(foto di Ansa)

Il test Macron

Il potere insulare del presidente rimasto solo, che oggi si fida soltanto di un uomo

Mauro Zanon

La presidenza di Emmanuel Macron è una presidenza solitaria. L'inquilino dell'Eliseo non si fida di nessuno eccetto che del suo segretario, Alexis Kohler. Ed è un rischio

Parigi – Sono state scritte parecchie cose sulla solitudine dei presidenti della Quinta Repubblica francese e ancor di più sul “goût pour la solitude” di Emmanuel Macron, la sua solitudine volontaria, rivendicata. A metà mandato, questa inclinazione già preoccupava chi gli stava vicino. “In fondo, è una persona sola, volontariamente sola. Ritiene di essere l’unico a sapere le cose, ha fiducia solo in se stesso”, diceva in un colloquio con l’Opinion un ex ministro di François Hollande, che ha conosciuto Macron ai tempi in cui era al dicastero dell’Economia. Prima di aggiungere: “Ha bisogno di persone fedeli e devote, ma con loro è sempre in una relazione di superiorità. Vuole essere il capo”. 

 

Oggi, alla vigilia del primo turno delle presidenziali, il suo modo di governare ermetico e centralizzatore è indicato da molti osservatori come uno dei principali difetti del presidente-candidato: un difetto che potrebbe costargli caro. “Mentre François Mitterrand delegava ad occhi chiusi a un vasto entourage le questioni che non gli interessavano coltivando allo stesso tempo numerose amicizie, mentre Jacques Chirac aveva con la sua cerchia politica una relazione spesso affettuosa e di fiducia, mentre Nicolas Sarkozy animava una colazione settimanale della maggioranza e si era circondato di una squadra di consiglieri molto professionali e mentre François Hollande faceva leva su una vasta rete tessuta in trent’anni di vita politica, Emmanuel Macron presiede in solitaria”, osserva l’Opinion.

 

In realtà, dentro le mura del palazzo presidenziale, esiste una persona a cui Macron presta veramente ascolto e a cui delega decisioni che non delegherebbe a nessun altro: Alexis Kohler, l’algido tecnocrate di origini alsaziane che dal 7 maggio 2017 ininterrottamente ricopre il ruolo di segretario generale dell’Eliseo. Lo hanno soprannominato il “secondo cervello” di Macron, “lo sparring-partner” del presidente, “la mano del re”, perché tutto passa dalle sue mani, tutto deve essere convalidato da lui, anche i dossier più piccoli, come la creazione di un comitato di sostegno nel profondo est della Francia. “Alexis mi conosce alla perfezione. E’ l’ingranaggio indispensabile che permette il corretto funzionamento della nostra azione di governo, sia all’interno dell’Eliseo sia con Matignon e gli altri ministeri. Ha il rigore e la forza lavorativa di quelli che sanno che conta solo il risultato”, ha detto di lui Macron. Ma Kohler, appunto, è l’unico dei macronisti della prima ora rimasti nel cuore del reattore.

 

Gli altri, quelli del “commando” del 2017, se ne sono andati uno dopo l’altro. A partire da Sylvain Fort, intellettuale e speech writer del primo Macron, oggi tornato alla sua attività di scrittore, germanista e critico musicale. Sibeth Ndiaye, ex portavoce votata alla causa macronista, ha abbandonato la politica, mentre il fedelissimo Benjamin Griveaux, si sa, è uscito dal giro dopo lo scandalo hot del febbraio 2020, e Ismaël Emelien, lo stratega di En Marche!, oggi si limita a sussurrare qualche consiglio, niente ruoli di primo piano. 

 

A gennaio, Laurence Benhamou, che segue l’Eliseo per l’Afp, e il suo collega Jérôme Rivet, hanno pubblicato un libro sulla presidenza solipsista di Macron intitolato “Le Solitaire du Palais”. “Un solitario le cui scelte possono essere impulsive”, riassumono i due autori. In un’intervista di ieri a Rtl, del resto, lo stesso Macron, sollecitato sull’“errore da non rifare” nel prossimo mandato, ha risposto: “Le frasi spontanee, quelle che possono ferire”. Interrogato sull’immagine di una presidenza insulare, distaccata dalla realtà del paese, evidenziata anche da un commento severo del Financial Times di giovedì, Macron ha detto che certo, “il potere isola, la responsabilità isola”, ma “quando si prende la decisione di dover confinare, di instaurare il pass sanitario, è normale che ci sia un isolamento”, ha aggiunto, sottolineando tuttavia di “non aver mai smesso di essere a contatto con i francesi”. Ma anche nel primo cerchio macronista la paura di un “incidente industriale” chiamato Marine Le Pen inizia a essere tanta.

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