Una donna ucraina all'interno della sua casa, distrutta dai bombardamenti russi a Kharkiv, in Ucraina (Getty Images) 

Il reportage dall'Ucraina

I piani di Mosca per la centrale di Zaporizhzhia

Pietro Guastamacchia

Davanti alla centrale nucleare occupata dai russi c’è chi dice: “Lì è arrivato il Russkij Mir”.  Le immagini satellitari sono chiare: dentro al territorio della centrale, a fianco degli edifici che ospitano i reattori, si vede la sagoma dei mezzi blindati

Nikopol. “I russi hanno minato la centrale nucleare e sono pronti a farla saltare per aria”, la notizia rimbalza su ogni telefono nel distretto di Zaporizhzhia e incupisce i pensieri di chi vive troppo vicino ai giganteschi cubi che ospitano i sei reattori per pensare di potersi mettere in salvo se dovesse accadere qualcosa. Poco importa che nessuno trovi a chi sia attribuibile realmente la frase, da Nikopol le torri di raffreddamento sono visibili praticamente da ogni balcone e da giorni si sentono esplosioni seguite da colonne di fumo: gli abitanti della città sanno bene che una catastrofe è potenzialmente a un passo dalle loro vite. Dei centomila abitanti in città ne sono rimasti meno di 30.000, il grosso è al riparo nell’ovest dell’Ucraina o in Europa.

 

Il segretario del consiglio comunale Ivan Bazelyuk, che tiene il registro delle partenze, conosce bene lo stato d’animo di chi se ne va: “Sapere che il nemico è così vicino è una cosa che consuma i nervi, a volte sembra quasi di vederli muovere sull’altra sponda. La centrale poi rischia di gettare tutti nel panico, a qualcuno cedono i nervi e decide di andarsene a ovest”. A rimanere però sono in molti come la determinata portavoce dell’amministrazione della città, Natalia Borisovna, che agitando le mani verso il fiume spiega: “Lì ormai è tutto occupato dai russi, è arrivato il Russkij Mir come lo chiamano quelle bestie. Non abbiamo più contatti con chi vive di là, le uniche informazioni ce le danno i nostri partigiani che oltre il  fiume, in clandestinità, resistono ai russi”. 

 

Nella notte tra sabato e domenica oltre quaranta razzi hanno colpito i villaggi che si affacciano sulla costa tra Nikopol e Marhanets, distruggendo diverse abitazioni e ferendo sei civili rimasti intrappolati sotto i tetti sfondati delle loro abitazioni, “sappiamo che i colpi vengono sparati da posizioni dall’altro lato del fiume, di notte vediamo le scie partire da vicino alla centrale, non so se vengano da lì dentro o no ma poco cambia”, continua la donna mentre ispeziona l’abitazione di una pensionata a cui le schegge di un missile hanno sfondato la finestra e crivellato il frigo e che mentre le autorità si appuntano l’entità dei danni analizza una rapa estraendo pallini di ferro con un coltello come fosse cacciagione.

  

Le immagini satellitari non lasciano spazio a dubbi: dentro al territorio della centrale, a fianco degli edifici che ospitano i reattori si vede la sagoma dei mezzi blindati. Secondo Petro Kotin, direttore di Energoatom, la società che controlla la centrale, ci sarebbero “oltre 500 soldati russi nell’impianto”. L’allarme si è fatto più serio quando sabato dalla centrale si sono sentite delle esplosioni e alcune foto non verificate, mandate dagli impiegati della centrale, mostravano danni a uno degli edifici ausiliari. “

 

Colpa del fuoco di risposta dell’artiglieria di Kyiv” accusano da Mosca, informazioni smentite immediatamente dal presidente Zelensky “gli occupanti hanno colpito due volte la centrale nucleare di Zaporizhzhia: un crimine spudorato, un atto di terrore”. Più preciso ancora il sindaco di Energograd, la città creata per i dipendenti dell’impianto: “Con l’obiettivo di screditare le Forze armate ucraine e far pressione sulla comunità internazionale, l’esercito russo sta bombardando strutture industriali situate vicino ai reattori, gli occupanti hanno sparato colpi di mortaio nell’area dei bacini idrici di raffreddamento”. 

 

Un gioco pericoloso e infatti quello che la centrale irradia da giorni è proprio terrore, per fortuna soltanto quello perché le radiazioni sembrano ancora sotto controllo stando al centro regionale di controllo sanitario dell’oblast di Zaporizhzhia. Le onde di terrore superano i confini ucraini e arrivano a colpire Bruxelles e Washington e portano un messaggio molto chiaro: Mosca non arretra davanti alle forniture di artiglieria a lungo raggio, ed è pronta ad alzare la posta in gioco. Messaggio ribadito lunedì mattina con l’annuncio del Cremlino della sospensione delle regolari ispezioni all’arsenale nucleare previste dal trattato New Start in vigore tra Russia e Stati Uniti dal 2011 con l’obiettivo di monitorare i reciproci armamenti nucleari. Ieri è esploso un deposito di benzina interno a un aeroporto militare russo nella penisola di Crimea a oltre 200 chilometri dalla prima posizione ucraina, opera di sabotatori secondo le prime fonti ma a Mosca c’è già chi se la prende con le moderne armi Nato appena arrivate. L’esplosione è stata festeggiata da Kyiv: sarebbero stati distrutti circa 40 aerei russi.    

Creare un problema e poi vendere a caro prezzo la soluzione è una vecchia tattica che a Mosca conoscono molto bene. La sicurezza della centrale di Zaporizhzhia infatti può diventare un elemento importante da portare al tavolo di un’eventuale trattativa. In tempi di crisi energetica inoltre il controllo della centrale nucleare più grande d’Europa fa anche gola, e infatti dall’occupata Melitopol arriva la notizia che i russi hanno preso il controllo della società elettrica locale Zaporizhzhyaoblenergo terminandone le attività e hanno creato una società elettrica non registrata dal nome Tavria-Energo iniziando a riscuotere le bollette dai residenti. La reazione del sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov, che tiene i contatti con la sua città dal territorio non occupato da Mosca, è stata immediata: “Non pagate le bollette emesse dall’impresa degli invasori. L’elettricità arriva dalle nostre centrali, vi stanno rubando i soldi”, spiega Fedorov secondo cui i truffatori hanno rubato oltre 50 milioni di grivnie solo questo mese, sfruttando il mostro che oltre al terrore genera anche quattrini.

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