Foto LaPresse di Manuel Balce Ceneta 

in america

La storia ci dice che l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio non è stato una fiammata

Matteo Muzio

"Già in passato l’eccezionalismo americano aveva una patina fittizia. Gli Stati Uniti hanno violato i diritti umani in casa e all’estero. E la retorica incendiaria non è certo una novità nella politica americana", ci spiega Alexander Laban Hinton, professore dell'Università di Newark

L’eccezionalismo americano è forse una dei pochi concetti che abbia retto per lunghissimi anni. L’impressione dell’America come posto speciale, unico al mondo, non toccato da guerre, epidemie, violenza politica e tensione sociale però mostra ormai di essere scricchiolante. I segnali sono di lunga data, solo che non sono stati colti per tempo. Alexander Laban Hinton, direttore del Center for the Study of Genocide and Human Rights alla Rutgers University di Newark, ha scritto un libro pubblicato nel 2021 dal titolo significativo: It can happen here, letteralmente “può succedere qui”. Richiama il titolo di un libro di un romanzo distopico del 1935, It can’t happen here, dove un oscuro senatore populista dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 1936 instaurava un regime totalitario. Hinton è più preciso: dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, possono accadere delle atrocità di massa come in altri paesi studiati da Hinton, come la Cambogia. Però non c’è bisogno di andare tanto lontano, spiega Hinton, raggiunto dal Foglio in occasione della conferenza all’American Academy di Roma sulla violenza politica in America e in Italia: “Già in passato l’eccezionalismo americano aveva una patina fittizia. Gli Stati Uniti hanno violato i diritti umani in casa e all’estero: pensiamo solo ai nativi americani, come ad esempio il massacro di Wounded Knee nel 1890 o nel caso degli afroamericani, la strage di Tulsa del 1921. Ci sono alcuni indicatori però che sia durante l’epoca di Trump sia adesso  possono verificarsi atrocità simili”. E non dipende tutto da Trump, come dice Hinton: “La teiera bolliva sul fornello da molto tempo, a un certo punto è saltata ed eccoci all’assalto di Capitol Hill”. Da allora la situazione è migliorata, ma non così tanto: “Abbiamo comunque delle persone che credono che ci vorrebbe la forza per difendere la Costituzione e che Trump sia tuttora il presidente legittimo”.


La retorica incendiaria non è certo una novità nella politica americana: i democratici segregazionisti spesso la utilizzavano, con esempi parossistici come il governatore dell’Alabama George Wallace: “Non c’è molta memoria del passato, giusto adesso si cominciano a commemorare gli eventi del passato, ma non vengono ancora messi in connessione con gli eventi del presente”.


Nei suoi corsi, il professor Hinton invita a non liquidare con una battuta il razzismo anche di esponenti piuttosto estremisti come Christopher Cantwell, organizzatore della famigerata marcia di Charlottesville del 2017 chiamata Unite the Right che ha visto uno dei partecipanti uccidere un contromanifestante di sinistra, o Richard Spencer, esponente dell’alt right noto per le posizioni esplicitamente razziste e antisemite e inventore del saluto “Heil Trump” : “Non si possono semplicemente definire ‘razzisti’, ‘bigotti’ o  ‘stronzi’. Occorre storicizzare le loro posizioni e riconoscere che sono il frutto di un lungo percorso storico”.


Hinton trova sia falsa la dicotomia tra folle inferocite e governi locali: non solo la storia dei linciaggi e dei tumulti razziali nell’epoca segregazionista mostra una tacita acquiescenza o un sostegno dietro le quinte, ma lo stesso vale per l’assalto a Capitol Hill: “Quella che sembrava una manifestazione che è deragliata diventando violenta adesso appare molto diversa: le indagini stanno mostrando che è stata attentamente preparata”.

 

La soluzione che Hinton propone per porre un freno è però di difficile attuazione: una commissione d’inchiesta sul suprematismo bianco, sul modello di quanto fatto in Cambogia o in Sudafrica. Quasi sicuramente non si realizzerà: “I democratici sono sostanzialmente focalizzati sul consenso da prendere per il prossimo ciclo elettorale. E di sicuro una proposta del genere non li aiuta né a prendere voti né ad approvarla facilmente”. Ciò non vuol dire che però non si possa fare niente: “Prima abbiamo citato la strage di Tulsa: in Oklahoma, grazie a un movimento dal basso, si è riusciti ad attuare una commissione di questo tipo focalizzata a trovare la verità, ricordare quanto accaduto e persino a risarcire i discendenti delle vittime. A livello nazionale sarebbe senz’altro meglio, ma se ci saranno altre iniziative simili potrà crescere la domanda per fare di più”. 

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