un tratto meno pericolosi. Perché credevamo a lei, alla regina infinita, ferma, misteriosa e certa. Ecco perché il suo viso rigato dalle lacrime al funerale di Filippo ci ha colpiti, ecco perché la notizia del suo peggioramento ci ha sconvolti, perché Elisabetta è il filtro migliore che sappiamo applicare al mondo inglese, per capirlo, per capirci.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi