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Tra scienza e filosofia

La cortina del nichilismo nell'Europa dell'est 

Giuliano Ferrara

Soffia il vento della diffidenza per la scienza libera dalla nomenclatura politica. Da noi invece si accetta l’instabilità e la società aperta genera fiducia. Ecco la nostra forza

Tutto è molto confuso sotto il cielo numinoso della pandemia, tutto provvisorio, dati sperimentali, tentativi, correzioni, terze dosi o richiami, statistiche di ricoverati e morti, vaccinati e non, dubbi, paure, certezze immacolate, dati e opinioni in permanente confronto e scontro tra scale e orizzonti diversi, e non potrebbe essere altrimenti. Oggi va meno male al sud che al nord, in Europa, meglio a occidente con italiani, iberici, anglo-francesi che nel centro austro-tedesco, belga, olandese e nell’est dai Balcani, compresa l’appendice greca, all’Ungheria alla Polonia alla Romania alla Bulgaria, fino alla Russia. Domani possono arrivare sorprese, rovesciamenti di fronte. Il Regno Unito sembrava incastrato di nuovo, ora si sente liberato e sulla retta via.

Una sola cosa è certa nella relazione tra la pandemia e la società. C’è chi fallisce o provvisoriamente riesce nel controllo perché prova, riprova, attua misure, le commenta liberamente, fa un passo avanti e uno indietro, manifesta tutta la gamma delle diversità, delle riserve, delle opposizioni attive, del consenso plebiscitario, e chi fallisce perché non ci prova nemmeno, affonda nell’abulia, le vaccinazioni sono risibili, la sfiducia nello stato e nelle misure invocate o prescritte dagli scienziati epidemiologi penetra dovunque; anche nei governi, nelle nomenclature, nello stato profondo prevale quello che a tutta prima sembra fatalismo e invece è nichilismo, l’idolo ideologico di cui il fatalismo è un complemento.

La psicologia no vax si nutre notoriamente di pulsioni ideologiche di estrema destra e di estrema sinistra, oltre che di legittime e ordinarie obiezioni razionali che però perdono senso in una situazione di emergenza in cui i comportamenti collettivi sono decisivi per ottenere risultati di sicurezza per tutti e per rimettere in moto l’economia bloccata come non mai dall’ultima guerra. L’Europa dell’est, e per certi versi paradossali anche il mondo di lingua tedesca e circonvicini, soffre in modo eminente della sindrome rosso-bruna che amalgama libertari, anarchici, qualunquisti, fascisti di vario conio in una idea complottista di assoluta diffidenza verso l’autorità, il potere, lo stato e il mercato, visti come mostri globalizzati che lavorano incessantemente contro gli interessi del popolo. Un genio su Twitter si è domandato: scusate, non ho capito, hanno inventato il virus in laboratorio per eliminarci, poi hanno inventato i vaccini per eliminarci, insomma non riescono proprio a eliminarci in alcun modo.

Il nichilismo filosofico e politico letterariamente nasce in Russia, da Turgenev a Dostoevskij, e consiste per l’appunto nel rifiuto dell’autorità della scienza, della cultura, del linguaggio, un rifiuto che passa dall’espressione estrema di un pensiero libero e materialista all’ideologia di stato che abolisce fede e religione, generando per di più una scienza ufficiale fuori mercato, per così dire, sulla quale l’ultima parola è quella del partito e delle sue Accademie. Non si può dire niente di preciso e di definitivo, ma l’impressione è che la cortina apocalittica, per quanto riguarda le società ex sovietiche messe davvero male riguardo alla situazione pandemica e sanitaria, copra un fondo antropologico di tipo nichilista che è il lascito dei lunghi decenni di dittatura del partito-stato e delle nomenclature corrispondenti.

Vanno considerati salutari uno statalismo organico e costituzionale come quello francese, l’informalità congiunta a una sottomissione di senso comune alle gride pubbliche che è tipica di iberici e italiani, il libertarismo condizionato e trainato dal rispetto della tradizione e della sua disciplina comunitaria tipico dei britannici, che è poi all’ingrosso oggi l’area dove la quarta ondata fa meno danni. Oggi, ben s’intenda. Salutari perfino gli opinioneggiamenti degli esperti, perfino le più stupide tra le dispute, le vanità, le egolatrie, le logorree televisive e social, perché alla fine offrono sbocchi, diffondono competenze dilettantesche ma vitali, e testimoniano di società aperte, dove l’instabilità si accoppia con una certa finale fiducia nell’autorità. Dove scienza e stato sono univoci, plumbei, irregimentati ieri e opachi oggi, si sente la loro lontananza dalla folla diffidente, che si abbandona a fatalismo e nichilismo, dove c’è casino si sente il vantaggio della cosiddetta società aperta.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.