(foto di Ansa)

I 27 divisi

Il RepowerEu per fare a meno del metano russo parte zoppicando

Francesco Dalmazio Casini

Nella bozza che è stata diffusa si parla di "prezzi del gas insostenibilmente alti e inadeguate forniture di gas", ma la Germania si oppone al tetto dei prezzi. L’Ungheria intanto sabota l’embargo al petrolio

Prepararsi a “un’interruzione totale delle forniture di gas russo”. Questo lo scopo del documento RepowerEu che dovrebbe essere approvato dalla Commissione europea nella giornata di domani. Nella bozza trapelata i commissari stilano modalità e prospettive per resistere a un eventuale stop degli idrocarburi di Mosca impegnando risorse per 300 miliardi di euro. Il testo suggersice l’imposizione di misure straordinarie per far fronte a uno stop o a una diminuzione improvvisa dei flussi di gas che potrebbe portare a “prezzi impossibili da sostenere e a un approvvigionamento inadeguato”.

 

Il documento cita a questo punto la possibilità di inserire un tetto al prezzo del metano (price cap), concordato tra i 27. Si tratta di una delle soluzioni più controverse a livello europeo, come precisa anche uno dei commenti (anonimi) allegati alla bozza del documento: “Un effetto negativo molto importante è che l'annuncio di un price cap del gas in tempi di emergenza potrebbe ridurre la quantità che viene immagazzinata negli stoccaggi, un’eventualità che va scongiurata in ogni modo”. Come spiega Euractiv, se i governi annunciassero l’imposizione di un tetto futuro potrebbero esserci problemi con gli stoccaggi. Per chi compra il gas diventerebbe più conveniente posticipare gli acquisti, con il risultato di non avere un livello rassicurante di gas stoccato per affrontare il prossimo inverno.

 

La Germania guida il fronte europeo che si oppone al price cap, come ha ripetuto oggi il ministro delle finanze Christian Lindner al Corriere della Sera. Per Lindner infatti, in caso di una modifica unilaterale dei contratti da parte degli europei, la Russia potrebbe decidere di interrompere i flussi e spiazzare i 27. Rappresaglia che Mosca ha già effettuato contro Polonia e Bulgaria, che si sono rifiutate di pagare il metano in rubli. Nel corso dell'intervista il ministro ha anche fatto sapere che Berlino, al momento, non è interessata a procedere sull'embargo al metano: “Possiamo già trovare forniture di carbone altrove e siamo pronti a fare a meno del petrolio russo. Ma per il gas, ci vorrà più tempo”. 

 

In totale vengono stimate misure per 300 miliardi di euro, di cui 200 saranno reperiti dalle risorse già assegnate dal Next Generation Eu (dunque i piani nazionali già approvati saranno da rivedere). Il resto verrà dai fondi già messi a disposizione da altri strumenti. Si parla ad esempio di dirottare nei progetti individuati il 10 per cento dei fondi agricoli. Nel pacchetto c’è grande attenzione alle energie rinnovabili – almeno il 45 per cento dell’energia dovrà provenire da fonti verdi entro il 2030 – ma non vengono lasciati da parte i combustibili fossili.

 

Sul fronte del gas naturale il piano prevede investimenti per una modernizzazione radicale dell’infrastruttura dei gasdotti, a partire dall’interconnessione della rete tedesca e del centro Europa con i terminal per il metano liquefatto importato via mare. All’interno del documento è anche nominata una nuova connessione tra la Grecia e il cuore del continente e un nuovo oleodotto che dall’Ungheria vada verso ovest. Altri progetti riguardano il finanziamento di nuovi rigassificatori e il potenziamento di infrastrutture già esistenti (come ad esempio il raddoppio del Tap pugliese). 

 

Contemporaneamente i paesi europei dovrebbero ridurre il proprio consumo energetico di due punti percentuali, con il consumo di gas che entro il 2030 dovrebbe calare addirittura del trenta per cento. Da qui l’attenzione a soluzioni alternative come l’energia solare, con l’installazione dei pannelli che dovrebbe essere facilitata da misure statali negli edifici pubblici e in quelli ad alto consumo energetico.

 

Alla linea morbida che il documento sembra sposare si aggiunge l’ostruzionismo dell’Ungheria sul sesto pacchetto di sanzioni, in particolar modo sulla proposta dell’embargo petrolifero. Sul veto ungherese le reazioni sono divise. La Lituania, per bocca del ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis, parla dell’Ue “tenuta in ostaggio” da un singolo stato membro, mentre Luigi Di Maio ha nominato la possibilità di superare il principio di unanimità per evitare che l’Ungheria continui a bloccare tutti i 27.

 

Più conciliante la reazione tedesca, con la ministra Annalena Baerbock che si è detta “ottimista che nei prossimi giorni sarà trovato un accordo”, senza specificare quale. Per il momento la posizione del ministro degli Esteri Péter Szijjártó è che l’embargo al petrolio russo potrebbe essere discusso solo se l’Unione decidesse di finanziare la modernizzazione dell’infrastruttura energetica ungherese “una cifra compresa tra 15 e 18 miliardi di euro”. Più di sette volte tanto rispetto ai due miliardi previsti per il paese nel piano che la Commissione è in procinto di approvare.