Bilal Karimi, a destra, foto di LaPresse 

Kabul, un anno dopo

Con gli americani abbiamo cacciato anche le loro idee, ci dice il portavoce talebano

Federico Lodoli e Gabriele Tribbioli

Festeggiano il primo anniversario della presa di Kabul che “segna la fine del terrore e dell’occupazione degli Stati Uniti. L’inizio di un grande cambiamento”, dice al Foglio Bilal Karimi. Ma le ragazze con più di 12 anni non vanno a scuola, metà della popolazione soffre la fame e ieri è esplosa una bomba a Kabul

Kabul. “Il 15 agosto è una giornata gloriosa per la nazione afghana. Segna la fine del terrore e dell’occupazione degli Stati Uniti. L’inizio di un grande cambiamento”.  A parlare è Bilal Karimi, vice portavoce dell’Emirato islamico. Passate le celebrazioni, resta la crisi economica in cui versa il paese, con le responsabilità del governo e  dell’occidente, che da un anno ha congelato nove miliardi di dollari della Banca centrale afghana. Anche perché la crisi è da tempo diventata una catastrofe umanitaria con metà della popolazione che soffre la fame.

 

“Sì, l’Afghanistan sta attraversando una crisi economica, ma da almeno dieci anni. L’Emirato sta lavorando per migliorare la situazione. Il problema sono i paesi che hanno congelato i soldi dell’Afghanistan. È diritto del popolo afghano che quei soldi vengano restituiti”, dice al Foglio Karimi. A un anno dalla presa di Kabul, il governo talebano non è ancora stato riconosciuto da nessun paese della comunità internazionale: “Noi riusciremo a camminare con le nostre gambe. Nessun paese può raggiungere i suoi obiettivi con l’aiuto degli stranieri. Non abbiamo bisogno del loro aiuto. Siamo un paese indipendente. Ma vogliamo avere buoni rapporti con il mondo”.

 

Quando gli chiediamo se siano disposti a fare concessioni, ad esempio sui diritti delle donne, Karimi è netto: “È una questione che riguarda gli afghani e deve essere gestita dagli afghani.” Ad ogni domanda sulla condizione femminile, Karimi sbuffa e inizia a muovere i piedi.  “L’Emirato rispetta tutti i cittadini, uomini e donne. I loro diritti sono preservati sotto il sistema sociale previsto dall’islam. In questo momento, in Afghanistan, le donne lavorano in molti ministeri. Ma ci sono alcune persone che vogliono mettere in cattiva luce l’Emirato”.

 

In questo momento, in Afghanistan, il Consiglio religioso ha stabilito che le bambine sopra i 12 anni non possono andare a scuola e le donne non possono allontanarsi oltre 70 chilometri da casa senza il marito o il padre. Se tutto va bene, perché  un gruppo di donne ha protestato il 13 agosto? “Ammetto che la sicurezza non è stata garantita, ma solo perché non hanno chiesto l’autorizzazione alla polizia. La loro manifestazione era illegale”. Un problema di permessi, sufficiente affinché la polizia spari in aria per disperdere le manifestanti. Cosa direbbe se Joe Biden si presentasse qui con l’assegno, chiedendo in cambio la riapertura delle scuole femminili? “Riavere quei soldi è un diritto degli afghani, devono essere restituiti senza condizioni”.

 

Proviamo a capire se la società afghana sia cambiata e se ci sia qualcosa da mantenere del recente passato: “Il cambiamento è nell’universo. Ma i valori spirituali dell’Afghanistan, la sua cultura, la sua essenza, non sono cambiati e non cambieranno mai per l’influenza dell’occidente. Ci sono persone che si sono avvicinate agli invasori e ora parlano male dell’Emirato islamico. Molti di loro sono scappati all’estero. Ma gli afghani non sono le persone che avete visto fuggire sugli aerei”. Eppure c’è una generazione che non aveva mai visto prima i talebani. Ragazzi nati e cresciuti in una società diversa e meno conservatrice.

 

“Negli ultimi vent’anni siamo sempre stati presenti nel paese. Dovete capire cos’è l’Emirato islamico. Tutte le esperienze precedenti, fallite e sbagliate, dovrebbero essere abbandonate. Nel 2001 abbiamo promesso che saremo tornati, che avremo liberato il paese dagli Stati Uniti e lo abbiamo fatto. Quando l’ultimo soldato americano è andato via, sono andate via anche le sue idee”. Gli chiediamo una definizione, chi siano i talebani: “Talebano significa afghano. I figli più puri dell’Afghanistan.” L’equazione è fatta.

 

Eppure, gli afghani sembrano tutt’altro che una cosa sola. “Gli afghani sono un popolo fiero che ha abitato questa terra per migliaia di anni. Ogni invasore che è venuto qui è stato umiliato e cacciato via. Un detto dice: un afghano saggio non è mai lo schiavo di uno straniero”. Karimi liquida la  domanda sulla morte di Ayman al Zawahiri, capo di al Qaida ucciso da un drone americano a Kabul: “C’è un’indagine in corso ma non è stato ritrovato nessun corpo”. La situazione in Afghanistan rimane instabile e complessa, i gruppi terroristici continuano a essere presenti nel paese e soltanto ieri è stata piazzata una bomba in una mosche a Kabul, per al Jazeera ci sarebbero 20 morti. 

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