Ricatto nucleare

L'Aiea stabilisce una missione permanente a Zaporizhzhia. I dubbi degli ucraini

Micol Flammini

Mosca vuole che il territorio occupato diventi russo e il timore ucraino è che la visita dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica porti e a un accordo frettoloso per placare le paure di una nuova Chernobyl

Roma. Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) è tornato dalla centrale nucleare di Enerhodar nella regione di Zaporizhzhia annunciando una missione permanente: sei specialisti sono rimasti a lavorare nell’impianto, due rimarranno in modo permanente, d’ora in poi, ha assicurato Grossi, tutte le informazioni riguardo la sicurezza della centrale verranno dall’Aiea, non dai russi o dagli ucraini. La missione ha il sostegno sia di Kyiv sia di Mosca e  Grossi ha detto  che l’agenzia  non si farà influenzare. Ha presentato un piano a colori sulla sicurezza della centrale, che indica che lo stabilimento è molto danneggiato, ma funzionante. La centrale è in mano russa dai primi giorni di marzo, Mosca ha mantenuto il personale ucraino e ha introdotto gli ingegneri della Rosatom, l’agenzia russa che si occupa di nucleare: secondo Grossi la collaborazione è sofferta ma buona. 

 

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha definito la missione positiva ma ha accusato Mosca di aver trasformato il viaggio in un “infruttuoso tour all’interno dello stabilimento”. A guidare gli scienziati nella centrale sarebbe stato infatti Renat Karchaa, consigliere del capo di Rosatom, che Mosca presenta come un esperto di nucleare e Kyiv come un sociologo senza basi di ingegneria. Karchaa avrebbe condotto gli uomini della missione a caccia delle prove degli attacchi missilistici ucraini. In un video pubblicato dai media russi, Grossi fa notare  a Karchaa, che gli sta mostrando un proiettile finito nel territorio della centrale,  come, a giudicare dalla posizione, sembri arrivare  dai territori occupati e non dalle postazioni ucraine. Karchaa risponde che quando il proiettile si pianta in terra fa una virata di 180 gradi. Una spiegazione senza fondamenti scientifici. Un ucraino dipendente della centrale ha raccontato al giornale Suspilne che gli ispettori si sono mossi parlando soltanto con i russi, i quali hanno mostrato  “mappe dei bombardamenti ucraini”, altri dipendenti hanno riferito che non è stato consentito ovunque l’accesso: Grossi ha smentito. Lo sconforto tra gli ucraini era iniziato da settimane, una fonte sentita dal Foglio e a conoscenza dei fatti nella centrale aveva espresso dubbi sull’utilità di una missione che i russi avrebbero guidato a loro piacimento.  

 

Dei sei reattori dello stabilimento, da settimane ne era rimasto in funzione uno solo. L’agenzia ucraina che si occupa di nucleare, la Energatom, ha detto che un secondo, il numero 5, è di nuovo in funzione. La grande paura di Kyiv è che la centrale smetta di funzionare. Alexander Rodnyansky, economista e consigliere del presidente Zelensky, ha detto al Foglio che l’Ucraina “ha paura per la sicurezza energetica. Se la centrale viene disconnessa dalla rete elettrica ucraina sarebbe pericoloso e per Kyiv vorrebbe dire avere una parte del paese senza energia. L’Ucraina non è  ricca e parte dei nostri guadagni viene proprio dalle forniture energetiche”. Il piano della Russia potrebbe essere quello di disconnettere la centrale per poi collegarla alla rete elettrica russa e costringere Kyiv a pagare le forniture a Mosca. Sarebbe una russificazione delle forniture, un’occupazione energetica oltre che militare  mentre si va verso l’inverno. Il progetto di disconnettere la centrale potrebbe essere complesso oltre che pericoloso, e Rosatom starebbe mantenendo all’interno gli ingegneri ucraini proprio perché non ha il personale necessario e formato per far funzionare la centrale.

 

Rodnyansky afferma con sicurezza che l’Ucraina è in grado di sostenere una guerra lunga, un conflitto che si può protrarre attraverso l’inverno, ma ha bisogno dei suoi alleati, soprattutto ora che il presidente russo, Vladimir Putin, è pronto a usare il nucleare civile come arma: non era mai accaduto che un esercito si asserragliasse in uno stabilimento nucleare. La minaccia putiniana sembra voler portare la comunità internazionale verso un accordo, non definitivo, ma che risolva il contenzioso a Zaporizhzhia. “Sostenere la volontà della Russia – dice Rodnyansky – vorrebbe dire congelare il conflitto e non certo farsi più vicini alla pace. Per gli ucraini sarà anche il segnale che i partner non sono più dalla loro parte”. Secondo l’economista gli occidentali stanno sostenendo Kyiv senza indugi – la Russia ha definito gli Stati Uniti parte del conflitto e li ha minacciati se supereranno l’ultima linea “sottilissima” – nella sua ricetta per sanzioni più dure  cita il riconoscimento della Russia come stato sponsor del terrorismo e l’ampliamento delle sanzioni contro l’élite: “Al momento sono sanzionate circa mille persone dell’élite, si dovrebbe portare il numero almeno a  diecimila”. Zaporizhzhia è una delle oblast in cui Mosca starebbe pianificando un referendum di annessione, vuole che il territorio occupato diventi russo e il timore ucraino è che la visita dell’Aiea porti e a un accordo frettoloso per placare le paure di una nuova Chernobyl. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.