Foto LaPresse / Martin Meissner 

Il minipacchetto di sanzioni europee contro la Russia

David Carretta

Il tedesco Scholz gioca serio e sospende Nord Stream 2, un'azione che ha un forte valore simbolico e dalla portata enorme sia dal punto di vista politico che economico

Bruxelles. La Germania di Olaf Scholz ha deciso da che parte stare, dopo che Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche autoproclamate del Donbas e le sue truppe sono entrate nel territorio dell’Ucraina, superando la linea rossa fissata dall’occidente per adottare sanzioni massicce contro la Russia. Il pacchetto messo in piedi dall’Unione europea non è quello “devastante” che era stato promesso da Charles Michel e Ursula von der Leyen, in caso di ulteriore aggressione militare russa. Ma il cancelliere tedesco ha adottato la sanzione che ha il più forte valore simbolico: la sospensione del gasdotto Nord Stream 2. “C’è stato un drammatico cambiamento nella situazione”, ha spiegato Scholz: “Questo includerà Nord Stream 2. Ho chiesto al nostro ministero degli Affari economici di condurre una nuova analisi della sicurezza delle forniture energetiche. Nelle circostanze attuali, la certificazione (del gasdotto) non è possibile”.

 

Nord Stream 2 non è operativo e non ci saranno conseguenze immediate per gli approvvigionamenti tedeschi. Ma la portata è enorme dal punto di vista politico ed economico. Nord Stream 2 è il simbolo delle buone relazioni che Berlino e Mosca hanno mantenuto nonostante la guerra in Georgia del 2008 e l’annessione della Crimea del 2014. E’ un progetto voluto e sostenuto dall’ex cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schröder, che Angela Merkel ha sempre difeso come “puramente commerciale” (la stessa linea di Putin). Il gas russo aggiuntivo via Nord Stream 2 serve alla Germania per la sua industria e la sua transizione climatica (compresa l’uscita definitiva dal nucleare). Gli effetti si inizieranno a sentire dal prossimo inverno, quando Nord Stream 2 doveva essere operativo. Dietro l’annuncio di Scholz, c’è un altro messaggio: la Germania è pronta a pagare un prezzo elevato per imporre un costo ancora più alto alle scorribande di Putin. Il resto dell’Ue è pronta a fare altrettanto?


La reazione dell’Ue all’invasione di Putin lascia spazio a qualche dubbio sulla determinazione di tutti i 27 stati membri. I ministri degli Esteri dell’Ue ieri hanno dato il via libera a un minipacchetto di misure mirate contro 27 persone ed entità coinvolte nel riconoscimento delle due repubbliche autoproclamate e i 351 membri della Duma che hanno votato a favore. Ci sono 11 funzionari e i comandanti militari dell’operazione e tre banche (Veb, Rossiya e Promsvyazbank). Come accaduto con la Crimea, saranno vietate importazioni ed esportazioni da Donetsk e Luhansk. La sanzione più dura è contro le istituzioni finanziare dello stato russo, cui verrà limitato l’accesso ai capitali nell’Ue. “Le sanzioni mirate sul Donbas sono simili a quelle per la Crimea: non si tratta del pacchetto massiccio che l’Ue aveva promesso”, spiega una fonte europea. Questo ha permesso di trovare rapidamente l’unanimità tra i 27. Ma dietro le quinte è in corso uno scontro tra i 27 su quali misure adottare. La differenza è enorme. Il pacchetto massiccio è destinato a colpire interi settori dell’economia russa, con ripercussioni economiche per gli stati membri dell’Ue.

 
Nella riunione di ieri mattina degli ambasciatori tutti hanno espresso sostegno al minipacchetto, tranne uno: l’Ungheria di Viktor Orbán. L’ambasciatore ungherese ha sottolineato l’importanza del dialogo e chiesto di consultare la capitale prima di dare il via libera, anche se Orbán aveva assicurato a Michel il suo sostegno. L’episodio pone “la questione se Orbán sia leale a Mosca o ai suoi alleati europei”, dice al Foglio un diplomatico europeo. Ieri mattina ci sono stati altri “segnali preoccupanti”: gli ambasciatori di Austria, Italia e della  Germania hanno insistito su un approccio “graduale”, che pone interrogativi sulla “volontà di questi paesi di approvare il pacchetto di sanzioni ‘big bang’ quando ne avremo bisogno”, spiega il diplomatico europeo. Paesi nordici e baltici avrebbero voluto usare tutta la potenza di fuoco delle sanzioni sin da subito. La soluzione del minipacchetto sul Donbas permette di guadagnare tempo. “Manteniamo le munizioni per continuare a sanzionare il comportamento russo se necessario”, si è giustificato l’Alto rappresentante, Josep Borrell. Se le truppe russe non supereranno la linea di demarcazione tra i ribelli e l’esercito di Kiev all’interno del Donbas, l’Ue potrà evitare di andare oltre con le sanzioni. Ma a Bruxelles quasi nessuno si illude. “Temiamo che ci saranno nuove azioni da parte della Russia”, ha detto Borrell.

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