la propaganda di mosca in ucraina

Nella Mariupol russizzata cambia la segnaletica stradale

Micol Flammini

Mentre si combatte ad Azovstal, i propagandisti di Mosca sfilano accanto ai cittadini ridotti alla fame. Con loro, la statua che rappresenta Nonna Anya. Storia di un mito, probabilmente falso, con la bandiera sovietica in mano

Da alcuni giorni le agenzie russe mostrano le foto di bambini in bicicletta per le strade di Mariupol, festeggiando il ritorno di quella che, per Mosca, è la normalità: ragazzi tra le macerie. A Mariupol la segnaletica stradale non è più in ucraino ma in russo e il traffico dei funzionari del Cremlino e dei suoi propagandisti si fa sempre più intenso. Il primo ad andare è stato il propagandista Vladimir Solovev, che si è mostrato per le strade devastate con l’elmetto in testa e a Mosca ha riportato un missile anticarro Nlaw di produzione britannica. Lo ha fatto vedere   nella sua trasmissione sul Primo canale. Il messaggio voleva essere: vi porto un trofeo da Mariupol. Sono arrivati in città anche Sergei Kirienko, vicecapo dell’amministrazione presidenziale della Federazione russa, e Andrei Turchak, segretario del Consiglio generale di Russia unita, il partito del presidente Vladimir Putin. Hanno portato con loro una statua che rappresenta una donna anziana con una bandiera in mano: quella dell’Unione sovietica. La donna ritratta si chiama nonna Anna, o nonna Anja, se si preferisce utilizzare il diminutivo, e la sua storia è diventata molto famosa in Russia. E’ la protagonista di un video che mostra una signora anziana, nonna Anna, andare incontro a dei soldati tenendo  in mano la bandiera rossa con falce e martello. La donna aveva scambiato gli uomini  per russi, invece erano ucraini. Il soldato le offre ugualmente del cibo e calpesta la bandiera dicendo: “Slava Ukraini”. Nonna Anna lo rimprovera, gli dice  che i suoi genitori sono morti per quella bandiera e rifiuta il cibo. Non ci sono prove che il video sia vero, ma nonna Anna è diventata il simbolo degli ucraini oppressi che aspettano i liberatori russi a braccia aperte.

 

 

E’ ritratta sui muri in Russia e ora c’è una sua statua anche a Mariupol e Kirienko, nell’inaugurarla, ha affermato: “E’ diventata la nonna dell’intero Donbas e di tutta la Russia”. Non sappiamo il suo cognome, ma lo scopriremo, ha detto Kirienko. Ma potrebbero averlo scoperto prima gli ucraini: Anna Ivanova. Un canale ucraino ha pubblicato un video che mostra  nonna Anja con suo marito in un ospedale a Kharkiv, dove si sono dovuti rifugiare perché l’artiglieria russa ha distrutto la loro casa. Alla fine dell’intervista dice di non volere tutta questa celebrità e di essere costretta a nascondersi perché ora tutti in Ucraina la odiano. Il video non è stato verificato, ma nonna Anna non sarebbe la prima filorussa a cambiare idea sul Cremlino durante questa guerra. 

 

 

C’è una verità che ripetono i media russi: i cittadini superstiti di Mariupol sono usciti per strada. Dopo due mesi di assedio, sono usciti per cercare  di sopravvivere: questo Mosca non lo racconta. Alcuni vendono quello che hanno, cianfrusaglie, vestiti, pannolini. Sono ridotti alla fame e in mezzo a questa fame le autorità filorusse intendono far sfilare la parata del 9 maggio, il giorno della Vittoria che tutti attendono per capire quale sarà la prossima fase della guerra. Mariupol è una delle vittorie che Mosca vuole sbandierare e una delle conquiste che può vantare, anche se ancora non completamente: all’acciaieria Azovstal si combatte, l’Onu e la Croce Rossa hanno inviato un nuovo convoglio umanitario per evacuare i civili. Mercoledì gli ucraini hanno detto che i russi erano  nell’edificio e che la battaglia proseguiva nei sotterranei e nei cunicoli: l’acciaieria si estende sottoterra. Secondo alcune fonti, i russi sono riusciti a entrare perché un membro dello staff di Azovstal, un elettricista, ha tradito gli ucraini e ha raccontato a Mosca dove passare. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha detto che l’esercito di Mosca non ha attaccato l’acciaieria: due settimane fa il presidente russo, Vladimir Putin, aveva detto di annullarne l’attacco perché avrebbe causato troppe morti. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.