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La nuova mappa

La guerra di Putin ha cambiato il potere nell'Unione europea

David Carretta

Il nord-est europeo trascina i franco-tedeschi: lo dimostra la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti russi. Dall'inizio della guerra, la politica dell’Ue sulla Russia viene elaborata più a Varsavia, Tallin e Helsinki che a Berlino e Parigi

Bruxelles. La decisione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea martedì di sospendere l’accordo di facilitazione dei visti con la Russia costituisce una vittoria per il gruppo di paesi dell’est e del nord che aveva proposto di chiudere le porte ai turisti russi. Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Finlandia e Repubblica ceca avrebbero voluto vietare tutti i visti turistici, ma si sono scontrati con l’opposizione, oltre che dei soliti sospetti filorussi (Ungheria, Grecia e Cipro), anche di Germania e Francia. Tuttavia il duo franco-tedesco ha dovuto fare importanti concessioni e accettare un’intesa che, nei fatti, si avvicina a un divieto. In futuro in Russia sarà molto più complicato, lungo e costoso ottenere un visto per entrare nell’Ue. Inoltre Estonia, Lituania, Lettonia e Finlandia potranno vietare l'ingresso ai russi anche se in possesso di regolare visto Schengen rilasciato da un altro stato membro, sulla base di ragioni di sicurezza nazionale.


 Al di là degli effetti pratici, la decisione sui visti conferma lo spostamento verso nordest del baricentro negli equilibri di potere interni all’Ue. Russia, Germania e Francia sono sulla difensiva, costretti a rinnegare le loro scelte politiche storiche e recenti, a inseguire la leadership di capi di stato e di governo del nord e dell’est, a scendere a compromessi un tempo inimmaginabili con paesi di piccole o medie dimensioni. 

Dal 24 febbraio la politica dell’Ue sulla Russia viene elaborata più a Varsavia, Tallin e Helsinki che a Berlino e Parigi. Quel giorno, quando i soldati russi hanno varcato i confini dell’Ucraina, la storia ha dato ragione ai paesi dell’est che da anni lanciavano inascoltati avvertimenti sulla pericolosità di Vladimir Putin. La Russia è sempre stata un tema delicato nei vertici dei leader o nelle riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue. Nel giugno del 2021, i leader dell’est e del nord erano riusciti a bloccare la proposta di Angela Merkel, sostenuta da Emmanuel Macron, di tenere un summit con Putin. Ma la linea dell’Ue era quella dettata dall'allora cancelliera tedesca e dal presidente francese: sanzioni limitate per l’annessione della Crimea, dialogo con Mosca sui temi di interesse reciproco, sviluppo di legami energetici e commerciali. Fino a metà febbraio, basandosi sulle valutazioni di Berlino e Parigi, l’Ue considerava improbabile l’invasione dell’Ucraina, ritenendo che l’allarme americano per l’ammassamento di 150 mila soldati russi fosse esagerato.

La guerra ha smentito il paradigma franco-tedesco sulla Russia. Dalle sanzioni alle forniture di armi all’Ucraina, l'iniziativa è passata ai paesi del nord e dell'est. La voce dei premier di Estonia e Lettonia, Kaja Kallas e Krišjanis Karinš, è stata ascoltata dentro e fuori il Consiglio europeo. Il polacco Mateusz Morawiecki ha ritrovato una rispettabilità, nonostante il maltrattamento dello stato di diritto. La finlandese Sanna Marin, la svedese Magdalena Andersson e la danese Mette Frederiksen hanno dimostrato di saper essere più muscolari e coraggiose con Putin di molti loro colleghi (maschi) dell’Europa del sud. Lo status di paese candidato a Ucraina e Moldavia (e in futuro alla Georgia), osteggiato da Germania e Francia fino a giugno, ha dimostrato più di ogni altra decisione quanto l’est e il nord siano diventati influenti nell’Ue.

 

 Ieri Macron è tornato a dire che si deve “parlare” con la Russia per “evitare l’escalation e preparare la pace”. Ma il presidente francese ha definitivamente riconosciuto che sarà l’Ucraina a decidere come e quando sedersi al tavolo negoziale: “Non tocca alla Francia, agli europei o a chiunque altro scegliere per l’Ucraina la pace che vorrà, né il momento di negoziarla”. In un “non paper” inviato alle altre capitali prima della riunione dei ministri degli Esteri di martedì, Germania e Francia hanno detto di voler “sostenere l’Ucraina finché necessario” e “isolare la Russia a livello internazionale”. Berlino e Parigi denunciano “l’ideologia espansionista del Russkiy mir (mondo russo)” che “minaccia la pace e la stabilità ben oltre l’Ucraina”.

Secondo il tandem franco-tedesco, “per scoraggiare future aggressioni, la guerra della Russia contro l’Ucraina deve trasformarsi in un fallimento strategico che definiamo in senso ampio (incluso il disaccoppiamento energetico)”. Germania e Francia promettono  “ulteriori sanzioni economiche e finanziarie”. I due riconoscono che c’è “un costo” e che “probabilmente crescerà”, ma è necessario “contenere l’influenza maligna russa in Europa e oltre”. Il “non paper” mostra in modo inequivocabile che sulla Russia il nord-est ha contagiato non solo Bruxelles, ma anche Berlino e Parigi.