l'analisi

Guida alle differenze tra le destre francesi che si contendono l'Eliseo

Jean-Pierre Darnis

In Francia ben tre candidati, tutti a destra nello spettro politico, si contendono il passaggio al secondo turno. A dividerli ricette economiche e questioni identitarie. Ad approfittare delle loro debolezze ci pensa il presidente uscente Macron, che può pescare da un bacino allargato

Durante la campagna per le presidenziali francesi, la competizione a destra è intensa per due motivi. Il primo è che gli elettori sembrano essersi spostati da quel lato dello scacchiere politico, il secondo riguarda la sinistra che per il momento non riesce a superare le divisioni e presentare una candidatura unitaria che possa darle accesso al secondo turno.

 

La competizione a destra assume quindi una valenza fondamentale per la conquista della presidenza. Dando per certa la candidatura di Emmanuel Macron ci troviamo di fronte a 4 candidati: il presidente, Valérie Pécresse, Eric Zemmour e Marine Le Pen. Nella configurazione attuale, Macron può beneficiare di un effetto di traino importante sull’elettorato, sia perché uscente sia perché rappresenta una sintesi centrista capace di pescare in un bacino allargato, il che dovrebbe assicurargli di passare il primo turno delle elezioni con cifre superiori al 20 per cento. Si pone quindi la questione di chi sarà il secondo dietro di lui a competere al secondo turno. I sondaggi mettono gli altri tre possibili candidati allo stesso livello, fra il 13 per cento e il 16, e sembrano definire anche flussi comunicanti fra queste tre candidature che si contendono circa il 45 per cento dell’elettorato.

 

Quali sono oggi i valori della destra? La destra in Francia ha sempre incarnato un certo gusto per l’autorità e la gerarchia. Abbiamo quindi visto le numerose rivisitazioni bonapartiste e golliste da parte di Zemmour che vorrebbe incarnare un rinnovo di questa figura imperiale. Ma bisogna anche osservare come Macron benefici dell’aura delle decisioni forti assunte durante la pandemia, e anche come Le Pen sia tutt’ora il capo  di una famiglia politica che riconosce la continuità delle proprie strutture di potere.  


Dal punto di vista economico, Valérie Pécresse, candidata dei Republicains, si è spesa nel tradizionale repertorio di una destra “liberale” che critica la spesa pubblica e annuncia tagli negli organici dell’amministrazione.  Ma questo dichiarato liberalismo rimane un tema vincente nella destra francese? Ne possiamo dubitare. La pandemia e le difficoltà economiche hanno rinforzato il bisogno di protezione da parte dell’insieme della popolazione, con la consapevolezza della necessità di mantenere la funzione pubblica al riparo dai tagli. Oggi è meno facile estendere il consenso con un richiamo allo “sgrassamento del mammuth” amministrativo. Un’altra delle caratteristiche della destra sarkoziana era di apparire  pro business, favorendo norme e comportamenti che miravano a liberare le potenzialità degli imprenditori. Ma oggi questo ruolo è stato assunto da Macron, che appare come il campione della “French tech” e del popolo degli imprenditori. Diventa quindi complicato creare un’alternativa interna a questi valori. Nell’ultima campagna per le presidenziali, si è spesso detto che Marine Le Pen abbia perso per una visione economica inadeguata e per il rigetto da parte dell’elettorato dell’uscita dall’euro o dall’Ue. E’ dal 2019 che Marine Le Pen ha rinunciato alla “Frexit”, e lo stesso Zemmour cerca di non farsi prendere la mano dal suo naturale penchant nazionalista evitando dichiarazioni del genere.

 

Questa autolimitazione da parte della Le Pen ma anche di Zemmour illustra come non ci sia una visione politicamente ed economicamente di rottura da parte di partiti una volta definiti come estremi. Tra l’altro, anche se Zemmour sembra tentato di pescare nell’ambiente protestatario/giletsgiallista, quest’operazione potrebbe essere tutt’altro che lineare. Che cosa rimane quindi alla destra? La battaglia identitaria oggi svolge un ruolo importante. Lo stesso Zemmour è stato varie volte qualificato come espressione di una “destra identitaria”. Dagli anni ‘80 in poi, il Front National ha usato l’immigrazione come fondamentale leva politica. Fra Zemmour e Le Pen, abbiamo quindi la difesa del cosiddetto “campo nazionale”, in una visione storicista ed etnicista della nazione francese. Macron ha scelto di combattere questa visione con una difesa della laicità e della responsabilità storica della Francia. Per Pécresse il terreno è più delicato, perché l’ala dura dei repubblicani, incarnata nelle primarie da Eric Ciotti, si avvicina alle teorie zemmouriane.


Macron quindi appare come il candidato più coerente e con lo spettro più ampio di elettori possibili sia a sinistra sia a destra, mentre gli altri candidati sembrano alle prese con delle contraddizioni ideologiche e sociologiche che potrebbero rilevarsi un fattore di debolezza