Foto Getty  

1926 - 2022

La storia di Lilibet, che non voleva essere regina e divenne il simbolo di un'epoca

Marco Ubezio

È morta la regina Elisabetta II. Aveva compiuto 96 anni lo scorso aprile. Il suo regno è durato 70 anni e 214 giorni 

La sera in cui la governante dei Duchi di York aveva informato Elisabetta e la sorella che il loro papà era diventato sovrano del Regno Unito, la prima reazione era stata della piccola Margaret che, a sei anni appena, pareva già conoscere il verso in cui gira il mondo. La piccola, riferendosi alla possibilità della successiva ascesa al trono della sorella, aveva sentenziato “povera tu”. Per paradosso, il destino della Regina infinita, detentrice di un record di longevità sul trono superato solo dal Re Sole, non era quello di essere Regina. La sua nascita, in un 21 aprile 1926 squassato dallo sciopero dei minatori, era avvenuta lontana dai palazzi del potere, nella quieta casa borghese al 27 di Bruton Street di proprietà dei nonni materni, quei Bowes-Lyon che appartenevano a nobiltà scozzese minore, tutta caccia e campagna.

 

Alla sua nascita, Elizabeth Alexandra Mary Windsor era figlia di Alberto, Duca di York, e della nobildonna scozzese che portava il suo stesso nome quando ancora per il padre non si prefigurava alcun futuro sul trono. Solo la drammatica rinuncia alla corona del fratello Edoardo VIII, che ai doveri reali aveva preferito le delizie erotiche di una divorziata americana, l’aveva proiettato a un ruolo per cui non si sentiva neppure preparato.


 

Non ci fosse stato questo incidente della storia si sarebbe probabilmente compiuto quello che era il sogno della piccola Lilibet, così chiamata in famiglia a causa del nome che lei stessa storpiava da piccolissima: vivere in campagna allevando i cavalli, magari circondata da uno stuolo di cani, secondo la regola aura delle tre C (cani-cavalli-caccia) che da sempre alimenta i sogni della nobiltà inglese.

 

Quando però il destino diversamente aveva voluto, Elisabetta si era fatta trovare pronta. Papà Bertie, salito al trono con il nome di Giorgio VI, già portava nel corpo e nello spirito i segni della pesante educazione paterna e alla fine aveva attraversato la Seconda guerra mondiale consumandosi come le candele che, anche oggi, si usano riciclare a Corte. La morte l’aveva colto nel sonno tra il 5 e il 6 febbraio del 1952, mentre Elisabetta si trovava sopra un albero in Kenya.

 

Discesa dal baobab da Regina, Elisabetta era stata accolta a Londra da quello che sarebbe diventato il primo dei suoi quindici primi ministri, quel Wiston Churchill che la conosceva da quando era bambina, rimanendo da subito ammirato dalla sua pensosa compostezza.

 

All’appuntamento con il trono però Elisabetta non era sola, da quasi cinque anni era al suo fianco il principe azzurro che qualsiasi ragazza del suo tempo avrebbe sognato. Filippo era un lontano cugino dalla famiglia disastrata ma era bello, atletico e carismatico e infatti fin dal loro primo incontro, quando lei aveva solo 13 anni, era scattato per la principessa l’incantesimo del vero amore. Il suo lungo regno, poi, inaugurato con la prima cerimonia di incoronazione trasmessa in mondovisione e persino in technicolor, è stato davvero un caleidoscopio di colori.

 

I primi tempi avevano assunto i colori pastello degli anni ‘50, quando la giovane Regina e il suo bellissimo Unno – così la suocera chiamava Filippo – erano stati gli ambasciatori del rinascimento postbellico del Regno, pur privato dell’Impero, in tutto il mondo, viaggiando per decina di migliaia di chilometri a bordo del panfilo Britannia.


Gli anni Sessanta, invece, iniziati con l’infelice conclusione della favola di Margaret e del Capitano Townsend, erano sembrati ricordare la tipica follia dell’estate inglese, sul genere di quella raccontata da Shakespeare nel Sogno di una notte di mezza estate. Caratterizzati dalle gioie di nuovi arrivi in famiglia, tra cui Andrea che sarebbe diventato il cocco di mamma, ma al tempo stesso segnati dalla decrescita non felice del Regno e dall’esplosione della guerra civile nel Nord Irlanda. Gli anni Settanta erano, invece, stati quelli di argento e ruggine, segnati dai festeggiamenti per i primi 25 anni sul trono ma anche dai gravi lutti, come la perdita dello zio David, l’ex Re Edoardo VII in esilio a Parigi, e la morte per mano dell’IRA di Lord Mountbatten, zio e mentore di Filippo ai cui sapienti intrighi si deve l’incontro che aveva fatto scoccare la scintilla d’amore tra il nipote e la Regina.

  

Con il matrimonio di Carlo con la figlia del Conte Spencer, esponente di altissima nobiltà inglese e caro amico di famiglia – alla faccia della leggenda della novella cenerentola che qualcuno propugna – si era pensato di rinnovare la favola andata in scena tra Lilibet e Filippo ma, come noto, i risultati sarebbero stati decisamente diversi. Anche se, a onor del vero, la responsabilità per aver incoraggiato la disastrata unione non era riconducibile alla Regina, rimasta sempre fedele alla sua visione romantica dell’amore e per questo poco incline ad interferire sulle scelte altrui.

 

La settimana forse più dura della sua vita quella seguita alla morte di Diana, quando la decisione della nonna di proteggere i nipoti orfani dovette soccombere alla scelta della sovrana di raccogliere l’invito del popolo a mostrare il lutto famigliare in mondovisione, con lei che piega il capo davanti al feretro e la scena, ancora più straziante, dei bambini a capo chino nel corteo funebre.

 

Dopo la scomparsa di mamma all’età di 101 anni, gli anni duemila portano una ventata di leggerezza alla corte dei Windsor, prima le celebrazioni del giubileo d’oro del 2002 poi quelle ancora più roboanti di quello di diamante del 2012, dove la Regina infinita finisce addirittura per recitare nei panni della più grande bond girl di sempre, accompagnata da Daniel Craig in un video trasmesso all’apertura delle Olimpiadi londinesi del medesimo anno. Nel mezzo il matrimonio di William, il nipote un po’ noioso e rassicurante che trova nella borghese Kate una solida spalla.

 

Meno felice la scelta dl nipote prediletto Harry, che tanto ricorda nella tempra nonno Filippo, la cui unione con un’attrice americana ambiziosa e molto telegenica genera una sequela di incomprensioni con la Royal Family, forse ingrigendo un po’ gli ultimi anni della vita della Regina. E così la fine del suo tempo è arrivata all’interno di un castello merlato, proprio come le favole esigono.

 

Una favola scritta da noi, perché in un tempo che ha visto triturarsi troppe antiche certezze, gli uomini e le donne di questo tempo sospeso hanno a lungo trovato rifugio nel volto imperscrutabile di una donna che ha accompagnato la nostra vita da quando abbiamo memoria. Guardando il suo volto imperscrutabile, quasi incorrotto dal tempo, ci siamo cullati nell’illusione che il tempo si potesse fermare anche per noi. Per questo, domani, il risveglio da questo sogno non sarà affatto facile.

Di più su questi argomenti: