Una storia di ragazze

I Tory inglesi flirtano con l'idea di un premier donna

Paola Peduzzi

Mordaunt vs Truss: la sfida del momento è tra la sottosegretaria al Commercio nell’esecutivo di Johnson e l'attuale ministro degli Esteri. Ma il favorito è l'ex cancelliere dello Scacchiere

Milano. La leadership del Partito conservatore britannico, e quindi poi la leadership del Regno Unito perché chi vince prenderà il posto di Boris Johnson alla guida del paese, è una corsa a tre: Rishi Sunak, Penny Mordaunt, Liz Truss. Il primo, l’ex cancelliere dello Scacchiere, guida la competizione con la diversity tanto celebrata dai conservatori all’inizio delle votazioni con 101 deputati conservatori a sostenerlo, 13 in più rispetto al primo voto; la seconda, ex ministro della Difesa nel governo di Theresa May e sottosegretaria al Commercio nell’esecutivo di Johnson, ha il sostegno di 83 deputati, 16 in più rispetto al primo voto; la terza, ministro degli Esteri del governo Johnson, è stata votata da 64 parlamentari, 14 in più rispetto al giorno precedente. Sunak sembra quindi destinato ad andare alla finale, il cui vincitore sarà deciso dagli iscritti al Partito conservatore (circa 200 mila persone) il 5 settembre: sembra, perché si muove contro Sunak il cosiddetto movimento johnsoniano, cioè i deputati che hanno sì chiesto a Johnson di dimettersi e lo hanno scalzato da Downing Street, ma ubbidiscono comunque al suo desiderio di vendetta nei confronti di Sunak, colpevole secondo loro di tradimento (se volete sapere chi sono e cosa pensano basta leggere il Daily Mail). Il secondo posto invece è in gioco e naturalmente vale tutto perché chi arriva terzo non conta. Mordaunt vs Truss è la sfida del momento, anche se nemmeno loro naturalmente lasciano intentato alcun colpo contro Sunak.

 

Liz Truss è la più conosciuta delle due e soprattutto lavora alla propria candidatura già da tempo: ci sono state raccolte fondi, cene gioviali che servivano per contarsi e convincersi, incontri informali con lo scopo di costruirsi un sostegno. Tradiva anche Truss, insomma, ma su di lei non è calata la vendetta di Johnson, anzi: molti johnsoniani la sostengono, per contrastare Sunak. Lo faranno anche nelle votazioni previste la prossima settimana? Non è detto, stiamo pur sempre parlando di un partito che si è fatto a pezzi da solo, non c’è grande strategia, le vignette sui giornali inglesi sono piene di denti e di bava alla bocca di animali famelici quando devono rappresentare i Tory. Truss si è guadagnata molta credibilità e visibilità in questi mesi di guerra, ma non è su queste cose che si basano i Tory nella loro scelta, semmai se proprio devono guardare i particolari vanno a vedere quelli sulla Brexit: a quale Truss bisogna credere, a quella del 2016 che era contro l’uscita dall’Ue o a quella di oggi che ha stracciato il Protocollo irlandese siglato con l’Ue? I suoi sostenitori hanno la memoria corta. Poi c’è Penny Mordaunt, la sorpresa di questa contesa, lanciata da un sondaggio che la vede vittoriosa contro Sunak. 

 

La Mordaunt è la meno riconoscibile del trio, ma non è il popolo inglese che deve nominarla, quindi il fatto che sia sconosciuta non conta (non conta nemmeno più che sia bianca e inglese di origini irlandesi, con buona pace dell’orgoglio sventolato dai Tory che, per due giorni, si sono rivenduti come il partito delle minoranze visti i tanti candidati di origini internazionali; è donna, questo sì, ma in un paese che ha sfondato il soffitto di cristallo negli anni Ottanta). Conta che è una “insurgent”, come la chiamano, l’unica che può sparigliare i calcoli di potere dentro al partito. Quarantanove anni, figlia di un paracadutista e di un’insegnante di sostegno morta di tumore al seno quando lei aveva quindici anni, la Mordaunt ha preso dal padre la passione per esercito e difesa ed è riservista della Royal Navy, la marina britannica. Era la presidente dei giovani dei Tory quando il premier era John Major e ha sempre lavorato dentro al partito (partecipò anche alla campagna di rielezione alla Casa Bianca di George Bush, nel 2004) fino a essere eletta deputata nel 2010, l’anno in cui l’ex premier David Cameron decise di rinnovare il partito e i suoi rappresentanti. Ma l’apice della sua carriera l’ha raggiunto con Theresa May che l’ha nominata ministro della Difesa: naturalmente il legame con la May oggi non depone a suo favore tra i johnsoniani ma nemmeno tra i più falchi della Brexit che l’accusano di aver tentato di svendere il paese votando a favore dei piani di divorzio (poi falliti) della May.

 

Curiosamente i sostenitori della Truss, che era una remainer, la attaccano moltissimo sulla Brexit. Ma quel che la rende oggi bersaglio dei tiratori di palazzo è il suo sostegno per i diritti lgbtq e in generale il suo essere liberale sui temi sociali. Dicono che è “woke”, appunto, le chiedono senza sprezzo del ridicolo: che cos’è per lei una donna, lei è una donna? Lei, che tra tutti sembra la più spontanea e la più diretta, risponde: sono una donna e non ho il pisello. Poiché ha partecipato alla trasmissione “Splash!”, una gara di tuffi di gente famosa, pur avendo “l’eleganza e la leggerezza di una piastrella” come ha detto lei stessa, dicono che è frivola e un po’ troppo sensibile allo spettacolo, come Johnson insomma. Lei non commenta, ma pur non avendo una grande esperienza ha già scritto un memoir, che in queste ore viene saccheggiato per tirare fuori aneddoti gustosi sul Mordaunt-pensiero: sul risvolto di copertina Tony Blair dice che è “un libro davvero importante”.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi