Ucraina la buio

Mosca non cede sulla centrale nucleare e minaccia la rete elettrica di Kyiv

Micol Flammini

I russi a Zaporizhzhia portano avanti un ricatto doppio: uno solo agli ucraini, pianificando di lasciare senza luce parte del paese; l'altro al mondo per convincere l'Onu a visitare il sito con la minaccia di un disastro imminente e ottenere il riconoscimento dell'occupazione. Putin parla con Macron

Giovedì sera l’intelligence ucraina era venuta a conoscenza di una notizia importante e sospetta: ai funzionari di Rosatom, la compagnia russa che gestisce l’energia nucleare, presenti sul territorio della centrale di Enerhodar nella regione di Zaporizhzhia, era stato ordinato di non andare a lavoro il giorno dopo e di allontanarsi dall’area. Da settimane russi e ucraini si accusano a vicenda di bombardare la centrale, e il timore di Kyiv è che la Russia stia organizzando  una provocazione  per scaricare la colpa dei bombardamenti sull’esercito ucraino. La centrale  è stata occupata dai russi a inizio marzo, Mosca ha spostato al suo interno armi e mezzi militari  e  vi ha trasferito i funzionari di Rosatom. La maggior parte degli esperti tende a escludere che ci sia il rischio di una nuova Chernobyl, ma sia i russi sia gli ucraini stanno lanciando avvertimenti  alla comunità internazionale. Ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha parlato al telefono con Vladimir Putin che “ha sottolineato”, secondo il resoconto del Cremlino, che “il bombardamento sistematico del territorio della centrale nucleare da parte dell’esercito ucraino ha creato il pericolo di una catastrofe su larga scala che potrebbe portare alla contaminazione da radiazioni di diversi territori”. 

 

Mosca si è accorta che l’argomento della centrale in ostaggio desta molta attenzione da parte della comunità internazionale, continua ad aumentare il livello di allarmismo e il fatto che Putin abbia rilasciato la sua prima dichiarazione pubblica sul tema indica che è pronto ad alzarlo ancora di più. Giovedì il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha incontrato a Leopoli il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, e il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. I tre hanno parlato del destino della centrale e il presidente Erdogan, che è tra i pochi leader internazionali a parlare sia con Kyiv sia con Mosca, ha detto di essere fiducioso sul fatto che russi e ucraini raggiungeranno un accordo. Il viaggio di Erdogan, la chiamata di Macron e la dichiarazione di Putin indicano che la diplomazia si sta muovendo, ma come con l’accordo per sbloccare i porti ucraini le trattative potrebbero durare molto. La Russia, che si dice allarmata, chiede l’ispezione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ieri lo ha ribadito anche Putin, e non è un favore alla sicurezza internazionale: l’intervento dell’Aiea legittimerebbe l’occupazione della centrale. Gli ucraini sono d’accordo con l’ispezione, ma a patto che gli ispettori entrino quando i russi si saranno ritirati dalla struttura: per la centrale valgono le stesse condizioni che Kyiv ha posto per la guerra, sono d’accordo con le trattative ma dovranno iniziare quando i soldati si saranno ritirati dai territori occupati. Anche l’Onu ha chiesto di smilitarizzare l’impianto, ma Mosca ha respinto la proposta. 
Il rischio più immediato dell’occupazione russa della centrale non è tanto una catastrofe nucleare, come suggerisce la maggior parte degli esperti considerando le caratteristiche della struttura, quanto il tentativo di Mosca di danneggiare le linee di trasmissione elettrica e interrompere il collegamento con il sud dell’Ucraina, che dipende da Zaporizhzhia.

Secondo Energoatom, la compagnia ucraina che si occupa di nucleare, gli attacchi dei russi contro la centrale sono mirati, non puntano a distruggere il sito ma a danneggiarlo, colpendo proprio le linee di trasmissione: finora ne sono state danneggiate almeno tre. Mykhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri di Zelensky, ha scritto su Twitter che “l’obiettivo russo è disconnetterci dalla centrale e incolpare l’esercito ucraino”. Da quando le forze russe hanno sequestrato la centrale, alcuni dipendenti ucraini hanno riferito ai giornali internazionali di aver sentito i funzionari di Rosatom discutere della possibilità di reindirizzare l’elettricità verso i territori russi o occupati dalla Russia. Il vice primo ministro russo, Marat Khusnullin, ha detto apertamente che Mosca si vorrebbe impegnare a integrare Zaporizhzhia con il suo sistema energetico costringendo l’Ucraina a pagare l’elettricità al Cremlino. Integrare la centrale con la corrente russa è un lavoro che richiederebbe tempo e personale, ma Mosca potrebbe più facilmente tagliare Kyiv dall’approvvigionamento creando un ulteriore elemento di destabilizzazione nel mercato energetico europeo rendendo l’Ucraina dipendente dall’Unione europea: la centrale ha una potenza di 6,7 gigawatt e forniva elettricità a circa un quinto del  paese. Mosca sta portando avanti un doppio ricatto: uno internazionale alzando l’allarme sul pericolo di un disastro nucleare per costringere l’Onu a effettuare le sue ispezioni e ottenere di fatto il riconoscimento del status quo oppure un accordo vantaggioso, e una rapina elettrica nei confronti dell’Ucraina, minacciando Kyiv di perdere parte della sua rete e costringendola, in un futuro, a pagare Mosca per riaverla indietro. 

 

Anche se, come racconta il giornale online Meduza, Mosca starebbe posticipando i suoi piani di effettuare un referendum per annettere le zone occupate, a Zaporizhzhia sta già procedendo a un’annessione elettrica che muove rivendicazioni anche storiche. Durante l’Unione sovietica era Kyiv il centro elettrico più importante del blocco. Con la caduta dell’Urss i collegamenti sono stati mantenuti, dal 2014, anno dell’annessione illegittima della Crimea da parte di Mosca, l’Ucraina ha invece iniziato a staccarsi dalla rete russa per collegarsi con quella europea. Il 24 febbraio, quando è iniziata l’invasione, gli ingegneri ucraini stavano conducendo un test per vedere come sarebbe andata se fosse stata completamente disconnessa. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.