L'analisi
Le fake news su Bucha di Toni Capuozzo spopolano su Facebook
Un report pubblicato dall’Institute for Strategic Dialogue analizza i post pubblicati sul social di Zuckerberg nelle tre settimane che hanno seguito il massacro. Su 20 paesi presi in esame l'Italia è al primo posto
I post in cui si mette in dubbio il massacro di Bucha sono più condivisi di quelli che raccontano i fatti così come stanno. E questo accade soprattutto in Italia, grazie alla viralità dei contenuti diffusi dal giornalista Toni Capuozzo. Lo racconta un report internazionale, pubblicato dall’Institute for Strategic Dialogue, che analizza 200 post pubblicati su Facebook in 20 paesi nelle tre settimane che hanno seguito il massacro avvenuto nei pressi di Kyiv: quelli che negano o mettono in dubbio le atrocità hanno riscosso il maggior successo.
L’Italia in particolar modo si guadagna il primato per la maggiore condivisione dei post che insinuano dubbi su Bucha. A incidere sul risultato è il profilo Facebook del giornalista Toni Capuozzo, in passato inviato per Mediaset in diversi paesi di guerra e oggi attivo principalmente sui social.
Le congetture di Capuozzo, riprese anche da alcuni siti italiani, denunciano incongruenze nelle immagini del massacro, citando come prova la mancanza di sangue nelle strade e il fatto che il sindaco di Bucha non avesse menzionato i corpi in un video pubblicato dopo il ritiro delle truppe russe. Affermazioni che possono essere facilmente smentite perché il 7 marzo, durante un'intervista ad AP News, il sindaco della città, Anatol Fedoruk, ha parlato dei cadaveri dei civili nelle strade, affermando: “Non possiamo nemmeno raccogliere i corpi perché i bombardamenti sono continui, giorno e notte”. Eppure le sue teorie condivise senza briglie su Facebook inquinano il dibattito pubblico italiano sull'accaduto.
Dei dieci post più condivisi in Italia, continua la ricerca, nessuno proviene da fonti attendibili e verificate: oltre agli otto contenuti ricondicibili a Capuozzo, un altro post critica lo spazio riservato alla guerra in Ucraina rispetto a quella in Siria e il decimo è un post in cui il giornalista Nicola Porro denuncia presunti stupri da parte di soldati ucraini.
Non è una novità che sui social network le fake news abbiano più successo in termini di like e condivisioni rispetto alle notizie attendibili e verificate. Uno studio pubblicato sulla rivista Science, nel marzo del 2018, ha analizzato migliaia di notizie e post pubblicati su Twitter mettendo in luce come le notizie false dominassero la scena: una fake raggiunge, in media, 1.500 persone sei volte più rapidamente di una storia vera e ha il 70 per cento di possibilità in più di essere ricondivisa rispetto alle notizie affidabili. Lo stesso vale per Facebook che il 18 agosto 2021 ha pubblicato il suo primo “Widely Viewed Content Report”: un rapporto che riporta i post, i link e le pagine più viste nel news feed del social nel secondo trimestre del 2021. Secondo il New York Times, però, Facebook aveva preparato il report per i primi tre mesi dell’anno ma non l’ha mai pubblicato per un motivo ben preciso: il post più visto in assoluto era un articolo del Chicago Tribune il cui titolo suggeriva che la morte di un medico in Florida fosse dovuta al vaccino contro il Coronavirus. Una fake news smentita mesi dopo dal rapporto del medico legale, secondo cui non c'erano prove sufficienti per dire se il vaccino avesse contribuito alla morte del medico. Molte meno persone hanno visto quell'aggiornamento.
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