Biden e gli europei si coordinano per la seconda fase. La Germania: diamo soldi, non armi

David Carretta

Il presidente americano convoca una teleconferenza per restaurare il senso d’urgenza occidentale sulla crisi Ucraina. Ma le domande sono quelle di cinquanta giorni fa: fino a che punto spingersi con le sanzioni e quali armi fornire a Kyiv? Le linee rosse di Scholz

Bruxelles – Stati Uniti e Unione europea ieri si sono ritrovati di fronte alle stesse domande che avevano affrontato durante tutta la prima fase dell’aggressione lanciata da Vladimir Putin contro l’Ucraina. Fino a che punto spingersi con le sanzioni? Quali armi fornire all’esercito ucraino? Dopo il fallimento del blitzkrieg su Kyiv, con la nuova offensiva sull’est e il sud dell’Ucraina, la natura e i tempi della guerra russa cambiano. Il presidente americano, Joe Biden, ieri ha convocato una riunione in teleconferenza con i leader europei per restaurare il senso d’urgenza occidentale, nel momento in cui la Francia è distratta dalle elezioni presidenziali e la Germania è paralizzata dal dibattito interno su petrolio, gas e armi.

   

“Ascoltiamo Monsieur Draghi”, ha scritto il Monde in un’editoriale per chiedere un embargo energetico e la consegna di armi più avanzate, ricordando le parole del presidente del Consiglio al Corriere: “Non farlo equivarrebbe a dire loro: arrendetevi, accettate schiavitù e sottomissione:  un messaggio contrario ai nostri valori europei”. Oltre che sulle sanzioni, Biden ha insistito sulla necessità di accelerare sulle armi. “C’è un problema di tempismo”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue: “Tra delibere europee e nazionali e tempi della logistica, questo materiale potrebbe arrivare nella fase in cui l’Ucraina deve riconquistare il territorio e non più difenderlo”.

 

Il Kiel institute for the wolrd economy ha fatto i conti dell’assistenza occidentale all’Ucraina. Tra aiuti economici, umanitari e militari, gli Stati Uniti hanno stanziato 7,6 miliardi di euro contro i 6,3 miliardi dell’Ue e un miliardo di Regno Unito, Canada e Giappone. I dati non sono aggiornati (il periodo è tra il 24 febbraio e il 27 marzo), ma rivelano il ritardo degli europei nell’armare Kyiv. L’America è nettamente in testa sulle armi con 4,4 miliardi di forniture. Al secondo posto c’è l’Estonia con 220 milioni, davanti a Regno Unito (204 milioni) e Italia (150 milioni). La Germania è solo al sesto posto con 119 milioni. In termini di aiuti complessivi rispetto al pil, la piccola Estonia è davanti a tutti con lo 0,8 per cento. La grande Germania è appena sopra lo 0,1 per cento del pil. Simone Tagliapietra, ricercatore del think tank Bruegel, ha ricordato che tra il 24 febbraio e il 27 marzo “il valore delle importazioni di petrolio e gas dell’Ue dalla Russia è quattro volte quello dei suoi aiuti all’Ucraina”.

    

La premier estone, Kaja Kallas, ha spiegato che “dobbiamo fare tutti di più. Fino a quando l’Ucraina non avrà vinto, non avremo fatto abbastanza”. Dopo una telefonata con Zelensky, il premier olandese, Mark Rutte, ha annunciato l’invio di blindati. “Con gli alleati stiamo valutando di fornire materiale pesante addizionale”, ha detto Rutte. Ma, dopo la videoconferenza con Biden, Olaf Scholz ha ribadito le linee rosse della Germania: “no” all’embargo sul petrolio e alla fornitura diretta di armi avanzate. Berlino spinge per sostenere l’Ucraina con aiuti finanziari, attraverso i quali potrà comprare armi, ma di fabbricazione sovietica, in modo che non ci sia il coinvolgimento della Nato.

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