AP Photo/Bernat Armangue 

Politica iberica

Nella destra spagnola in lite c'è chi dice: più c'è Ayuso, meno c'è Vox

Guido De Franceschi

La leadership del capo dei popolari, Pablo Casado, è insidiata dall'ascesa della neoeletta presidente della regione di Madrid. Un'ascesa da lui stesso sempre sostenuta

Pablo e Isa, tra un meeting e una birretta, sono cresciuti politicamente insieme nel grande partito del centrodestra spagnolo. Ma ora, all’improvviso, non si vogliono più bene. Anzi, si stanno proprio facendo la guerra. Oggi lui, Pablo, e cioè il quarantenne Pablo Casado, è il leader del Pp ed è il capo dell’opposizione al governo del socialista Pedro Sánchez. Lei, Isa, e cioè la quarantatreenne Isabel Díaz Ayuso, è la presidente della regione di Madrid. Ed è stato proprio Pablo, nel 2019, a volere Isa come candidata del Pp a quella carica importante.

Anche se lei era sconosciuta agli elettori perché, fino ad allora, aveva svolto ruoli secondari, come quello di social media manager del profilo Twitter di Pecas, il cane di Esperanza Aguirre, quando quest’ultima era a capo proprio della regione di Madrid. Dopo aver candidato con successo Isa alla guida della regione della capitale, Pablo, sempre in quel 2019, ha poi però perso, per due volte di fila in pochi mesi, le elezioni politiche contro il socialista Sánchez. Così, è stato proprio un trionfo nelle urne di Isa – che si è ricandidata per un secondo mandato come presidente regionale di Madrid nelle elezioni anticipate del maggio scorso e le ha stravinte – a restituire fiducia al Pp guidato da Pablo. E a far di nuovo lievitare i popolari e il loro leader nei sondaggi nazionali.

Isa è una donna istintiva. È stata soprannominata la Trump spagnola. E, durante la pandemia, dalla sua poltrona di presidente regionale ha preso a rivolgersi al premier Sánchez con somma iattanza, ostentando la disinvoltura del parigrado, come se fosse proprio lei il suo principale avversario. Sul Covid Isa ha presto sposato una linea aperturista dettata da quello che lei stessa ha definito “il vivir a la madrileña”, scontrandosi con la prudenza più lockdownista adottata (con il benestare di Pablo) dal governo centrale. E, cavalcando slogan come “Socialismo o libertà!”, ha conquistato i cuori e i voti di molti potenziali elettori di Vox, l’arrembante partito dell’estrema destra sovranista.

Intanto, a livello nazionale, Pablo incarnava il leader di un centrodestra responsabile e criticava con altrettanta durezza Sánchez e Santiago Abascal (il leader di Vox che ammicca al postfranchismo), mostrando così di non aver paura di quest’ultimo, che si impegna notte e dì nel tentativo di dimostrare che quella del Pp è una destra floscia, complessata e subalterna alla sinistra. Con questo gioco del poliziotto buono e di quello cattivo, Isa e Pablo sembravano riprodurre uno schema di squadra imparato in Nuevas generaciones, l’organizzazione giovanile del Partito popolare. Lì entrambi avevano militato da ragazzi tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, nel periodo in cui il mentore di entrambi, José María Aznar, mieteva successi elettorali e governava la Spagna.

(In Nuevas generaciones – proprio in quegli stessi anni, ma geograficamente più defilato, lassù, nei Paesi Baschi ancora spazzati dal terrorismo di Eta – c’era con loro anche un certo Santiago, un ragazzo che aveva solo due anni più di Isa e cinque più di Pablo e che in seguito sarebbe uscito dal Pp per fondare Vox. Ma questa è un’altra storia). Pablo e Isa hanno caratteri diversi. Lui ha studiato da leader del centrodestra e ha imparato presto a essere istituzionale. Lei contraddice ogni stereotipo della borghesia conservatrice spagnola. “Ho sempre vissuto con l’intensità di chi ha solo un giorno davanti a sé”, ha detto Isa a Jesús Rodríguez, che le ha dedicato un formidabile ritratto sul País Semanal. “Ho vissuto come mi pareva. In una città libera. Dove rompi con il tuo fidanzato e non lo incontri mai più. Senza rendere conto a nessuno. Senza chiedere permesso. Me ne sono andata di casa a 22 anni. Da allora ho avuto sei o sette appartamenti, alcuni dei quali condivisi con degli sconosciuti. Tutti in affitto”.

