Com'è cambiato l'approccio dell'Italia su Russia e Cina. Parla la vicesegretaria di stato Usa

Dopo anni di lontananza non solo geografica, ci sono segnali di un approccio di comunicazione completamente diverso dell'Amministrazione Biden con l'Europa

Giulia Pompili

“Credo che Draghi e l’Italia abbiano aperto gli occhi sulla Cina. Capiscono come lavora in giro per il mondo e c’è un’intesa comune su quello che succede”, dice Wendy Sherman

Secondo la vicesegretaria di stato americana, Wendy Sherman, dopo la sbandata pro-Cina che nel 2019 portò l’Italia a entrare nel progetto strategico della Via della Seta, adesso l’approccio del nostro paese nei confronti di Pechino è più cauto: “Credo che Draghi e l’Italia abbiano aperto gli occhi sulla Cina. Capiscono come lavora in giro per il mondo e c’è un’intesa comune su quello che succede”. E quello che succede è che la Cina è ancora la priorità della politica estera americana, soprattutto in Europa, dove l’aggressività e la coercizione economica di Pechino “hanno posto delle importanti sfide alla sicurezza europea”. L’aggressività bellica di Vladimir Putin e quella più articolata e sottile di Xi Jinping vanno guardate con le stesse lenti, anche perché entrambi i leader autoritari hanno beneficiato dello stesso tradizionale antiamericanismo antisistema di paesi come l’Italia. Ma con l’arrivo del governo Draghi, nei rapporti tra l’Italia e l’America tutto sembra essere cambiato, nonostante la propaganda russo-cinese, da queste parti, funzioni meglio che altrove, nonostante gli Istituti Confucio e le profonde relazioni di collaborazione tecnico-scientifiche con le due autocrazie: “Certo che ci fidiamo del governo italiano”, dice Sherman rispondendo a una domanda del Foglio, “il presidente Biden ha rapporti eccellenti con Draghi, che è appena stato alla Casa Bianca”.


Una settimana fa il segretario di stato americano Anthony Blinken ha pronunciato un importante discorso programmatico sulla Cina e sulle future relazioni sino-americane. Ha detto che “il presidente russo Vladimir Putin rappresenta una minaccia chiara e presente”, ma anche se la guerra in Ucraina continuerà, “rimarremo concentrati sulla più seria sfida a lungo termine all’ordine internazionale, e questa è rappresentata dalla Repubblica popolare cinese. La Cina è l’unico paese che ha come obiettivo quello di rimodellare l’ordine internazionale e ha sempre di più il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”.

 

L’obiettivo delle sedi diplomatiche americane nel mondo è adesso quello di mantenere alta l’attenzione sulla guerra in Russia, certo, ma contemporaneamente anche quella sulla Cina. Anche per questo ieri Wendy Sherman ha partecipato a una tavola rotonda con alcuni giornalisti di testate europee, tra cui il Foglio, e ha risposto alle domande senza moderazione: è il segnale di un approccio di comunicazione completamente diverso dell’Amministrazione Biden con l’Europa, dopo anni di lontananza non solo geografica. 

 

Sherman fa l’esempio della Lituania, che per aver ingaggiato un rapporto privilegiato con Taiwan ha subìto un violento boicottaggio economico da parte di Pechino; e poi quello delle sanzioni imposte dalla Cina contro istituzioni e rappresentanti delle democrazie europee in risposta a dei provvedimenti contro le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. La numero due del Dipartimento di stato parla delle aziende europee boicottate in Cina per motivi politici, dei prestiti agevolati che finiscono per essere una trappola per chi li contrae, e poi la promessa di investimenti mai avvenuti, “come in Montenegro, dove la Cina ha costruito un’autostrada per il nulla” (esiste davvero, nei progetti di otto anni fa avrebbe dovuto collegare la città portuale di Bar al confine nord con la Serbia: non è mai stata completata). “Non stiamo cercando di cambiare il sistema cinese”, dice Sherman. “L’America non vuole un conflitto. Non vuole una nuova Guerra Fredda. E non vuole nemmeno un decoupling, come molti dicono”. E riconosce che “l’America investe in Cina e ci sono molte aziende cinesi che investono in America. Centinaia di ricercatori cinesi lavorano in America. Prima del Covid avevamo molti studenti americani che andavano a studiare in Cina”, spiega. Il problema è che “Xi Jinping è molto ambizioso, e vuole un nuovo ordine mondiale che fa bene solo alla Cina. Noi invece vogliamo costruire  un futuro dove tutti possano avere la possibilità di crescere e prosperare allo stesso modo”. E i messaggi che Pechino sta mandando all’America sono piuttosto chiari: venti giorni prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina,  la dichiarazione tra Putin e Xi di “un’amicizia senza limiti”. E una settimana fa, mentre il presidente Biden era a Tokyo, le esercitazioni aeree congiunte tra Cina e Russia che hanno costeggiato lo spazio aereo giapponese. “Ci sono molte dinamiche che stanno andando avanti in questo periodo storico,  e  dobbiamo avere cura di ognuna di queste. E continuare a costruire la più forte alleanza possibile che condivida valori e prosperità”, conclude Sherman.  

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.