Photo by Lintao Zhang/Getty Images (Agosto 2018) 

da berlino

L'Europa ha paura di rimanere schiacciata tra America e Cina. Uno studio

Daniel Mosseri

L'indipendenza energetica mette al sicuro gli Stati Uniti, mentre per l'Unione europea il rischio è di finire nel vortice della stagflazione. Pechino osserva. Così la guerra può cambiare gli equilibri geopolitici 

La fine, quando arriverà, della guerra fra Russia e Ucraina potrebbe segnare in modo formale la fine del secolo americano. La telefonata fra Joe Biden e Xi Jinping a metà marzo, con il primo che ha chiesto al secondo di non sostenere la Russia, conferma l’immagine della superpotenza americana affiancata da una Cina non contenibile né coercibile. Questa ipotesi è confermata in uno studio dell’Ifo di Monaco di Baviera, un think tank economico tedesco di scuola ordoliberale. 
Nella sua versione in inglese il documento ha un titolo neutro –  “Le conseguenze economiche dell’invasione russa dell’Ucraina” –  ma nell’originale il messaggio del presidente dell’Ifo, il professor Clemens Fuest, è molto più chiaro: “Anche in Germania, la prosperità diminuirà a causa della frattura geopolitica”. Fuest osserva le ricadute del conflitto fra Mosca e Kyiv per concludere che la ripresa economica attesa sarà indebolita, che esiste una minaccia di stagflazione (una crescita debole associata a inflazione elevata) e che la politica monetaria si troverà di fronte a un dilemma: “Mentre gli aumenti dei tassi d’interesse possono frenare l’inflazione, frenerebbero ulteriormente la crescita”. 


Un’osservazione tanto più rilevante poiché pronunciata da uno dei massimi fustigatori (ma il suo predecessore Hans-Werner Sinn era peggio) delle politiche dei tassi zero dell’Eurotower. Cucito su misura dell’economia tedesca, lo studio si adatta bene anche a quella italiana e degli altri paesi della costruzione europea. Risvegliatisi all’improvviso da un lungo sonno energetico conciliato da un gas russo a basso costo, oggi questi paesi sono in gara per diversificare l’approvvigionamento energetico. Ma la sicurezza, osserva Fuest, si paga e i costi energetici saranno più elevati. “La Germania  rischia di perdere terreno come sede di industrie ad alta intensità energetica”. 


Senza dimenticare l’aumento della spesa militare che “a lungo termine richiederà aumenti delle tasse e tagli alla spesa pubblica in altre aree”. Sul breve poi l’inflazione è in agguato. Ma questi guai europei non hanno riscontro oltreoceano grazie all’indipendenza energetica degli Stati Uniti: sul medio periodo la Fed alzerà i tassi, il valore esterno dell’euro perderà sul dollaro e la Germania, leggi l’Europa, finirà per importare inflazione. Insomma, se il Vecchio continente sarà obbligato a rendersi autonomo dal gas russo, dovrà trovare anche il modo di restare attraente per le industrie ad alta intensità energetica. La vera sconfitta però qui è la Russia – e con lei i paesi d’Europa più legati a Mosca –  che cercherà di trovare un nuovo acquirente per le sue esportazioni di gas nella Cina. Uno scambio non alla pari con Pechino, riprende il professore “che farà sentire alla Russia il suo potere di mercato”. Anche i cinesi, poi, hanno i loro guai legati all’invecchiamento della popolazione, e all’eccesso di investimenti nel settore immobiliare. 


La guerra sull’asse Mosca-Kyiv ha però anche dei vincitori, conclude Fuest: “Gli Stati Uniti usciranno confermati come area industriale con forniture energetiche a buon mercato e come produttore di gas naturale liquefatto”. Quindi, conclude il numero uno dell’Ifo, l’economia globale si sta disintegrando in un blocco dominato dall’America e da un blocco dominato dalla Cina, con la Russia e i paesi dell’Ue come partner di minoranza. L’unica speranza per l’Europa è che Mosca abbracci democrazia e diritti umani, “ma è bene essere pronti al peggio”.
 

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