Fosse comuni a Bucha (Ansa)

IL Cremlino non deve vincere

Anne Applebaum spiega cosa significa “vittoria” per Putin: trasformare l'Ucraina in un campo di concentramento

"E' solo difendendo l’Ucraina e respingendo Putin che possiamo fargli accettare qualche forma di dialogo e di diplomazia", dice la scrittrice americana

Pubblichiamo il testo dell’intervista alla saggista e scrittrice, una delle voci più autorevoli sulla Russia e sull’Ucraina, realizzata da Giancarlo Loquenzi, conduttore di “Zapping” su Rai Radio1, il 19 aprile


 

Professoressa Applebaum, so che lei è appena tornata da Kyiv, la capitale ucraina da cinquanta giorni in guerra. Vorrei chiederle in che condizioni l’ha trovata e cosa si aspettano gli abitanti nelle prossime settimane.

Kyiv sembra quasi normale in questi giorni. Il traffico è regolare, la gente gira per strada, i ristoranti sono aperti. Si può comprare cibo nei negozi e hanno tolto i carri armati russi dalle strade. Ma la gente è molto consapevole che la guerra non è finita. Ovviamente gli ucraini sono fieri di aver spinto i russi via verso il nord del paese, ma i russi si sono lasciati dietro una scia di distruzione. Bisogna avere presenti gli scenari della Seconda guerra mondiale per farsi un’idea di come siano ridotte molte cittadine a nord della capitale. Ogni casa è distrutta, ogni palazzo bruciato, fosse comuni ovunque, e parliamo comunque di piccole normali cittadine alla periferia di Kyiv. Perciò la gente sa che la guerra non è finita. Inoltre gli ucraini sanno che i russi si stanno riorganizzando e preparando per una seconda ondata di attacchi che potrebbe essere peggiore della prima. Ho incontrato in questi giorni sia il presidente Volodymyr Zelensky sia il generale che comanda la difesa della capitale e la cosa che temono è la tattica della terra bruciata con cui si bombardano le città e le linee nemiche da lontano e poi si muovono le truppe di occupazione. Zelensky si sta preparando a questo e sta chiedendo ai paesi occidentali, Europa e Stati Uniti, un aiuto immediato per potersi difendere. 


I russi dicono in questa fase che si stanno riorganizzando per la conquista del Donbas e che questo è sempre stato il loro obiettivo principale. E pensano di raggiungerlo il 9 maggio, giorno in cui si celebra in Russia la sconfitta del nazismo. È così che stanno le cose?

Questa è ovviamente una bugia, il loro obiettivo è sempre stato quello di conquistare l’intero paese, e lo sappiamo perché abbiamo visto i loro piani pubblicati persino tre giorni prima dell’inizio della guerra da un sito di notizie russo in cui si spiegavano benissimo le loro intenzioni. Gli ucraini sanno che molto probabilmente la conquista del Donbas sarà seguita da una spinta verso l’Ucraina centrale. Ma non voglio negare la possibilità che i russi si fermino alla conquista del Donbas. Dobbiamo però capirne le conseguenze. Ogni volta che i russi si fermano in una città ucraina rapiscono o uccidono il sindaco, uccidono chinque capiti a tiro nelle strade, fanno arresti indiscriminati, gettano i morti nelle fosse comuni, distruggono tutto, casa dopo casa. Decidere di lasciare ai russi il Donbas significa condannare decine, forse migliaia di persone all’orrore, alla fame e alla morte. L’occupazione avrebbe le stesse caratteristiche che abbiamo visto nelle città a nord di Kyiv. 


Siamo a quasi due mesi dall’inizio dell’invasione, abbiamo parlato di guerra e di pace, quello che vorrei capire adesso è cos’è la vittoria in questo conflitto, dal punto di vista russo e da quello ucraino. 

Per gli ucraini significa rimanere uno stato sovrano con il diritto di scegliere il proprio governo. Questo vuol dire avere confini difendibili, avere le garanzie di sicurezza offerte da altri paesi e non dover vivere sotto la continua minaccia di nuove invasioni. Per la Russia, la vittoria sfortunatamente è definita da Putin ed è la distruzione dell’Ucraina. Questo vuol dire trasformare l’intero paese in un campo di concentramento. Assassinii di massa, distruzioni di massa. Forse potrebbe ridefinire questo obiettivo, ma per ora è quello che ha detto nei suoi discorsi e quello che la tv russa ripete ogni giorno in tutti i programmi. 