Però, seppur diversi per indole, Isa e Pablo sono usciti dalla stessa batteria di pulcini aznariani. Entrambi sono usciti dall’uovo già in quota “falchi”. Entrambi sono sempre stati rinnovatori. E identitari. Entrambi si sono sottratti all’approccio sonnacchioso e quietista dell’ex premier popolare Mariano Rajoy, che infatti aveva indicato per la leadership del Pp, come sua candidata continuista, Soraya Sáenz de Santamaría, poi battuta proprio da Pablo nella corsa per la guida del partito. Per questo, nei mesi scorsi, il progressivo distanziarsi dei due (più moderato e più severo con il populismo di Vox Pablo, più irrequieta, estemporanea e demagogica Isa) era sembrato solo un gioco delle parti. E l’acquisizione di sempre maggiore protagonismo da parte di Isa sembrava una conferma del fatto che Pablo avesse visto lungo quando aveva puntato su di lei, ignorando le perplessità dei dirigenti old style del partito. Ma poi, alla fine dell’estate, Isa ha manifestato la volontà (e perfino la fretta) di correre anche per la presidenza della federazione madrileña del Pp, in sostituzione di Pío García-Escudero, che ricopre la carica dopo le improvvise dimissioni di Cristina Cifuentes, accusata di aver rubato delle creme antirughe in un centro commerciale. E lì, tra Pablo e Isa, si è rotto qualcosa. E poi quel qualcosa è montato. 

Con Isa c’è il suo potente capo di gabinetto, Miguel Angel Rodríguez detto Mar, che è già stato uno stretto collaboratore di Aznar e che ha un’innata predilezione per il conflitto. Con Pablo ci sono invece il segretario generale del Pp, Teodoro García Egea, e altri dirigenti del partito. Isa li ha bloccati tutti su WhatsApp. In mezzo c’è José Luis Martínez-Almeida, sindaco di Madrid e portavoce nazionale del Pp. In realtà, Martínez-Almeida viene classificato come “casadista”, ma Isa, ha rivelato lui stesso, non l’ha ancora bannato nella app di messaggistica. E questo è stato interpretato come un segnale di apertura nei suoi confronti. Benché non ci siano elezioni in vista, per il Pp, che si stava riprendendo da una stagione di appannamento, questa disputa appare come un incomprensibile esercizio di autolesionismo. E, mentre la solita claque (molto madrileña) di opinionisti oltranzisti di destra fomenta il desiderio di maggior potere da parte di Isa, un giornalista di lungo corso come il direttore dell’Español Pedro J. Ramírez, che pure ha spesso soffiato sul fuoco delle divisioni all’interno del Pp, ricorda invece a Pablo che “più c’è Ayuso e meno c’è Vox”. Ma il leader del Pp, che pure non dice niente in pubblico sulla faccenda, non sembra affatto intenzionato a lasciar correre.

“Di tanto in tanto mi viene voglia di cambiare vita, di cambiare casa, di cambiare i vicini, la palestra, il parrucchiere, il fruttivendolo”, ha detto Isa a Jesús Rodríguez. Forse questa volta le è venuta voglia di cambiare il leader del suo partito. Un partito che però, dopo un paio di settimane in cui la lite tra Pablo Casado e Isabel Díaz Ayuso, che forse non saranno mai più Pablo e Isa, galleggia sulle prime pagine, ha già perso qualche punto nei sondaggi. Pedro Sánchez ringrazia sentitamente.