Il Summit più importante

Una Nato pronta e combattiva

Giulia Pompili

Pressioni per basi permanenti sul fronte est e armi letali a Kyiv. E' iniziato il vertice con Joe Biden

Il summit straordinario della Nato, iniziato da poco a Bruxelles, potrebbe essere uno dei più importanti e strategici sin dalla fondazione del Patto atlantico. Esattamente un mese fa, sempre nella capitale belga e a poche ore dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il vertice straordinario della Nato si era svolto contestualmente al Consiglio europeo e alla riunione d’emergenza del G7. Oggi l’agenda si ripete, ma a decidere la risposta occidentale all’invasione russa saranno presenti anche il presidente americano Joe Biden e il primo ministro giapponese Fumio Kishida – e non è solo una questione estetica, fa notare al Foglio una fonte d’intelligence: i meeting online non consentono di avere l’assoluta certezza della segretezza di certe conversazioni, che invece si fanno di persona. Soprattutto se sono cruciali al punto da poter decidere l’assetto delle alleanze dei prossimi decenni. Anche perché le divisioni all’interno del G7, ma soprattutto all’interno della Nato, ci sono e si fanno sentire.

 

Sull’aereo diretto in Europa,  il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan ha detto che l’alleanza “discuterà la posizione delle forze Nato sul fronte orientale” e si definirà un “piano operativo a lungo termine”. Il premier britannico, Boris Johnson, ha avuto un colloquio con il presidente ucraino Zelensky e si è impegnato a sostenere l’invito di armi letali.

 

Ieri, in un’intervista al Guardian, il segretario generale del ministero degli Esteri estone, Jonatan Vseviov, ha dato voce alle richieste condivise ma non ancora esplicitate da Polonia e Repubbliche baltiche: il mondo prima del 24 febbraio non esiste più, ha detto Vseviov, e anche alla fine di questa guerra “saremo in un ambiente di sicurezza totalmente nuovo. Ci sarà una nuova Ucraina. Ci sarà una nuova Russia. Ci sarà una nuova Europa”. Per Vseviov (che è stato ambasciatore in America e fino a ieri era in missione a Washington, dove ha incontrato i conservatori della Heritage Foundation), è ora che la Nato pensi a una base militare permanente “nei paesi in prima linea” contro l’aggressività russa, vale a dire i Baltici e la Polonia: "Penso che ci sia un ampio consenso politico nella Nato sulla necessità di muoversi in questo senso, e i dettagli esatti sono in fase di elaborazione", ha detto. L’accelerazione di Vseviov ha preoccupato non poco chi oggi discuterà di incrementare la risposta da parte dei paesi membri della Nato alla guerra di Putin. Da tempo si parla di superare il Nato-Russia Founding Act, un trattato firmato nel 1997 per “costruire maggiore fiducia” con Mosca, alla quale i paesi del Patto atlantico promettevano di non istallare basi militari permanenti in quelli che erano i paesi del patto di Varsavia. “Quel trattato non è vincolante”, dice al Foglio una fonte Nato, “ma politico. E per questo è superabile”. La moderazione non provocatoria è stata per più di un ventennio l’obiettivo della Nato, ma non della Russia, e nel frattempo “il contesto della sicurezza in Europa è cambiato”. “Quando si dice che ogni centimetro dei territori Nato sarà difeso, all’espressione devono seguire azioni concrete”, ha detto il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis alla stampa.

 

Il problema, si dice in ambienti Nato, è capire come potrebbe reagire la Russia a una decisione storica come quella di trasformare la Nato in un sistema di Difesa non al bisogno, ma permanente. Se l’ambiente di sicurezza cambia, a definirne la cornice sono state le riunioni preliminari ai tre vertici di oggi. Sul tavolo ci sono le conseguenze dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin ma si discuterà anche “del ruolo della Cina in questa crisi”, ha detto ieri il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il cui mandato dovrebbe terminare a settembre, ma secondo diversi media internazionali oggi si parlerà anche di una sua proroga per evitare un cambio in corsa durante una guerra. In questo senso, Stoltenberg dovrebbe avere anche un bilaterale col giapponese Kishida. E la Cina sarà al centro del dibattito anche del Consiglio europeo e del G7.


 

Questo articolo è stato pubblicato sul giornale del 24 febbraio e aggiornato nella sua versione online alle 9:30

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.