 

In Italia si sente molto dire che questa guerra non sia iniziata con l’invasione russa, ma che duri almeno dal 2014, dall’invasione della Crimea, e che questo conflitto non sia che un episodio in una lunga storia di guerra. E che la Russia sia stata in qualche modo indotta a invadere l’Ucraina. È così?

È vero che la guerra è cominciata nel 2014 con la Crimea e anche allora l’obiettivo dei russi era distruggere l’Ucraina, ma non ci riuscirono. Per otto anni hanno atteso e si sono organizzati per provarci di nuovo, in questo senso è la continuazione di quella guerra e uno dei motivi per cui sta accadendo è che noi non abbiamo reagito: non abbiamo imposto sanzioni serie, non abbiamo armato gli ucraini a sufficienza, quindi non abbiamo dissuaso i russi dall’invadere di nuovo. Ma non ha alcun senso dire che la Russia è stata indotta a tornare in guerra. Questa è una guerra ideologica, scatenata perché Putin è convinto che l’Ucraina vada distrutta perché è una democrazia, perché aspira a essere parte dell’Europa. Lui odia la democrazia e odia l’Europa e non può sopportare che un’ex colonia russa, prima dentro l’Impero russo, poi dentro l’Unione sovietica, abbia questo tipo di aspirazioni. Non capisco quest’idea per cui i russi siano stati in qualche modo costretti a invadere. L’hanno fatto perché noi non abbiamo fatto nulla per impedirlo.


Un’altra cosa che si sente spesso nel dibattito pubblico italiano è che non stiamo assistendo a una guerra tra Russia e Ucraina, ma a una guerra per procura dove a scontrarsi sono la Nato e la Russia. Non una guerra regionale ma una guerra tra potenze. È così?

Posso essere d’accordo con l’idea che questa guerra ha un significato più ampio, è una guerra tra un dittatore feroce e spregiudicato e il mondo democratico. Putin si sente in guerra con il mondo democratico, odia le istituzioni europee, l’Unione europea, la Nato. Finanzia in tutta Europa partiti che hanno posizioni anti europee, e non per caso. Ma sarebbe anche sbagliato credere che questa guerra debba continuare per forza con un’escalation fuori dai suoi confini. Chi vuole l’escalation è Putin. Noi siamo stati molto chiari nel dire che quello che stiamo facendo è aiutare gli ucraini a difendersi, che la loro è una guerra di difesa e non di offesa. Nessuno sta invadendo la Russia e nessuno dice di volerlo fare. Quello che facciamo è molto ben definito e chiaro. Mi faccia sottolineare un punto: ovviamente tutti vogliamo far finire la guerra e cerchiamo la pace. Ma cosa significa pace? Se significa una situazione in cui la Russia occupa nuovi territori, dove uccide o lascia vivere a proprio piacimento, dove decide chi lasciare e chi deportare in Russia, come già sta accadendo nell’est dell’Ucraina dove rimangono milioni di rifugiati impossibilitati a tornare, questa è una pace che l’Europa non può accettare. Dobbiamo evitare che succeda. Il motivo per cui stiamo aiutando gli ucraini è che vogliamo una pace durevole, stabilità, rispetto dei confini. Vogliamo che ogni stato abbia il diritto di esistere e di scegliersi il proprio governo.


In una lunga intervista su un giornale italiano, il noto analista americano Ian Bremmer dice di essere completamente dalla parte degli ucraini, ma osserva anche che noi occidentali stiamo commettendo un grave errore nell’isolare Putin, nel metterlo all’angolo, perché in questo modo potrebbe reagire come un animale ferito. Dobbiamo invece aprire un canale con lui e smettere di dire che è un criminale e che deve essere rimosso dal governo, perché altrimenti togliamo spazio alla diplomazia. Condivide questo punto di vista?

