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La svolta di Powell

Perché la variante inflazione preoccupa Biden più di Omicron

Luciano Capone

La Fed ammette l’errore sull’aumento dei prezzi: “No, non è temporaneo”. Ricadute e profezie di Friedman. Il modello dell’alcolismo

Negli Stati Uniti la variante inflazione non è più “transitoria”. Dopo mesi passati a ripetere come un mantra che l’impennata dei prezzi è passeggera, mentre l’inflazione raggiungeva e superava livelli record degli ultimi 30 anni 6,2 per cento a ottobre), la Federal Reserve ammette che c’è un problema. “Il rischio di inflazione è aumentato”, ha detto il presidente della Fed, Jerome Powell. “Per molti, transitorio è associato a ‘breve termine’, ma per noi è associato a un’inflazione che non lasci un segno permanente sui prezzi – ha spiegato in audizione al Senato –. Credo sia probabilmente il momento giusto per ritirate il termine ’transitorio’ e per spiegare più chiaramente ciò che intendiamo”. Se l’inflazione sia o meno passeggera dipende in gran parte dalla banca centrale e, paradossalmente, se la Fed dice di abbandonare il termine “transitoria” è proprio per farla diventare transitoria: insomma, mostra un cambio di atteggiamento e annuncia una riduzione degli acquisti per agire sulle aspettative di consumatori e investitori. La svolta, rispetto alle parole molto più accomodanti delle settimane passate, arriva pochi giorni dopo che il presidente Joe Biden ha confermato Powell al comando della Fed.

L'inflazione preoccupa Biden più della variante Omicron

E non è un caso che il banchiere centrale repubblicano si sia espresso solo ora, visto che era nel mirino della sinistra del partito democratico che gli preferiva una figura che potesse garantire una politica monetaria ancora più accomodante. Ma al di là di questo ritardo contingente, dovuto alla nomina, la fiammata sui prezzi negli Stati Uniti è dovuto in larga parte a un errore di politica fiscale: il mega stimolo da 1,9 trilioni (1,9 mila miliardi) di dollari di Biden. È vero che tanti altri fattori concorrono all’aumento dei prezzi: le ondate epidemiche, il rialzo del costo dell’energia, i colli di bottiglia nella produzione e nella distribuzione globale. Ma questi elementi hanno colpito allo stesso modo anche l’Europa, che ha un’inflazione in aumento ma nettamente inferiore rispetto agli Stati Uniti. La differenza è in gran parte dovuta alla politica fiscale di Biden.

 

Non che la cosa fosse imprevedibile. A marzo, appena l’amministrazione Biden annunciò l’American Rescue Plan, un economista progressista come l’ex segretario al Tesoro dell’amministrazione Clinton, Larry Summers, lanciò l’allarme sui rischi per l’inflazione. Era evidente, agli occhi di Summers e di altri economisti come Olivier Blanchard, che l’enorme stimolo fiscale, affiancato a una politica monetaria già molto espansiva, e in una situazione di restrizioni all’offerta a causa del Covid, avrebbe prodotto un surriscaldamento dell’economia e una fiammata dei prezzi. L’amministrazione Biden, a partire dal segretario al Tesoro ed ex presidente della Fed Janet Yellen, ha continuato a parlare di un fenomeno “transitorio” mentre l’obiettivo del 2 per cento veniva continuamente bruciato da tassi d’inflazione record negli ultimi 30 anni. Ora tutti si rendono conto del problema e della necessità di agire, perché le conseguenze possono essere molto pesanti. L’inflazione ha un impatto diretto sull’economia, e quindi sull’erosione del potere d’acquisto, ma è soprattutto destabilizzante sul piano politico e lo mostrano i sondaggi che vedono in discesa il gradimento di Biden mentre si avvicinano le elezioni di mid term. Il fatto è che se non agire comporta un evidente prezzo politico, anche tenere a bada l’inflazione può rivelarsi molto doloroso come ha sperimentato Jimmy Carter nelle elezioni del 1980 perse contro Ronald Reagan.

 

Gli errori della Fed

Nell’amministrazione americana la sottovalutazione del rischio di inflazione deriva, probabilmente, da una valutazione errata della storia recente post crisi: dalla convinzione, cioè, che l’inflazione fosse ormai sparita per sempre e che neppure politiche monetarie e fiscali super espansive l’avrebbero fatta ritornare. “Milton Friedman non dirige più lo show”, disse Biden nella campagna elettorale del 2020 a proposito dei suoi mega piani di spesa, riferendosi alle teorie ritenute ormai passate del premio Nobel per l’Economia protagonista delle politiche disinflazioniste degli anni ‘80. Come ha ricordato recentemente il Wall Street Journal, sul tema Friedman usava una metafora che può rivelarsi poco rassicurante per Biden: “L’inflazione è come l’alcolismo: in entrambi i casi, quando bevi o quando stampi i soldi, l’effetto buono viene prima e quello negativo dopo. Per la cura è il contrario: quando smetti di bere o quando smetti di stampare denaro, gli effetti negativi vengono prima e quelli positivi solo dopo”. Il presidente della Fed Powell ha fatto chiaramente capire che bisogna posare la bottiglia.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali