Joe Biden e Charles Michel (LaPresse)

A bruxelles

Nonostante le pressioni dell'est, l'embargo europeo sul petrolio può aspettare

David Carretta

Non siate già stanchi delle sanzioni, dice Joe Biden agli europei. Il ponte navale del gas naturale liquefatto

Il presidente americano, Joe Biden, oggi annuncerà un ponte navale di gas naturale liquefatto (Gnl) per aiutare l’Unione europea a liberarsi dalla dipendenza dalla Russia. L’accordo sarà annunciato questa mattina dallo stesso Biden insieme alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Presenteremo un nuovo capitolo della nostra partnership energetica” con “gas naturale liquefatto addizionale dagli Stati Uniti per sostituire quello russo”, ha spiegato ieri von der Leyen prima dell’inizio del Consiglio europeo. L’intesa prevede la fornitura di 15 miliardi di metri cubi aggiuntivi (nel 2021 erano stati 21 miliardi) e dovrebbe coprire i due prossimi inverni.

 

La Commissione ha presentato un piano per ridurre entro la fine dell’anno di due terzi i 150 miliardi di metri cubi di gas importati dalla Russia: 50 miliardi di metri cubi dovrebbero arrivare grazie al Gnl di altri fornitori. Un altro potenziale aiuto potrebbe arrivare dal Canada. “L’Europa vuole diventare indipendente dal gas russo”, ha spiegato il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Dal vertice del G7, che ha preceduto il Consiglio europeo, è uscito un messaggio di “unità”, ma anche di “solidarietà”, ha detto Draghi, ricordando che Stati Uniti e Canada sono “grandi produttori di gas liquefatto”. Il ponte navale di gas di Biden potrebbe essere utile all’Ue per uscire dallo stallo su un embargo energetico alla Russia. Un taglio delle importazioni di gas è escluso.

 

C’è consenso per uscire dalla dipendenza “il più presto possibile”. La Polonia e i Paesi baltici vogliono tagliare almeno le importazioni di petrolio e carbone, perché è più facile trovare alternative alla Russia. “Dobbiamo fermare Vladimir Putin perché il suo appetito cresce mangiando e questo è un rischio per la sicurezza del mondo”, ha detto la premier dell’Estonia, Kaja Kallas: “Dobbiamo usare subito le sanzioni più dure che possiamo”. L’Ue farebbe bene a scegliere la politica del “non comprare”, ha detto il premier della Lettonia, Arturs Krisjanis Karins: “La cosa più logica su cui andare avanti sono petrolio e carbone”. Un gruppo sempre più ampio di paesi (Slovenia, Irlanda, Finlandia) è favorevole. Ma l’embargo su petrolio e carbone si scontra contro il veto del premier ungherese, Viktor Orbán, e il “no” preventivo di altri paesi che temono le ripercussioni economiche. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha escluso il taglio immediato delle importazioni di greggio che “getterebbe il nostro paese e l’intera Europa nella recessione”. “Le sanzioni devono avere un impatto più forte sull’economia russa che su quella europea”, ha detto il premier belga, Alexander De Croo: “Non siamo in guerra contro noi stessi”. Secondo De Croo, un embargo sul petrolio russo “avrebbe un impatto devastante sull’economia europea”.

 

Le divisioni tra i ventisette hanno impedito al Consiglio europeo di ieri di annunciare nuove sanzioni significative. Polonia e Paesi baltici hanno chiesto di bloccare l’accesso ai porti e alle strade dell’Ue di navi e camion russi e bielorussi. Il vertice del G7 ha promesso di restringere l’acquisto di oro dalla Banca centrale russa. Biden ha spiegato che la sua presenza a Bruxelles ha come obiettivo quello di “assicurarsi” che gli europei non si stanchino delle sanzioni “dopo un mese”. Ma l’embargo per smettere di finanziare la guerra di Putin, prima o poi, tornerà sull’agenda dell’Ue. L’annuncio di Putin di volersi far pagare in rubli potrebbe accelerare il momento. “Lo  consideriamo una violazione dei contratti esistenti”, ha detto Draghi.
 

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