La diplomazia ha tentato tutte le strade con la Russia, ogni volta ricominciando da capo. Nelle settimane prima della guerra ci sono state discussioni, conferenze e incontri tutti i giorni. Ogni presidente, ogni primo ministro e ogni ministro degli Esteri è andato a Mosca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è andato, il ministro degli Esteri inglese Liz Truss anche, il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato con Putin infinite volte. Gli americani sono in contatto con le loro controparti russe proprio per tenere aperti i canali di dialogo, ci sono stati negoziati in Turchia, in Bielorussia. È assolutamente falso e scorretto dire che la diplomazia non sia in azione e che non ci sia dialogo. Ma perché la diplomazia funzioni, bisogna che i russi vogliano che funzioni. Prima che si arrivi a una soluzione, bisogna che smettano di combattere questa guerra. Sono stati loro a invadere. Oggi è solo difendendo l’Ucraina e respingendo Putin, facendogli capire che le sue scelte avranno delle conseguenze, che possiamo fargli accettare qualche forma di dialogo e di diplomazia. Lui crede di poter ancora ignorare i negoziati, non gli interessano. Pensa di essere forte, che alla fine la Russia non pagherà un gran pezzo e che lui resterà al potere. Perché cambi idea deve sentire l’impatto dell’isolamento.


Questa guerra è la guerra di Putin o la guerra della Russia? Si è letto spesso che il popolo ucraino e quello russo sono molto legati, che ci sono matrimoni misti, che molte famiglie sono imparentate fra di loro. Però poi si vedono questi soldati russi felici di spedire dalla Bielorussia a casa, alle loro mogli, il bottino di guerra. E in Russia in tv si sente spesso dire che l’Ucraina non esiste, che gli ucraini sono russi a tutti gli effetti, e la parola ucraino equivale a un insulto. Secondo lei cosa pensano i cittadini russi di questa guerra?

Mentre noi non prestavamo attenzione, la Russia ha portato avanti per dieci anni una feroce propaganda per indurre i russi in primo luogo a odiare gli europei, a credere che l’Europa sia degenerata, divisa, impoverita, che la democrazia sia una farsa e che i politici democratici siano ridicoli. In secondo luogo che gli ucraini non sono persone reali, non meritano di esistere e di avere un loro stato, dei nemici che non meritano nemmeno di vivere. Sfortunatamente questa cosa è scaturita dalla mente di Putin e ora i russi ci credono, sia i soldati al fronte sia la gente a casa si sono convinti. Non è la prima volta che accade una cosa del genere. Stalin convinse tutti che i contadini ucraini, i kulaki, erano contro la rivoluzione e meritavano di morire di fame, perché ostacolavano la strada verso il progresso. Lo abbiamo visto anche in Europa occidentale, nel modo in cui i tedeschi parlavano degli ebrei. Conosciamo il potere di questo genere di propaganda, lo abbiamo visto molte volte in Europa. Dovremmo essere scioccati e arrabbiati nel vederlo succedere ancora.


Nella discussione sulla guerra che si fa in particolare in Italia sui giornali e in tv, sembra che la guerra non sia un fatto specifico ma una sorta di mostro mitologico e che la nostra colpa sarebbe quella di nutrirlo con più armi, con più argomenti, con più aggressività. Invece dovremmo calmarlo, questo mostro, perché più lo nutriamo di armi più diventa gigantesco, terribile, intrattabile e invincibile.

Certo che la guerra è terribile, ma la conquista dell’Ucraina sarebbe ancora più terribile. Ci sarebbe il terrore nel cuore dell’Europa, distruzioni di massa, campi di concentramento, l’ho visto con i miei occhi. Sono stata nelle cittadine intorno a Kyiv e ho visto che cosa è accaduto in sole poche settimane di occupazione. Dobbiamo impedirlo. La guerra può essere anche di difesa e c’è un’enorme differenza morale tra il difendere gli ucraini e il dire che la guerra deve essere fermata a ogni costo. Gli ucraini devono essere messi in grado di potersi difendere da questo assurdo e insensato attacco alla loro stessa esistenza. È un paese che combatte per restare vivo ed è nostro dovere come europei aiutarlo e non stare a guardare mentre viene distrutto per sempre.

 

I paesi occidentali stanno facendo abbastanza su questo fronte?

I paesi occidentali stanno facendo molto e gli ucraini sono molto grati per questo. Ma temo che non stia avvenendo abbastanza in fretta. Ero a Kyiv questa settimana e ho parlato a lungo con il presidente Zelensky. Ha una lista di armamenti necessari a fronteggiare la seconda ondata. Tutti gli dicono di sì ma poi le armi non arrivano. Dobbiamo essere più veloci. Più velocemente aiuteremo gli ucraini a respingere i russi, più velocemente questa guerra finirà.

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