Il Lakhta Center, il grattacielo di 87 piani sede di Gazprom, a San Pietroburgo (foto AP/Dmitri Lovetsky) 

i prudenti d'europa

Germania e Austria caute sul gas. Ma dopo i crimini russi è possibile una svolta sul petrolio

David Carretta

Il massacro di Bucha ha costretto un’Unione europea riluttante a imboccare la strada di sanzioni più dure contro Putin. Nel quinto round si considerano petrolio, carbone e settore navale

Bruxelles – Le immagini del massacro di Bucha hanno costretto un’Unione europea riluttante a imboccare la strada di sanzioni più dure contro Vladimir Putin, anche se un gruppo di paesi che include la Germania continua a opporsi a un embargo sul gas dalla Russia. La misura più significativa che potrebbe essere annunciata nei prossimi giorni è un divieto di importazione di petrolio e carbone, dopo che Emmanuel Macron si è detto “favorevole”. Anche il settore navale potrebbe essere colpito. “È chiaro che ci sono indizi molto chiari di crimini di guerra”, ha spiegato ieri il presidente francese: “Ciò che è accaduto a Bucha impone una nuova serie di sanzioni e misure molto chiare”. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è detta “inorridita” da “orrori indicibili”. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha annunciato che “ulteriori sanzioni e sostegno dell’Ue sono in arrivo”. Ma in alcune capitali la paura dei prezzi e della recessione è troppo forte per far seguire alle parole di orrore e condanna i fatti necessari a smettere di finanziare indirettamente la guerra. “Dobbiamo mettere più pressione su Putin e isolare la Russia, tagliando tutte le relazioni economiche. Ma al momento non è possibile tagliare le forniture di gas. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo”, ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner. La Germania vuole “differenziare tra gas, petrolio e carbone” con tempi diversi per interrompere le importazioni.

    

La Commissione dovrebbe presentare tra oggi e domani il quinto pacchetto, su cui era già al lavoro prima di Bucha. Nei piani originali le misure dovevano essere  limitate: chiudere le falle dei precedenti pacchetti, inserire ulteriori funzionari nella lista nera dell’Ue, tagliare l’export di alcune tecnologie. Le nuove sanzioni “non comprendono il settore energetico in questo momento”, aveva detto sabato a Cernobbio il commissario Paolo Gentiloni, come a voler rassicurare politici e mercati. Domenica tutto è cambiato, dando nuovo impeto agli stati membri che da tempo insistono per prendere di mira i settori energetico e navale. “La Commissione dice sempre che per noi nessuna misura è esclusa”, si è corretto ieri Gentiloni: “Stavamo già preparando un pacchetto e vedremo nei prossimi giorni se ci saranno le condizioni politiche per allargarlo ulteriormente”. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha accusato la Germania di essere “il principale ostacolo alle sanzioni”. Le insostenibili immagini di Bucha hanno reso insostenibile l’ostruzione di Berlino e di altre capitali almeno su petrolio e carbone,  più facilmente sostituibili del gas russo.

   
La Germania non è isolata nella prudenza. “L’Austria non è a favore di più sanzioni sul gas”, ha detto il suo ministro delle Finanze, Magnus Brunner: “Siamo molto dipendenti dal gas russo e penso che tutte le sanzioni che colpiscono noi più della Russia non sarebbero un bene per noi”. La spagnola Nadia Calviño si è nascosta dietro alla formula “sanzioni efficaci” ma “con il minimo impatto negativo sulla economia europea”. Sullo sfondo c’è l’incognita del premier ungherese, Viktor Orbán, che  aveva annunciato il veto a sanzioni su gas e petrolio. Bucha è destinata a sollevare altri interrogativi sulla determinazione dell’Ue, in particolare il suo rifiuto di fornire armi offensive malgrado l’imminente azione nel Donbas. L’annuncio di von der Leyen ieri di un coinvolgimento dell’Ue nelle inchieste sui crimini di guerra è un gesto di sostegno all’Ucraina. Ma  i massacri di Putin non attendono i tempi della giustizia internazionale.

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