Nemici-amici

La Russia nel 2008 rovinò le Olimpiadi alla Cina, che ora chiede: non invadere fino a marzo

Il commercio tra Mosca e Pechino cresce esponenzialmente. L'interdipendenza economica e le strategie non condivise

Giulia Pompili

L'8 agosto del 2008, mentre la Cina accendeva la fiamma olimpica, la Russia iniziava l’invasione della Georgia. Ma la minaccia di oggi all'Ucraina è tutta un'altra storia. È utile per la narrazione anti occidentale, ma è pure spaventosamente incontrollabile per Pechino

Secondo l’Amministrazione generale delle dogane cinesi, il commercio tra Russia e Cina nel 2021 ha raggiunto 146,88 miliardi di dollari, ed è aumentato del 35,8 per cento rispetto all’anno precedente. E’ un dato cruciale da tenere in considerazione quando si parla delle relazioni tra Mosca e Pechino, e delle rispettive reazioni alle crisi internazionali. E’ anche uno dei motivi per cui la Cina userà la crisi sull’Ucraina per costruire una narrazione anti occidentale e di certo simpatetica con la Russia. Eppure inizia a circolare il sospetto, anche in Cina, che la leadership di Pechino non tolleri certe decisioni del Cremlino. Il precedente è eloquente: l’8 agosto del 2008 la Cina accendeva la fiamma olimpica per la cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici di Pechino, i primi ospitati nella capitale cinese che voleva mostrarsi al mondo come una potenza in costruzione e sancire la fine del Secolo delle umiliazioni. Nelle stesse ore, la Russia iniziava l’invasione della Georgia. La conseguenza fu facilmente intuibile: la scena olimpica fu rubata dal conflitto, e diversi articoli accademici pubblicati negli ultimi quattordici anni mostrano come l’invasione provocò fu una frattura nei rapporti tra Mosca e Pechino, che non riconobbe l’Abkhazia e l’Ossezia del sud.

 

 

Oggi tutto sembra quasi perdonato. Il rapporto personale tra il leader Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin negli ultimi anni si è rafforzato, e soprattutto si è rafforzata la cooperazione economica tra i due paesi: Putin sarà l’ospite d’onore all’apertura dei Giochi olimpici di Pechino del 4 febbraio prossimo, e durante il suo soggiorno ci sarà anche un summit tra i due leader, con diversi accordi economici da firmare.

 

Il più importante è quello sul gas: la Cina ha un disperato bisogno di energia, e la Russia è pronta a costruire un secondo gasdotto per soddisfare quel bisogno. Nel 2019 è diventato operativo il Power of Siberia 1, che fornisce alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas l’anno – circa il 19 per cento della fornitura della Russia all’Europa – ma già da tempo si parla di un Power of Siberia 2, che dovrebbe raddoppiare le forniture passando attraverso la Mongolia. Se il primo gasdotto non è collegato ai rifornimenti del mercato europeo, il secondo sì, e collegherebbe la Cina ai giacimenti della penisola Jamal, la stessa da cui arriva il gas europeo. Pechino e Mosca hanno molti obiettivi in comune, che possono essere riassunti in un “nuovo ordine mondiale”, come ha scritto Gideon Rachman sul Financial Times. Durante l’ultimo summit virtuale di metà dicembre Xi avrebbe detto a Putin che la loro è una relazione che “va oltre la semplice alleanza”. Ma questo è il momento in cui la potenza cinese deve brillare, e Xi Jinping difficilmente si vuole far trascinare nei guai dal suo amico Putin, soprattutto perché Pechino, in questo momento, è molto più strategicamente ed economicamente potente di Mosca.


Al di là dei comunicati ufficiali, sembra che i funzionari di Pechino di recente abbiano mandato soprattutto un messaggio a Mosca: non invadere l’Ucraina fino a fine marzo. Il 2 dicembre scorso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità la risoluzione sulla cosiddetta ekecheiria, la tregua olimpica. Come da tradizione, a scrivere e proporre la risoluzione è stata la Cina, cioè il paese che ospiterà i prossimi Giochi. Secondo la “tregua olimpica”, non si fanno guerre dalla settimana precedente alla cerimonia d’apertura fino a una settimana dopo la cerimonia di chiusura delle Paraolimpiadi, una regola ripetuta anche l’altro ieri dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, che tutti hanno interpretato come un messaggio indiretto alla Russia: tieni un profilo basso dal 28 gennaio al 30 marzo. Perché oggi le conseguenze, per una Russia in difficoltà economica e con molto da perdere con la Cina, potrebbero essere disastrose. 
 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.